La scomparsa di persone è, più di ogni altra cosa, un fenomeno umano e trasversale a tutti i livelli della società. In Italia, ogni anno, tra stranieri e italiani, ne spariscono circa un migliaio. Nonostante la maggior parte venga ritrovata dopo pochi giorni, il fenomeno genera allarme.

 

Prima che una questione statistica e burocratica, è un problema connotato da una sostanziosa dimensione umanitaria. La quale si è fatta così evidente in seguito ai due naufragi – quello del 2013 a largo di Lampedusa e quello del 2015 nel Canale di Sicilia – che hanno rappresentato un vero e proprio spartiacque nell’approccio alla problematica.

 

 

A parte il risvolto giuridico, di cui alla legge 203/2012 che impone di ricercare una persona scomparsa anche tra i corpi senza vita, senza distinzione di cittadinanza, l’identificazione delle salme è stata la giusta risposta del Belpaese alle legittime aspettative dei famigliari.

 

E, in relazione al mutato scenario caratterizzato dalle cospicue migrazioni di popolazioni verso l’Italia, è sorta anche la questione dei minori stranieri non accompagnati che, spesso, diventano irreperibili allontanandosi volontariamente dai centri di accoglienza. Sono circa trentottomila, oltre quattromila in più rispetto al 30 giugno 2017, registrando un aumento del 12 per cento. Un incremento, del 6 per cento, si nota pure tra le scomparse dei minori italiani (se ne contano duemila e trecento).

 

Dal 1974 alla fine del 2017, le persone scomparse in Italia e non ancora rintracciate sono cinquantatremila, di cui quasi quarantaquattromila straniere e, soprattutto, di sesso maschile. In costante aumento le denunce di scomparse, provenienti principalmente dalla Sicilia, dal Lazio, dalla Lombardia, dalla Campania e dalla Puglia. E c’è un dato in controtendenza: fra gli over sessantacinque, a sparire sono soprattutto gli italiani, circa mille e duecento, rientranti nella casistica dei “possibili disturbi psicologici”, considerato che, molto spesso, si tratta di malati di Alzheimer o di adulti affetti da malattie neurologiche.

 

Se ne contano cinquecentosettantadue, mentre quattrocentotrentacinque sarebbero i casi di “sottrazione dei minori da parte di un coniuge o di un famigliare” e centoventicinque le “possibili vittime di reato”. Per sedicimila casi di persone scomparse manca la motivazione.

 

Più di centocinquantottomila, quelle ritrovate, cioè il 75 per cento del totale, mentre duemila e cinquecento, di cui mille e sei sono i corpi senza identità rinvenuti in occasione dei naufragi del Mediterraneo, sono i cadaveri non identificati.

 

Il fenomeno delle persone scomparse “è un dato strutturale in crescita perché legato, nel nostro Paese, al dramma dell’immigrazione”, ha dichiarato il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, presentando, il 13 febbraio scorso al Viminale, i dati della XVIII Relazione del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Con una precisazione: il vero dramma è la scomparsa di esseri umani. Non l’immigrazione.

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