Sono quasi centosessantamila, e in costante aumento, gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane. Con una presenza più cospicua nel Mezzogiorno che nelle regioni del Nord, gli studenti disabili sono soprattutto affetti da deficit intellettivi o da disturbi dello sviluppo, del linguaggio e dell’apprendimento.

 

Aiutati dagli insegnanti di sostegno, che ne favoriscono l’inclusione scolastica approntando percorsi formativi adeguati, gli alunni con una qualche forma di disabilità sono più seguiti in Sardegna e nel Lazio: sono ottant’ottomila, in totale, gli insegnanti a loro dedicati, seimila in più rispetto all’anno scolastico precedente, uno ogni due studenti.

 

Ma il rapporto tra alunno e insegnante di sostegno è minore di quello previsto dalla Legge 244 del 2007, con picchi negativi in Molise e con un monte ore medio settimanale che fa del Mezzogiorno la realtà italiana più adeguata ai bisogni di supporto.

 

Le maggiori criticità sono attribuibili alla discontinuità del rapporto fra il docente di sostegno e l’alunno disabile: circa il 35 per cento delle famiglie in entrambi i gradi scolastici considerati nell’indagine “L’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado”, stilata dall’Istat, lamenta l’assenza di continuità che grava sulla piena realizzazione del progetto individuale dello studente con disabilità.

 

Di più: agli alunni che necessitano di assistenza all’autonomia e alla comunicazione mancano, nel 15 per cento dei casi, le figure professionali che garantiscano e supportino la socializzazione e l’indipendenza. Carenza che si rivela più drammatica, considerato che una quota consistente di studenti disabili mostra difficoltà nell’interazioni con i compagni (e non solo) nei momenti di socializzazione, come gite di istruzione e visite didattiche brevi, per la complessità della gestione e dell’organizzazione, soprattutto dove previsto il pernottamento.

 

Scarseggia, eccezion fatta per le regioni del Mezzogiorno, anche, la pratica della condivisione del progetto didattico ed educativo dello studente disabile con la sua famiglia; stabilita dalla normativa, è fondamentale non solo per lo scambio di preziose informazioni, ma anche per favorire un filo continuo tra educazione formale e percorso al di fuori dell’ambiente scolastico.

 

Uno dei problemi più irrisolti è l’abbattimento delle barriere architettoniche: mancano le scale e i bagni a norma oltre che i segnali visivi, acustici e tattili per agevolare la mobilità degli alunni con disabilità senso-percettive all’interno degli edifici.

 

Una scuola primaria su tre e una secondaria su quattro è carente di postazioni informatiche che fungono da ‘facilitatore’ nel processo di inclusione scolastica e nello svolgimento della didattica. Virtuose solo l’Emilia Romagna e la Provincia autonoma di Trento ma solo poco più di un quarto delle scuole italiane vanta tutto il personale per il sostegno formato con corsi specifici in materie tecnologiche educative.

 

Ora, la vera sfida innovativa del sistema d’istruzione italiano, che festeggia i cinquant’anni della scuola dell’infanzia, non può prescindere dal miglioramento costante dell’integrazione degli alunni con disabilità, secondo il ‘Sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni’. Per finanziarlo è stato creato un Fondo specifico da 239 milioni di euro, affinché siano garantite “pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Che sia questa la Buona Scuola?

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