L’escalation di minacce e la mobilitazione militare degli Stati Uniti nelle ultime settimane sembrano alla fine avere convinto il governo russo e, in parte, quello siriano quanto a meno a rinviare l’attesa offensiva nel governatorato di Idlib per ripulire l’ultima enclave in mano ai “ribelli” fondamentalisti nel paese mediorientale in guerra dal 2011.

 

L’iniziativa di Damasco in questa regione era in fase di lancio a inizio settembre, quando il regime di Assad e le forze russe in Siria avevano iniziato a bombardare le postazioni dei gruppi armati dell’opposizione. Idlib rimane sotto il controllo di queste formazioni, tra le quali prevalgono Hayat Tahrir al-Sham (HTS), affiliata ad al-Qaeda, e il Fronte di Liberazione Nazionale, appoggiato dalla Turchia.

 

Soprattutto da Mosca si erano poi intensificati gli avvertimenti ai governi occidentali a non ostacolare l’eventuale avanzata delle forze siriane, russe e iraniane. In parallelo, il Cremlino aveva anticipato una nuova messa in scena da parte dei “ribelli”, come in passato attraverso la creazione di un finto attacco con armi chimiche da attribuire al regime di Assad.

 

L’amministrazione Trump non ha tuttavia mostrato di recedere dal proprio intento, portando, assieme ai propri alleati, forze navali consistenti nel Mediterraneo orientale e conducendo un’esercitazione militare in territorio siriano. Anche la retorica si è fatta a poco a poco più minacciosa, con esponenti del governo USA che promettono ora un possibile intervento militare contro Damasco non solo in caso di presunto uso di armi chimiche, ma semplicemente se la Siria dovesse muoversi contro Idlib per riprendere il controllo della regione.

 

La pausa imposta alle operazioni militari dalla Russia ha probabilmente dato maggiore sicurezza anche al governo israeliano, le cui forze aeree nel fine settimana hanno effettuato l’ennesimo bombardamento sulla Siria. I missili, destinati a un’area nei pressi dell’aeroporto internazionale di Damasco, dove sorge un presunto deposito di armi iraniane o di Hezbollah, sarebbero stati però abbattuti dalla contraerea siriana.

 

Lo stallo della situazione a Idlib contribuisce dunque ben poco a riportare la calma in Siria. Anzi, il temporeggiamento di Mosca e Damasco sta favorendo le manovre americane, con il rischio che gli USA e i loro alleati abbiano la possibilità di preparare una risposta più efficace se l’offensiva dovesse partire nelle prossime settimane.

 

La determinazione di Washington dimostra poi ancora una volta l’importanza strategica attribuita alla Siria, dove si gioca una parte importante della competizione tra Stati Uniti e Iran in Medio Oriente, ma anche tra USA e Russia in prospettiva globale. L’impegno rilanciato in Siria è da collegare alla dichiarazione, emessa dalla Casa Bianca in maniera relativamente sommessa ai primi di settembre, con la quale veniva di fatto smentita la posizione precedente di Trump sul possibile ritiro del contingente americano stanziato in maniera illegale in questo paese per passare invece a una presenza militare sostanzialmente “indefinita”.

 

Sull’evoluzione degli scenari a Idlib sta avendo una certa influenza anche la Turchia di Erdogan, così che l’equilibrio strategico entro il quale è costretta a muoversi la Russia risulta estremamente delicato e di difficile scioglimento. La complessità del quadro è sottolineata, tra l’altro, dai ripetuti vertici tra leader ed esponenti dei governi russo e turco nell’ultimo periodo.

 

Una decina di giorni fa, Putin, Erdogan e il presidente iraniano Rouhani si erano incontrati a Teheran nel quadro del processo diplomatico di Astana. In quell’occasione non era uscito alcun accordo su Idlib, mentre una proposta improbabile di Ankara era stata respinta da Putin e Rouhani.

 

Ancora nella giornata di lunedì, Putin e Erdogan sono stati protagonisti di un faccia a faccia a Sochi, dove la crisi siriana è stata la prima questione in agenda. I due leader avrebbero concordato la creazione di una “zona demilitarizzata” nella regione di Idlib a partire dal prossimo 15 ottobre, pattugliata dalle truppe dei due paesi e da cui i “ribelli” jihadisti dovranno ritirarsi.

 

Più di un osservatore ha fatto notare come siano state proprio le posizioni turche a ritardare l’assalto a Idlib. Putin, in parte forse contro l’opinione di Assad, ha deciso cioè di non forzare la mano in questo frangente, in modo da proteggere la convergenza di interessi tra il suo governo e quello di Ankara. Tanto più che Erdogan è apparso disposto a una scommessa rischiosa per raggiungere i propri obiettivi, come conferma il rafforzamento in questi giorni delle 12 postazioni, o “osservatori”, che i militari turchi controllano nella regione di Idlib in base agli accordi trilaterali di Astana.

 

Se Erdogan intende proteggere le fazioni “ribelli” sotto la sua protezione in Siria, per qualcuno il presidente turco potrebbe alla fine accettare un’azione limitata da parte di Mosca e Damasco, diretta a colpire soltanto i qaedisti di HTS. La necessità immediata della Russia è d’altra parte quella di proteggere la propria base sulla costa settentrionale siriana, minacciata recentemente dai droni “ribelli” provenienti dalle aree rurali delle regioni di Hama e Latakia.

 

L’eliminazione della filiale di al-Qaeda in Siria dal governatorato di Idlib è comunque un obiettivo primario anche della Turchia. La ragione principale di ciò è legata non tanto a scrupoli per l’attitudine terroristica di questo gruppo armato, quanto piuttosto all’intenzione di trasferire il controllo della regione settentrionale siriana al Fronte di Liberazione Nazionale che opera appunto sotto la protezione turca.

 

Una volta sfumata l’ipotesi del rovesciamento di Assad e di fronte al tracollo di una politica estera dissennata, Erdogan si ritrova ora a puntare sulla creazione di una sorta di protettorato turco nel nord della Siria che potrà servire fondamentalmente a due scopi. Da un lato a contrastare la formazione di una regione autonoma curda e, nell’immediato, neutralizzare le stesse milizie curde che godono dell’appoggio americano. Dall’altro a garantirsi una posizione consolidata in Siria per far sentire la propria voce in un futuro accordo di pace che metta fine al conflitto.

 

Da parte russa, la volontà di assecondare le richieste di Erdogan, almeno in parte e forse temporaneamente, deriva in primo luogo dal timore di favorire un riavvicinamento tra Turchia e Stati Uniti in caso di attacco contro i “ribelli” a Idlib. Sempre nella prospettiva dei rapporti tra Washington e Ankara, alcuni commentatori hanno comunque assicurato che la sospensione delle operazioni russo-siriane potrebbe non durare a lungo.

 

Putin punterebbe cioè ad attendere il probabile precipitare delle relazioni già tese tra i due alleati NATO, previsto nei prossimi mesi, quando il persistere degli attacchi speculativi contro la valuta turca e il rafforzamento del dollaro, assieme all’entrata in vigore delle restrizioni americane alle esportazioni di greggio iraniano, metteranno ancora più in difficoltà l’economia del paese euroasiatico.

 

Messo così alle strette, Erdogan potrebbe allontanarsi ulteriormente dagli USA e non avere altra scelta che chiedere aiuto a Mosca e Teheran, con ogni probabilità in cambio di un ammorbidimento delle posizioni sul fronte siriano.

 

Altri ancora ritengono infine che il Cremlino voglia congelare la situazione in Siria nelle sette settimane che mancano alle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti. La situazione interna di Trump appare infatti sempre più delicata e le probabilità che la sua amministrazione cerchi una nuova avventura bellica all’estero per allentare le pressioni e risollevare le sorti dei repubblicani, in affanno nei sondaggi, è del tutto plausibile.

 

L’intenzione di Putin sarebbe perciò quella di non dare nessuna giustificazione agli Stati Uniti per scatenare un’aggressione militare contro il regime di Assad, rimandando ogni iniziativa a dopo il voto per il rinnovo del Congresso di Washington.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy