Si fa fatica ad abituarsi alle quotidiane smargiassate di Salvini. La sua attività alla guida del Viminale, dopo diversi mesi, non presenta successi rivendicabili, data la sua assoluta indifferenza nei confronti della criminalità organizzata; ma,fin qui, poco da dire. Il lavoro di Salvini è il dichiaratore, una nuova figura professionale la cui attività consiste nella divulgazione di pensierini banali e bugie elaborate, mix che viene spacciato ai meno svegli come programma politico. Del resto la speculazione è allo stesso tempo genesi e scopo della sua missione politica.

 

 

Il problema nasce però quando decide di speculare su cose decisamente delicate. Passi quando divulga la notizia di una operazione di polizia contro la mafia nigeriana mentre la stessa é ancora in corso: l’ansia vanesia di ritagliarsi un titolo o un intervista non gli permette di considerare che il Ministro dell’Interno ha compiti di riservatezza operativa che si sommano a quelli del ruolo istituzionale. Probabilmente non è stato avvisato, ha confuso le uniformi blu della polizia con le camicie verdi della guardia padana, ma il fatto è che il chiacchierone vanesio fa danni.

 

Molto più seria, invece, è la questione nata con le dichiarazioni rilasciate nel corso di una visita in Medio Oriente, dove ha affermato che Hezbollah “è una organizzazione terroristica come riconosciuto dalla comunità internazionale”. A parte la ovvia considerazione che far mettere bocca sulla politica estera a uno che giurava sull’esistenza della Padania è già di per sé una barzelletta, vanno precisate alcune cose, di merito e di contesto.

 

Nel merito, come in tutte le cose che afferma Salvini, la struttura del ragionamento si fonda su una bugia: proprio le Nazioni Unite infatti, che sono l’unica sede nella quale la comunità internazionale si riconosce, ha respinto la richiesta statunitense-israeliana di iscrivere Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. La lista di cui parla Salvini è quella degli Stati Uniti, non quella delle Nazioni Unite. Chiaro che non deve essere semplice passare dalla Pedemontana al Medio Oriente, però ci sarà pure qualcuno che gli spieghi la differenza tra le due entità.

 

Hezbollah è un partito di governo e il Libano è la nazione nella quale opera principalmente. E’ certamente una organizzazione armata che si è ripetutamente incaricata di sconfiggere l’esercito israeliano nei suoi periodici tentativi di annettersi il Libano. Dunque, dal punto di vista dei libanesi, Hezbollah è organizzazione dedita alla difesa della nazione e, comunque, è membro del governo di Beirut, con il quale manteniamo ottimi rapporti diplomatici.

 

Quanto alla attività fuori dai suoi confini, Hezbollah è stata ed è in prima linea, insieme alla Russia e all’Iran, nella guerra contro i terroristi dell’Isis e di Al-Nusra ed ha permesso anche con i suoi sforzi la difesa dell’integrità territoriale della Siria e la sconfitta del terrorismo sunnita, che l’Occidente indica come la nuova peste (a ragione), dimenticandosi un dettaglio: é pagato e armato dall’Arabia Saudita e sostenuto da Stati Uniti, Turchia, GB, Francia e Israele.

 

C’è poi il contesto (qualcuno spieghi a Salvini il significato del termine) che vede un nostro contingente militare impegnato nella missione UNIFIL, la Forza di Interposizione Internazionale che agisce sotto l’egida dell’ONU. La missione UNIFIL è nata con la Risoluzione 425 adottata il 19 marzo 1978 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell'invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978).

 

Successive risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. Per diverse volte è stato assegnato proprio all’Italia il comando e dal 7 agosto 2018 il nostro paese ha assunto nuovamente l’incarico di Head of Mission e Force Commander con il Generale di Divisione Stefano Del Col. E cosa dovrebbe fare ora il Generale Del Col? Il vicepremier del suo Paese sostiene una posizione che smentisce le regole d'ingaggio della missione internazionale al suo comando.

 

La politica estera è cosa per specialisti e mandare in giro per il mondo uno che crede all’esistenza della Padania non rappresenta un must per la rispettabilissima tradizione italiana, ma nello specifico la dichiarazione è gravissima. Perché anche senza voler entrare nel merito delle parole di Salvini (sicuramente suggeritegli da Steve Bannon) c’è una questione di opportunità e diplomazia che non può essere sottovalutata.

 

I nostri contingenti sono sempre stati risparmiati da atti di guerra, in considerazione del ruolo diplomatico e politico che l’Italia ha sostenuto dagli anni’ 70 ad oggi, pur con conseguente fastidio israelo-statunitense. Uniformarsi ora alle posizioni di Tel Aviv e Washington rischia seriamente di alterare in profondità il rapporto tra il nostro contingente ed il governo libanese, del quale, appunto, Hezbollah fa parte. E per i nostri militari non si annunciano giornate semplici. Non a caso la Ministra della Difesa ha severamente redarguito il ciarlatano padano e lo stesso Stato Maggiore della Difesa ha fatto pervenire le sue proteste.

 

Servirà un intenso lavoro da parte di intelligence e diplomatici per spiegare agli attori coinvolti che le parole di un idiota non coincidono con gli interessi strategici di una nazione. Politicamente, poi, questo governicchio non ha nessuna autorità per stravolgere i connotati più profondi della politica estera italiana. Se Salvini vuole può portare in Parlamento la proposta di modifica delle nostre linee di politica estera e deprimersi poi nella conta dei voti.

 

La nostra politica estera, per quanto di obbedienza atlantica, ha sempre avuto nella realpolitik (e nel sostegno Vaticano) una gamba importante sulla quale poggiare l’equilibrio politico nellaa regione mediorientale e nel Golfo Persico. E’ anche per questo che Francia e GB hanno operato per la caduta di Gheddafi in Libia: per estrometterci politicamente dal Maghreb, dal ruolo di primo partner commerciale e petrolifero della Libia e prendersi il controllo su una delle fonti energetiche più importanti dell’area.

 

Lo stesso dicasi per i nostri positivi rapporti politici, diplomatici e commerciali con l’Iran, divenuto vittima delle giravolte isteriche degli USA, che ormai disdicono ogni accordo che firmano, consegnando così alla cabala e non alla storia il valore degli impegni che sottoscrivono.

 

Dai diversi trattati sui missili balistici con la Russia fino agli accordi territoriali, dalle aperture a Cuba fino all’accordo dei 5+1 sull’Iran, ormai la firma statunitense vale solo per la durata del mandato presidenziale di chi firma; non assume mai il valore di eredità storica, non impegna la nazione ma solo l’amministrazione e diventa quindi, dopo 4 o 8 anni, carta straccia.

 

E’ in questa dimensione che Salvini si sente a suo agio, mentre l’Italia, che avrebbe bisogno di un governo che indicasse e perseguisse un cammino diverso per la sua ripresa economica e che ci tutelasse davvero dal terrorismo di matrice sunnita-wahabbita, nel ruolo di custode della sua sicurezza ha messo un emulo di Ciccio Formaggio. Stiamo sistemati.

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