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di Alessandro Iacuelli

Il bilancio provvisorio è di quattro morti, tra cui due bambini, e sette dispersi. Ma nell'alluvione in Ungheria, fatto non da acqua ma da rifiuti tossici altamente velenosi e corrosivi, ci sono anche oltre centro persone ustionate e 40 km quadrati sommersi da quei fanghi, residui tossici derivati dalla lavorazione della bauxite, per la produzione di alluminio. Bilancio destinato ad aggravarsi, sia sul piano del danno ambientale che su quello della salute umana; peraltro, il fiume rosso di veleni punta dritto verso il Danubio.

Non è certo salutare, il fiume di fango rosso. Oltre ad essere altamente corrosivo, contiene metalli pesanti, esala veleni, brucia al contatto ed è alto più di un metro. Nella notte di lunedì ha investito tre contee nell'Ungheria occidentale vicino al lago Balaton. In un primo tempo, le autorità ungheresi hanno riferito che l'incidente è avvenuto a causa della rottura di un argine di uno dei depositi dell'impianto di produzione di alluminio presso Ajka. Conferma anche la direzione dello stabilimento: in un comunicato si legge che la chiusa avrebbe ceduto a causa delle recenti piogge che ne avrebbero minato la stabilità. Al momento sono in corso dei complessi lavori di riparazione per arginare lo sversamento e la protezione civile sta cercando di neutralizzare con del gesso la corrosività dei 700 mila metri cubi di fango alcalino già fuoriuscito.

Così, anche l'Ungheria si trova a doversi misurare con una dispersione di sostanze chimiche che ha già assunto i connotati del disastro ecologico: diversi villaggi sommersi, abitanti della zona ricoverati d'urgenza con ustioni alla pelle e agli occhi, insediamenti agricoli e industriali inondati da tonnellate di sostanze chimiche tossiche, subito ribattezzati "fanghi rossi". Sostanze che costituiscono un precipitato insolubile in acqua che si forma nella produzione di alluminio.

L'incidente, dicevamo, è avvenuto presso la città di Ajka, dove il serbatoio della fabbrica Mal S-A., a cielo aperto e separato solo da un piccolo argine dal resto del mondo, aveva accumulato 700.000 metri cubi di fanghi. Ha ceduto all'improvviso e non c'è stato nulla da fare, la gente è stata travolta: inutile correre, sfuggire al fango. Proprio dalla zona del disastro é iniziata l’evacuazione delle persone. Nelle operazioni di soccorso sono intervenuti quattro elicotteri, 30 ambulanze, vigili del fuoco e un centinaio di soldati delle truppe specializzate NBC.

Ovviamente la stampa è andata a chiedere conto sia alla politica sia all'industria. Mentre i proprietari degli impianti non hanno commentato l'incidente, il ministro dell'Interno ungherese, Sandor Pinter, ha dichiarato: "Scopriremo chi è il responsabile dell'incidente, la polizia ha sequestrato dei documenti che aiuteranno a determinare se il serbatoio con sostanze chimiche è stato costruito a norme delle leggi previste". Certo, sarebbe stato meglio fare queste verifiche in tempi non sospetti, prima che ci scappasse l'incidente grave, ma si sa, tutto il mondo è paese da questo punto di vista.

Nel frattempo, il fiume rosso avanza e inonda altri centri abitati. In tre province, fino a circa 40 chilometri di distanza dal luogo dell'incidente, è stato dichiarato lo stato d'emergenza. Zoltan Illes, sottosegretario all'ambiente, in visita nelle zone colpite dalla tragedia, ha raccontato di non avere mai visto "una catastrofe ecologica" del genere. Non solo. Il sottosegretario ha anche ventilato che l'argine non sia rotto in seguito alle piogge, ma che si sia trattato di un errore umano, o addirittura di un disastro industriale, ipotizzando che la società abbia stivato più fango di quello permesso nel serbatoio. La Mal S-A ha immediatamente smentito le voci su una possibile utilizzazione sopra il livello di sicurezza del catino di scarico.

Il governo ungherese si dice fiducioso che il fango tossico non arrivi fino al  Danubio: "Vi sono buone probabilità di evitare che il fango tossico arrivi al fiume più lungo d'Europa", ha dichiarato il premier, Viktor Orban, aggiungendo che la fuoriuscita di liquame finora non ha interessato le riserve di acqua potabile. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza in un'area di 40 chilometri quadrati al confine con Austria e Slovenia: nella provincia di Veszprem, dove è avvenuto l'incidente, in quella di Gyor-Moson-Sopron e di Vas, che potrebbero essere attraversate dal fango mortale nelle prossime ore o nei prossimi giorni. Bloccati gas ed elettricità, l'acqua potabile viene fornita attraverso camion cisterne provenienti da Budapest.

Fino a questo momento, i danni sono stimati sui dieci miliardi di fiorini, 38 milioni di Euro, ma saranno necessari decine di milioni ed almeno un anno di tempo, con l'assistenza tecnica e finanziaria dell'Unione Europea, per bonificare la zona sommersa dai fanghi tossici. Questa la pesante stima del governo ungherese. Oltre alle vittime e ai gravi danni immediati, si teme per le conseguenze a lungo termine dei fanghi. L'altro nodo caldo della questione è che in totale i depositi della MAL S-A contengono al loro interno altri 30 milioni di metri cubi di fango rosso, di cui occorrerà capire cosa farne, prima che si creino altre emergenze.

Sul fronte internazionale, l'Unione europea è preoccupata per l'evoluzione del disastro ecologico. Secondo Bruxelles, la marea di fango rosso potrebbe trasformarsi in un disastro ecologico in grado di colpire altri Paesi della regione. Il portavoce UE, Joe Hennon, ha affermato che l'Unione è pronta ad aiutare Budapest se il disastro dovesse aumentare di proporzioni.

In particolare, si teme che la fanghiglia possa inquinare gli affluenti del Danubio e quindi anche il grande fiume dell'Europa centro-orientale. "Siamo preoccupati non solo per l'ambiente in Ungheria, ma che il disastro possa superare i confini", ha spiegato Hennon. Il Danubio scorre attraverso la Croazia, la Serbia, la Romania, la Bulgaria, la Romania, l'Ucraina e la Moldova prima di buttarsi nel mar Nero.

In Ungheria è iniziata la lotta contro il tempo per evitare che il fango tossico fuoriuscito da una fabbrica d’alluminio dell’ovest del paese raggiunga i corsi d'acqua. Per arginare un disastro che impatta su tutta la natura, salute umana compresa, ma che, come per tutti i disastri ecologici, è solo opera dell'uomo.