Stampa

di Emanuela Pessina

BERLINO. Da giorni ormai le scorie radioattive provenienti dall’impianto per il trattamento del combustibile nucleare di La Hague (Francia) sono state seppellite a Gorleben (Bassa Sassonia), ma a quanto pare la polemica non si è ancora spenta e la partita degli anti nucleari tedeschi potrebbe non essere ancora persa. La Hague si trova a soli 1000 chilometri di distanza da Gorleben, ma le numerose proteste hanno ritardato l’arrivo del convoglio di ben cinque giorni: alcuni studi hanno mostrato che il territorio di Gorleben è poco idoneo alla custodia dei rifiuti e i cittadini hanno espresso la loro preoccupazione in grande stile. A manifestare contro il treno delle scorie c’erano oltre 50 mila cittadini; gli agenti impiegati per la sicurezza sono stati 17 mila, per un costo complessivo  di quasi  30 milioni di euro.

Perché, in effetti, il deposito di Gorleben è stato scelto nel 1983 da una commissione di geologi in circostanze ancor’oggi poco chiare. La tabella utilizzata per la valutazione dei siti assegnava dei punti a seconda delle condizioni geologiche di idoneità. Su un totale di 266 possibili, Gorleben ha ottenuto solo 32 punti: un risultato che non giustifica affatto la scelta. Secondo l’autorevole settimanale tedesco Die Zeit, gli esperti sarebbero stati influenzati dal Governo dell’allora Cancelliere Helmut Kohl (CDU): l’aspetto geologico di Gorleben avrebbe giocato un ruolo meno importante di quello politico.

A dispetto di ogni previsione dell’attuale Governo tedesco, le manifestazioni anti- nucleari di Gorleben hanno sortito effetti collaterali a livello politico. Il ministro regionale per l’ambiente della Bassa Sassonia, Hans- Heinrich Sander (FDP), ha chiesto in questi giorni che si cerchi un’area più adatta di Gorleben per il deposito delle scorie. Più che per la sicurezza dei suoi cittadini, probabilmente, il liberale Sander si è preoccupato dei loro voti, ma ciò poco importa. Sander si è espresso a favore del modello di gestione delle scorie radioattive della Svizzera, sostenuto anche da Greenpeace: la Confederazione predispone molteplici depositi in tutte le zone considerate sicure, per la maggior parte rocciose, e dietro consultazione dei cittadini stessi.

E proprio qui nasce il dilemma. I depositi alternativi a Gorleben si trovano nei Laender rocciosi di Baviera e Baden-Württemberg, due tra le regioni politicamente più influenti in Germania. I rispettivi ministri hanno già provveduto a far conoscere la loro opinione: il nein dei ricchi Laender meridionali alle scorie radioattive è stato secco e deciso. Il governatore bavarese Horst Seehofer (CSU), in particolare, ha ribadito la necessità di portare a termine gli studi su Gorleben prima di prendere in considerazione qualsiasi altro deposito.

Durante le ricerche, chiaramente, le scorie radioattive rimarranno dove sono: ciò significa a più di 500 chilometri dalla ricca Baviera. Che il cristianosociale Seehofer cerchi di guadagnare tempo è fuor di dubbio, rimane da chiarire ora la posizione del suo partito, la consorella bavarese della CDU di Angela Merkel. Come si può sostenere lo sviluppo dell’energia nucleare in Governo, senza essere pronti ad accollarsene le conseguenze?

E se da una parte l’interminabile polemica sul nucleare mette in discussione la credibilità di qualcuno, dall’altra c’è anche chi sembra trarne profitto. Si tratta del partito dei Verdi, che ha promesso l’immediata valutazione di altri depositi in caso di elezione alle legislative del 2013. I Verdi sono una forza politica da non sottovalutare: presenti nei Parlamenti regionali di 8 Laender su 16 con oltre il 10% dei seggi, fanno parte del Governo in ben 4 regioni.

Tra l’altro, il loro successo va a inserirsi in un contesto politico estremamente aperto: la popolarità delle forze di governo CDU/ FDP è ai minimi storici a causa delle continue decisioni impopolari, tra cui il prolungamento dell’attività delle centrali nucleari, la riforma sanitaria e il taglio da 80 miliardi alle finanze pubbliche, mentre l'SPD non è capace di mostrare una linea decisa e si aggrappa a critiche poco costruttive per costruirsi una politica. Sono in molti, ormai, a vedere nei Verdi il nuovo “partito del popolo” tedesco.

Inoltre, gli antinuclearisti hanno perso la battaglia di Gorleben, ma in un certo senso la guerra potrebbe non essere del tutto finita. In gioco c’è ancora il prolungamento dell’attività nucleare in Germania: approvato dal Governo Merkel, il decreto non è ancora effettivo. L’ultima parola spetta al Presidente della Repubblica Christian Wulff: sarà la sua firma a sancire l’entrata in vigore definitiva del provvedimento.

In realtà, le probabilità che il Presidente non firmi sono veramente poche: Wulff è nato come “l’uomo della Merkel” ed è difficile immaginarsi una sua presa di posizione contro le scelte della Cancelliera. Dal 1949 a oggi, inoltre, i diversi Presidenti della Repubblica federale si sono rifiutati raramente di firmare decreti già approvati dal Governo, più in particolare in otto casi, e una tale ribellione si giustifica solo con motivazioni formali e non politiche.

Eppure, a voler essere pignoli Wulff avrebbe tutto le ragioni per non firmare il decreto. A quanto pare, la coalizione della Merkel non ha ancora sottoposto il decreto al Bundesrat, il Consiglio federale, l’organo costituzionale attraverso il quale i Laender partecipano al potere legislativo. Nonostante il Governo non lo ritenga un passo necessario, alcuni costituzionalisti considerano l’approvazione del Bundesrat necessaria all’entrata in vigore della legge.

In uno Stato federale, il Governo non può prendere decisioni che vadano a imporsi sulle varie regioni senza interpellarne i vari rappresentanti. Senza dimenticare che la forte partecipazione emotiva dimostrata dal popolo tedesco durante il trasporto del materiale radioattivo verso Gorleben è un segno della profonda disapprovazione da parte dei cittadini. Il popolo è sempre sovrano, o almeno dovrebbe.

E poi c’è l’asso nella manica degli antinuclearisti, che si chiama Charlotte Roche. In una intervista con il settimanale di sinistra Der Spiegel, la giovane scrittrice Roche si è 'offerta' al Presidente Wulff in cambio del veto. “Wulff deve rifiutarsi di firmare il prolungamento dell’attività nucleare”, ha provocato Roche, ”in cambio potrei andare a letto con lui”. Roche ha spiegato che manca solo il consenso della first lady tedesca poiché anche suo marito è d’accordo. Non cogliendo l’assurdità della provocazione, alcuni penalisti tedeschi si sono preoccupati di sporgere denuncia contro la scrittrice per tentata corruzione. E ora, in questo contesto surreale, anche gli antinuclearisti hanno probabilmente cominciato a sperarci.