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di Alessandro Iacuelli

La politica in Campania torna ancora oggi a fingere di giocare nuove carte, a fingere di cercare soluzioni che in realtà ci sono già, ma non possono forse essere applicate se prima l'esecutivo non prepara il maquillage per un nuovo spot elettorale. Probabilmente è in questa chiave che va visto l'arrivo di Berlusconi in Campania.

Il presidente del Consiglio torna a Napoli, nella polveriera dove si è giocata grossa parte della scorsa campagna elettorale. Ad accoglierlo, quasi 9000 tonnellate di rifiuti solidi urbani rimasti sulle strade. La quantità, certamente maggiore, di rifiuti speciali entrati nel frattempo in Campania, in modo più o meno illecito, non li ha potuti vedere, in quanto già tombati nelle campagne, o miscelati ai rifiuti conferiti a Cava Sari, a Terzigno, o già dati alle fiamme nella piana campana.

E' il vero volto dell'emergenza, ma in Italia, si sa, si parla solo dei rifiuti urbani, quelli sui quali c'è la possibilità di muovere soldi pubblici e di mantenere il controllo, anche politico, su grandi territori e bacini elettorali.

Bacini elettorali talmente importanti che, nonostante la frettolosa dichiarazione di fine dell'emergenza decretata dal premier due anni fa, con tanto di riconsegna dei poteri agli enti locali, il governo si è dovuto affrettare ad entrare in prima persona nella questione. Prima con un decreto non consegnato alla Presidenza della Repubblica - il che non costituisce una dimenticanza ma una voluta stortura - poi con un decreto inviato al Quirinale e, da questo, rimandato indietro con varie perplessità e articoli da riscrivere.

L'esecutivo si è affrettato a rifarlo e così Berlusconi ha appena cancellato tutte e tre le discariche faticosamente individuate da Bertolaso due anni fa: Cava Vitiello, Andretta in Irpinia e Valle della Masseria nel Salernitano. Il governatore Caldoro annuncia in un´intervista che "vanno individuate subito due nuove discariche". Naturalmente si astiene dal dire due cose: dove andrebbero individuate, in un territorio sovrappopolato, e perché è stato necessario cancellarne tre.

Eppure, il problema dei rifiuti di Napoli è un falso problema. L'ASIA, l'azienda municipalizzata che ha il compito di raccogliere il rifiuti della città, non sa dove portare poco meno di diecimila tonnellate di RSU, una volta che non le è consentito l'accesso a Chiaiano e Terzigno. Eppure, se si fa il conto dello spazio libero nelle discariche della Campania, ci si accorge che c'è posto per circa un milione di tonnellate. Ma se c'è tutto questo posto, perché non si riesce a trovare spazio per queste "sole" novemila?

Perché lo spazio libero è in discariche che non si trovano nella provincia di Napoli. E le altre province si sono messe per traverso, non accettando il conferimento di rifiuti extra provinciali. Strano: i presidenti delle altre province (del PDL) remano contro la provincia di Napoli, anch'essa retta dal PDL. Sembra quasi che potrebbe essere vera la frottola raccontata giorni fa dal ministro Carfagna, circa la "guerra di bande" che avviene in Campania.

Probabilmente però il disegno politico è più ampio e vede coinvolti non solo i presidenti delle province, ma anche lo stesso ministro delle Pari Opportunità. Quel che succede è che non si trovano spazi per i rifiuti della città di Napoli, e si è cercato già più volte, soprattutto nella fase calda di "rivolta" degli abitanti di Terzigno, di far ricadere la colpa sull'Asia. Ma l'Asia, come tutte le aziende municipalizzate, risponde in definitiva al Comune di Napoli, uno degli ultimi baluardi rimasti in mano al centro sinistra.

Un fortino dove si avvicinano le elezioni politiche, e dove l'attuale ministro delle Pari Opportunità, dopo i risultati delle scorse elezioni regionali, punta apertamente alla poltrona di sindaco. Quindi, in definitiva più che una "guerra di bande" sembra essere un gioco di alleanze, e non di scontri, per portare l'attacco al municipio napoletano.

Tornando al casus belli degli RSU, i vertici istituzionali della Campania hanno "assicurato" l'immediata apertura della discarica di Macchia Soprana, la seconda discarica di Serre nel salernitano, e di deviarvi i rifiuti di Napoli. E' stato deciso durante la riunione del Pdl della Campania che si è svolta in Senato. Inoltre, è stata assicurata piena collaborazione tra le province e l'immediata chiusura degli accordi commerciali in corso per l'invio delle frazioni destinate al recupero fuori dal territorio della Campania. Al vertice hanno partecipato i parlamentari campani del Pdl, i coordinatori regionali Cosentino e Landolfi, il governatore Caldoro, l'assessore regionale all'Ambiente Giovanni Romano, i capigruppo in Consiglio regionale Martusciello e Nugnes e i presidenti delle Province di Avellino e Napoli.

Peccato che Macchia Soprana si rivelò insufficiente già tre anni fa, essendo un’ex discarica poi riaperta "in emergenza", talmente insufficiente da obbligare il commissariato straordinario a "forzare la mano" per aprire la discarica di Valle della Masseria, nonostante le proteste degli abitanti e delle associazioni ambientaliste (Valle della Masseria è all'interno di un'oasi del WWF).

Strano anche questo. Strano che all'improvviso, dopo tanti bastoni tra le ruote, un'altra provincia, quella di Salerno, dia il proprio assenso all'invio dei rifiuti dal capoluogo regionale. Strano che venga contemporaneamente individuata una discarica troppo poco capiente.

A Serre, istituzioni e cittadini si dicono pronti alla protesta contro la riapertura di Macchia Soprana. Il sindaco Palmiro Cornetta è chiaro: "Qui si rischia il disastro ambientale. Noi blocchiamo tutto". La discarica è chiusa dall'agosto del 2008, e in poco meno di anno e mezzo vi furono sversate 750mila tonnellate di rifiuti, provenienti da tutta la regione, in particolare da Napoli e dai comuni dell’hinterland partenopeo. Era già piena prima, figuriamoci ora.

E non sarà neanche facile arrivarci. Infatti, lo stesso Cornetta dichiara a proposito del presidente della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli: "Nel piano che ha messo a punto è prevista la riapertura della discarica ma è un atto monocratico, il suo, senza alcuna concertazione. La vogliono riaprire subito? Non sanno neanche che la strada di accesso e l’intera area é dissestata, ci sono smottamenti ed è quasi inaccessibile".

Ma i rifiuti di Napoli, a dire il vero, sono ormai soltanto un gioco politico per ridisegnare poteri, riassegnare poltrone e soldi pubblici. Un gioco politico che viene fatto sulla pelle dei cittadini.

Che si tratti di un gioco di equilibri politici lo si capisce dal come si sono evolute le dichiarazioni-spot. Se ci eravamo abituati ad un Berlusconi che sparava frasi tipo "in dieci giorni io risolvo l'emergenza", ora rilancia il governatore Caldoro, con lo slogan ad effetto: "Napoli si può ripulire in tre giorni". E per mascherare la colpa dello scempio e farla semmai ricadere sui soliti cittadini cattivi, ha anche rincarato la dose dicendo che "se l'immondizia è tornata per le strade è a causa delle proteste."

Nel frattempo, a mettere altra benzina sul fuoco dell'attacco volto ad assediare ed espugnare Palazzo San Giacomo, ci si è messa anche la Lega, con Bossi che, senza alcuna cognizione di causa e senza una conoscenza neanche superficiale della situazione, ha dichiarato con il suo solito italiano stentato che per risolvere la situazione in Campania bisogna sollecitare la magistratura a intervenire sul sindaco di Napoli. Risponde la Jervolino: intervenga pure, ho mani e coscienza pulite.

Tra l'altro, il comune di Napoli può ben poco, se un giorno, non molte settimane fa, dalla Regione Campania hanno dato ordine all'ASIA di non conferire più i rifiuti a Chiaiano, ma a Terzigno, causando tutto quello che è successo e che abbiamo visto nei telegiornali. Nei prossimi mesi il gioco certamente continuerà e si inasprirà man mano che ci si avvicinerà alla data delle elezioni comunali. A pagarne le spese sarà la gente normale. Poi, quando sarà caduta la fortezza napoletana, calerà di nuovo il silenzio della pax pidiellina, berlusconiana e cosentiniana. Nel frattempo, ci sarà da seguire passo dopo passo l'assalto a Fort Apache.