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di Alessandro Iacuelli

Non deve essere piaciuto a nessuno, ai cancelli della Portovesme srl, nel Sulcis, scoprire che tre containers in entrata erano palesemente carichi di materiale radioattivo. Non deve essere piaciuto non solo perchè le bolle riportano valori nulli di radioattività, ma soprattutto perchè il contenuto di quei containers era destinato ad alimentare dei forni, con la conseguenza da brivido che quel materiale radioattivo sarebbe finito per essere emesso nei fumi che escono dai camini della Portovesme. Ad una prima analisi è stata riscontrata una contaminazione da Cesio 137. Quindi sono intervenuti i carabinieri del NOE ed i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. Si è messa in moto la Procura della Repubblica di Cagliari.

Cosa c'è in quei container? C'era il necessario per alimentare l'impianto Waelz di Portovesme, un impianto che tratta le polveri da abbattimento fumi delle acciaierie e s’inserisce nella filiera di produzione dello zinco e dell'acido solforico. Senza scendere nei dettagli (per motivi di spazio) del processo industriale, l'impianto Waelz è formato da due forni rotativi che operano una riduzione dello zinco, facendo uso di carbon coke e di una successiva ossidazione. Per funzionare ha bisogno di polveri di abbattimento dei fumi di acciaieria, ed erano proprio queste polveri a essere contenute in quei containers. Provenienza: Alfa Acciai, grande stabilimento di produzione di acciaio da rottami metallici, situato a San Polo, nella zona orientale di Brescia.

Containers partiti da Brescia, da quella San Polo già assediata dal punto di vista ambientale da oramai troppi anni, dove fioriscono discariche nelle vecchie cave, dove insiste da decenni proprio l'Alfa Acciai, con le sue emissioni di acciaieria, dove non serve l'aver messo un cartello, rivolto verso l'autostrada, che recita "vapore acqueo" per tranquillizzare gli animi di chi vive in quel quartiere.

L'acciaieria bresciana, in una nota, ha spiegato: "In merito all’allarme radioattività scattato a Cagliari presso il nostro fornitore Portovesme s.r.l., l’azienda precisa che, già giovedì scorso e poi di nuovo sabato, sono stati fatti approfonditi accertamenti sia dai tecnici interni di Alfa Acciai che dal personale degli organi di controllo del NOE e dell’Arpa di Brescia. Questi non hanno evidenziato né la presenza di tracce di radioattività, né il mancato funzionamento di tutti i dispositivi di controllo e allarme che l’azienda ha in essere per rilevare presenze di tracce di radioattività. Pertanto rimane da capire l’allarme rilevato a Cagliari che peso abbia, che tracce, quali sostanze rilevi e come l’evento si sia generato. In questo senso sia i tecnici di Alfa Acciai, sia quelli di Portovesme, ma anche gli organi di controllo stanno lavorando già da giovedì, appena scattato l’allarme; i primi responsi sono attesi per metà di questa settimana".

Anche se ad aprire subito un'inchiesta è stata la Procura di Cagliari, a chiedere urgentemente risposte sono invece gli abitanti di San Polo: "Se i primi riscontri troveranno conferma", ha dichiarato Valerio Beccalossi, del Comitato per la Salute di San Polo, "è la goccia che fa traboccare il vaso. Martedì 8 Febbraio terremo un incontro pubblico e abbiamo invitato sindaco, vicesindaco e assessore all’Ambiente".

E' chiaro che se le polveri sono radioattive, lo sono stati anche i fumi emessi dalle ciminiere dell'Alfa Acciai. L'azienda si difende dichiarando che presso l’impianto di Brescia vengono trasportati i fumi delle acciaierie provenienti da tutte le regioni italiane. Ma ci sono altre cose da spiegare, e che l'Alfa Acciai non spiega.

Tanto per cominciare, non si capisce come mai i tre container siano riusciti a uscire da Brescia senza che il portale radiometrico abbia segnalato qualcosa di anomalo. Risulta alquanto strano che la radioattività sia stata rilevata invece dal portale radiometrico di Portovesme: gli allarmi dei portali radiometrici sono tarati per scattare anche per tassi di radioattività molto bassi. Funziona davvero il portale radiometrico dell'Alfa Acciai? Poi c'è da fare una riflessione sulla qualità dell'aria. Sono anni che si scrive un "tutto nella norma" che rassicura solo le istituzioni. Solo in tempi recenti, il "tutto nella norma" ha iniziato a traballare, a San Polo.

L’Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha eseguito un attento monitoraggio in quella zona di Brescia fra il 2008 ed il 2010. Dopo due anni di monitoraggio delle deposizioni atmosferiche ha diffuso una relazione in cui sostiene che l'Alfa Acciai sia la "sorgente principale dei contaminanti della zona" a est di Brescia.

Quali contaminanti? Tre, e non certo piacevoli: PCB, policlorodibenzodiossine e furani. Tutte sostanze non degradabili, particolarmente nocive per la salute umana e spesso associate ad attività industriali come le acciaierie. E a San Polo di acciaieria ce n'è una: l'Alfa Acciai. Che fa l'acciaio a partire da rottami metallici. Se però nell'impianto entrano dei rottami, per essere fusi, già radioattivi, ed il portale radiometrico non segnala l'allarme, il gioco è fatto.

L'Alfa Acciai sostiene di essere attentissima ad ogni aspetto ambientale, anche perché vanta già una lunga storia di inchieste giudiziarie e di multe. Tuttavia, i conti non tornano, almeno quelli della radioattività.

Ovviamente non sappiamo se le cose stanno così, e solo un'accurata indagine giudiziaria potrà stabilirlo, però le domande che spontaneamente sorgono sono: che rottami metallici arrivano in Alfa Acciai? Da dove provengono? Poiché arrivano anche dall'Estero, da Paesi in cui le attività nucleari sono addirittura in dismissione, chi garantisce che non entrino nell'acciaieria materiali contaminati? L'Alfa Acciai continua ad acquistare rottami ferrosi dall'Est Europa.