Stampa

di Alessandro Iacuelli

"Gli interventi di bonifica non hanno fatto altro che aggravare la contaminazione dei terreni", si legge nel decreto di sequestro del tribunale di Napoli, quello che i carabinieri hanno presentato presso le aree dell'ex Italsider e dell'ex Eternit di Bagnoli nell'ambito di un'indagine della Procura di Napoli che ipotizza il reato di disastro ambientale. Indagati 21 ex dirigenti della società "Bagnoli Futura" e di vari enti locali.

Una storia vecchia di anni, e che rischia di sfuggire alla comprensione, se non se ne riprendono le fila, a partire dalla chiusura delle attività dell'area industriale occidentale di Napoli. Una zona che da cuore pulsante delle attività produttive si era trasformato in archeologia industriale, poi in area da bonificare a causa della profonda contaminazione sia da parte dell'acciaieria che da parte della Eternit, e poi un fiorire di "piani", di progetti di riqualificazione, di riuso, tutti bloccati da un passaggio necessario: la bonifica dai tanti materiali inquinanti, dagli idrocarburi, all'amianto, ai metalli pesanti.

Bonifica importante, e finanziata profumatamente, tuttavia l'inchiesta condotta dal pm Stefania Buda con il coordinamento dei procuratori aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso, ha portato al sequestro preventivo di un'ampia area, compresa la cosiddetta "colmata" di Bagnoli. Gli esami tecnici disposti dagli inquirenti hanno accertato un notevole inquinamento dell'area: gli interventi di bonifica - secondo la Procura - avrebbero aggravato la già difficile situazione ambientale. Cosa è successo, allora, a Bagnoli, visto che la bonifica risulterebbe ultimata?

Un ingente quantitativo di morchie, residui della lavorazione dei metalli pesantemente inquinatei da idrocarburi, sono stati mescolati al terreno e sotterrati di nascosto nella zona del Parco dello Sport, una delle struttura dell'ex area industriale di Bagnoli. L'illecito sarebbe avvenuto, secondo la ricostruzione dei magistrati, grazie a false certificazioni che qualificavano le morchie oleose come "terreni di riporto". L'interramento clandestino avvenne nel corso di un fine settimana (sabato 6 domenica 7 ottobre 2007).

Sussiste un "pericolo ambientale con una immensa capacità diffusiva che coinvolge l'ambiente e l'integrità della salute di un numero non individuabile di persone". È quanto scrivono i magistrati della procura di Napoli nel capo di imputazione, relativo all'ipotesi di disastro ambientale, nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento a Bagnoli. I pm parlano di "aggravamento dello stato di contaminazione dei terreni all'esito della bonifica rispetto allo status quo ante".

Ciò sarebbe avvenuto "in conseguenza dell'accertato miscelamento e della gestione illecita dei rifiuti pericolosi in corso di bonifica che hanno comportato un incremento del rischio e della pericolosità ambientale e per la salute umana". Questo a causa della "maggiore mobilità delle sostanze pericolose che, se aggregate, risultano più stabili" come accertato dalle analisi effettuate sulle aree che risultano bonificate.

Si è accertato inoltre "non solo che i terreni non sono stati affatto bonificati ma altresì che la contaminazione, all'origine a macchia di leopardo, è stata spalmata su tutte le aree, alle diverse profondità dei terreni, cagionando un danno ambientale rilevante e irrimediabile". Un danno "ulteriormente aggravato dalla mancata messa in sicurezza con lo strato di terreno superficiale" dal momento che tale strato "è ancora più inquinato dei terreni sottostanti".

Tra le accuse mosse ad alcuni indagati nell'inchiesta sul disastro ambientale a Bagnoli, vi è lo sversamento in mare di sostanze inquinanti, in particolare idrocarburi, nel corso di diversi anni. Ciò ha provocato "un disastro ambientale determinando una situazione di pericolo per l'ambiente e per l'uomo derivante dallo sversamento in mare di pericolosi inquinanti cancerogeni provenienti da monte". Gli inquinanti, "confluendo nella vasca di calcestruzzo della colmata, finivano direttamente in mare. Inoltre il telo di copertura che dovrebbe isolare i materiali contaminati, stivati nel corpo della colmata, è risultato in condizioni di degrado in più punti affiorante e lacerato".

Le vicende legate alla bonifica delle aree di Bagnoli, sostiene la Procura, "sono avvenute in un contesto generalizzato di conflitto d'interesse". Secondo i pm, "tutti gli enti pubblici istituzionalmente preposti al controllo dell'attività di bonifica, quali Arpac, Comune e Provincia di Napoli, si sono venuti a trovare" in una situazione di palese conflitto. Secondo le indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Napoli e del Noe, l'interscambio dei ruoli tra controllori e controllati e il conflitto di interessi degli enti pubblici, insieme al comportamento dei soggetti responsabili della vigilanza sulla salvaguardia ambientale hanno determinato "il progressivo scadimento degli obiettivi di bonifica e dei controlli ambientali, causando un disastro ambientale". In particolare, sempre secondo l'accusa, gli organismi di vigilanza hanno avallato le scelte procedurali di Bagnolifutura, la società incaricata della bonifica delle aree.

Fra le 21 persone indagate vi sono anche due ex vicesindaci del capoluogo campano: Sabatino Santangelo, presidente della Bagnolifutura fino al 2006, e Rocco Papa, presidente della Bagnolifutura dal 2006 al 2010, entrambi vicesindaci di Napoli in giunte presiedute da Rosa Russo Iervolino. Nei riguardi di entrambi la Procura di Napoli ipotizza i reati di concorso in truffa aggravata. Per gli stessi reati ipotizzati nei riguardi degli ex vicesindaci, è indagato anche Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell'Ambiente.

Adesso che il pentolone della falsa bonifica è stato scoperchiato, cosa c'è da fare? La situazione attuale è decisamente peggiore rispetto a quella pre-bonifica. In primo luogo, per l'area dell'ex Italsider occorre assolutamente un nuovo progetto di bonifica e di messa in sicurezza permanente che rispetti la destinazione urbanistica come prevista dagli attuali strumenti urbanistici, un intervento che però stavolta sia serio ed efficace.

Alcune indicazioni emergono dalla stessa ordinanza del tribunale: tali interventi dovranno essere ultimati in un arco di tempo tra "i sei e i dodici mesi", la rimozione della colmata viene definita "doverosa", occorre un "recupero di efficienza del complessivo sistema di messa in sicurezza di emergenza già costruito nel 2002 e in parte implementato nel 2008 funzionale a evitare la dispersione degli inquinanti in area o in mare", inoltre bisognerà predisporre "un sistema stabile e continuo di controlli di qualità sulle acque in ingresso e in uscita dal sistema depurativo". Per attuare questi interventi i giudici hanno nominato custode-amministratore l'attuale presidente di Bagnoli Futura, Omero Ambrogi.

La bonifica di Bagnoli, costata 107 milioni di euro, non solo è stata solo "virtualmente effettuata" ma ha di fatto "comportato una miscelazione dei pericolosi inquinanti su tutta l'area oggetto della bonifica con aggravamento dell'inquinamento dei suoli rispetto allo stato pre bonifica". D'altronde, si sa, smaltire i rifiuti tossici regolarmente costa troppo, ecco quindi che si ricorre al vecchio espediente di mescolarli al terreno, e farli ricomparire come terreno di riporto, adatto a riempire e ricomporre aree da bonificare, dove è stato rimosso il terreno contaminato.