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di Sara Nicoli

La festa, in piazza Farnese a Roma, è finita con Vladimir Luxuria, con tanto di strascico, boa di struzzo e tacchi altissimi, che cantava "Mamma mia" degli Abba. E più o meno in quelle medesime ore, una signora impellicciata, filo di perle e messa in piega fresca di parrucchiere, si aggirava spaventata in piazza Scala, a Milano, chiedendo ai poliziotti di pattuglia se "quelle scalmanate in corteo per la 194" potevano "rappresentare un pericolo per i cittadini per bene, quelli che pagano le tasse e difendono la famiglia".
Certo, lasciare che il delicato dibattito etico sull'aborto e sulle unioni di fatto scivoli nelle mani del ministro Calderoli consentendogli di inveire, con la sua consueta, britannica sobrietà, contro "le assurde pretese di privilegi per i culattoni" oppure in quelle della signora benpensante, che si preoccupa che il vento del corteo delle donne possa spettinarla un po', lascia sgomenti.
Ma non è questo, in fondo, ciò che è veramente grave. O, forse, è proprio in virtù di queste manifestazioni di tragica povertà morale, che la Chiesa può ergersi sovrana come unica reale custode dell'etica e dei valori fondanti della società. n un paese davvero civile e laico, voci come quella del Cardinal Ruini, che si è levata anche ieri a bollare entrambe le manifestazioni come "un insulto", non sarebbero prese in grande considerazione. In Italia, invece, i preti straparlano perché la politica tace. Anzi, spesso ne diventa complice. E' quanto succede proprio dentro la sinistra maggioritaria, terrorizzata com'è dal veder evaporare uno solo dei voti di quel popolo cattolico, che alle prossime elezioni farà la differenza.

Negli ultimi mesi, l'aggressività mostrata dalle alte gerarchie ecclesiastiche nello sparare a palle incatenate contro la possibilità di un dialogo politico sereno intorno ai temi più delicati come quelli della vita e della morte, dell'amore e della diversità, ha destato parecchie perplessità anche in molti cattolici, non necessariamente tiepidi. Nessuno nega alla Chiesa il diritto di indirizzare il pensiero dei credenti, testi sacri alla mano, sul comportamento da tenere o sulle scelte da fare in merito ai dettami della dottrina. Spiccano i toni da Santa Inquisizione, usati per esempio da Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che ha inquadrato i Pacs come viatico verso "la poligamia e l'incesto" e la pillola abortiva come "una guerra chimica contro la vita". Urla sguaiate che fanno pensare di trovarsi davanti non ai primi testimoni del Vangelo, ma a repressori violenti del liberto arbitrio di quelle fasce della società intellettualmente più deboli e più sensibili allo spauracchio dell'Inferno e della dannazione eterna. Una Chiesa che a proposito di sessualità dovrebbe semmai tacere, magari dopo aver chiesto scusa, conscia che i suoi apostoli in terra non brillano sempre per comportamenti irreprensibili, giusto?

Anche in questo caso, come nella maggior parte della sua storia dunque, la Chiesa usa l'anatema e la condanna per conservare intatto il proprio potere coercitivo delle coscienze più fragili e non solo. E questo è sempre avvenuto, nella storia, quando il potere temporale non aveva sufficiente forza e spessore per contrastare, con la politica, la scienza, la cultura, gli svarioni apocalittici dei difensori di un potere tutt'altro che spirituale. Allora il Papa era anche un "Re" e il popolo parlava con le terzine di Pasquino.
Oggi Prodi si dichiara "amareggiato" per le manifestazioni di piazza, ma forse i suoi elettori sono amareggiati anche dalle sue amarezze. La Margherita si spacca per eccesso di sussiego verso le porpore e la destra, sguaiata e omofoba, riduce tutto a una pruriginosa questione di "ricchioni" e di "piccoli omicidi". Un clima da tardo Medioevo, si direbbe. Che, viste le premesse e gli equilibrismi di chi si appresta a governare il Paese, non può che peggiorare.