L'apocalisse liberista comincia a realizzarsi e a rendere tangibili gli incubi
delle prime generazioni ambientaliste e non solo.Che ci si sia arrivati nonostante
gli avvertimenti attiene alla natura umana, alla natura delle masse incolte,
come alla natura di quanti, pur avendo coscienza dei problema, sono distratti
dall'avidità o in altre faccende affaccendati.
Dal globale al locale, tutto il pianeta è ormai avvelenato. L'uomo ha
prelevato e elaborato materie prime restituendo scarti di lavorazione e veleni.
I veleni sono finiti nell'acqua, nell'aria e da lì ovunque. Gli orsi
al Polo nascono ermafroditi, gli alberi in Siberia muoiono prima che le avanguardie
dei taglialegna banditi della APP (Asian Pulp and Paper, un'azienda multinazionale
clamorosamente abile a tagliare, fallire e rinascere) li possano raggiungere;
sono inquinate le vette, come gli abissi.
Quello che ancora sfugge è la drammatica realtà, il vero stato
del pianeta, o meglio, della delicata e rarissima biosfera nella quale sopravviviamo. Un accidente del caso ci ha dato un'atmosfera che gli esser viventi hanno imparato
a respirare attraverso un'evoluzione lunghissima, sopravvivendo anche a cambiamenti
nella sua stessa composizione, evolvendo bio-elementi che, grazie alla lentezza
dei processi, hanno trovato quel miracoloso equilibrio, tanto necessario quanto
inevitabile. La relativa velocità, o meglio la vorticosa lentezza naturale
dell'evoluzione, ha concesso il tempo necessario all'evoluzione degli organismi.
Da duecento anni questa velocità è cambiata, aumentando drammaticamente.
Tutti lo sanno, ma gli allarmi lanciati da decenni da qualche stupido restano
per lo più inascoltati. Sono decenni che si denuncia il taglio insostenibile
delle foreste. E' da allora che la quantità di quelle tagliate ogni anno
aumenta. Dal 1800 sappiamo che certe sostanze inquinano, ma questo non ha evitato
che per duecento anni si sia scavato oro e lo si sia lavato con il cianuro;
o che altre sostanze siano state sparse per decenni senza alcun filtro.
E si continua così, le maggiori miniere mondiali funzionano ancora in
questo modo. Tutto lo scarto che produciamo finisce, prima o poi, nell'acqua.
Da anni la FDA sconsiglia, con forza e spiegazioni da terrore, le gestanti e
i bambini dal mangiare un lunghissimo elenco di specie marine più di
una volta a settimana. Nel mare non ci sono confini, tutto il pescato del mondo
contiene livelli simili di metalli pesanti e via elencando.
La situazione dell'atmosfera aveva preoccupato gli unici che possono preoccuparsi
di questo dramma. Gli stessi che possiedono la conoscenza, il potere e le ricchezze
del mondo.
Tutto quello che sono riusciti a fare è stato firmare un trattato, quello
di Kyoto, che impegnava ad un 6% di riduzione delle emissioni in atmosfera.
Gli studi sui quali si fondava l'esigenza di siglare il protocollo, chiedeva
una -urgente- riduzione di -almeno- il 30% delle emissioni.
Il protocollo si Kyoto non lo ha rispettato nessuno, nemmeno i firmatari, nemmeno
l'Italia. Oggi ci dicono che nel 2010 le emissioni saranno aumentate del 10%,
e il segretario per l'energia americano, S. Bodman, arringa il mondo dicendo
che il problema sarà risolto dai privati, dalle aziende; per stroncare
alla radice il tentativo di scrivere un Kyoto2 più stringente, comunque
sicuramente inefficace.
Non poteva essere diversamente; un sistema che si fonda sullo sfruttamento del
pianeta e dei suoi stessi abitanti non può riformarsi neppure sotto la
spinta della sopravvivenza.
Come conciliare il rispetto di impegni che limitano certi profitti se tutti
i profitti -devono- essere leciti, se l'impresa deve essere -libera- per conseguire
lo scopo sociale, meglio conosciuto come il profitto?
Il libero mercato teorizzato e perseguito consente a chi esercita l'impresa,
o a chi persegue il profitto, di sfuggire alla gran parte delle leggi promulgate
dagli uomini. L'impresa, tanto più se internazionale o multinazionale,
può lucrare infrangendo le leggi nell'assoluta mancanza di responsabilità.
Pochissime persone sul pianeta soffrono azioni penali anche se provocano disastri
ambientali o sociali; anche se le provocano coscientemente, ovvero si appropriano
dei beni comuni per trarne profitto.
In un quadro del genere è chiaramente insensato puntare a riforme locali,
se non nel senso di una drastica revisione del modello di consumo, del ciclo
dell'energia e dei rifiuti come mero contributo alla riduzione del danno.
La prospettiva di finire avvelenati con una atmosfera non respirabile non è
immediata, e neppure certa, ma urgente se ci poniamo nei panni delle prossime
due generazioni. Già ora è chiaro che la specie umana evolverà
anche attraverso mutazioni imposte o favorite dell'inquinamento ambientale.
Se anche si riuscirà a limitare i danni all'atmosfera, non si potrà
fare altrettanto con l'inquinamento dei terreni e delle acque. E' fin troppo
evidente che coloro che vorranno lucrare ne avranno licenza per ancora più
tempo, se tutto resterà come adesso.
La concreta impalpabilità delle multinazionali, l'esistenza di centinaia di "zone franche" sul pianeta nelle quali possono trovare riparo legale, l'alto livello di plusvalore che procura lo sfruttamento dell'illegale, la corruzione diffusissima, e la permanente tendenza a <laissez-faire> di un personale politico internazionale impegnato principalmente a fare guerre o a fare "sviluppo", sono alcuni degli elementi che consentono e incentivano questi fenomeni.
Come gli orsi polari, anche gran parte della popolazione mondiale subirà
gravi mutazioni genetiche. Già ora accade, basti pensare alla diffusione
delle allergie. A molti medici basta pensare alla qualità dell'aria che
respirano durante la giornata per spiegarsela; basta fare la prova inspirando
con forza nei luoghi della quotidianità.
Molti altri che vivono a favore di falde inquinate, che si nutrono per tutta
la vita di cibo sintetico o marcio (anche il marcio è illegale, quindi
rende di più), soffrono malattie strane. Per assisterli tutti non basterebbe
dedicare loro tutte le tasse del mondo.
New York ha 800.000 diabetici, tra poco saranno un milione. Il sangue dei newyorkesi
impazzisce perché dentro c'è di tutto: dagli ormoni medicinali
che danno agli animali fino alle centinaia di pillole che gli americani vengono
educati a mangiare fin da piccoli. Inquinamento da medicinali, case farmaceutiche
poco controllate fanno disastri e uccidono come la food industry.
Quello che si tende a sottovalutare, quando si parla di inquinamento ambientale,
è che i pericoli che dobbiamo temere non sono uguali al maggior pericolo
che ci possiamo immaginare. Come i nostri corpi assorbono i miasmi del traffico,
benzene, polveri sottili, allo stesso modo assumono sostanze impreviste dal
cibo, dalle nostre stesse abitazioni ed oggetti, dai vestiti; sono esposti a
radiazioni di ogni tipo.
Come succede al nostro corpo, così il problema investe tutte le specie
viventi.
Il problema, di natura squisitamente matematica, è che occorre pensare
alle conseguenze del fatto che la partita non si gioca singolarmente contro
una sostanza, ma che si è inevitabilmente esposti ad una combinazione
imprevedibile e difficilmente calcolabile di sostanze notoriamente nocive, che
ci vengono servite come un cocktail nel corso della nostra vita.
Nella mia città c'è qualche stazione che monitora al massimo tre
sostanze inquinanti, in molte altre città nemmeno quelle; nella mia città
l'aria è "illegale" per oltre cento giorni all'anno, lo sappiamo
perché ci sono i rilevatori; ma non sappiamo se ci sono altre sostanze
e nessuno pare preoccupato per la sua salute o della necessità di vivere
in apnea.
Nel crollo delle torri di New York vennero censite oltre duemila sostanze tossiche
nell'aria; un numero che dà l'idea di quante siano le sostanze capaci
di infestare l'atmosfera, alle quali aggiungere quelle che possiamo assorbire
dai cibi e dalle acque. Tra non molto oltre all'acqua depurata ci sarà
molto mercato anche per l'aria filtrata e depurata, è uno dei business
del futuro. Le occasioni di profitto sono infinite, come infiniti sono i rischi
che l'umanità corre abbracciando questa follia.
A mondo non esistono studi sull'esposizione multipla agli inquinanti, rendendo
assolutamente inutile e pleonastica la lotta contro il singolo veleno mostruoso
che intrattiene le opinioni pubbliche ogni tanto.
Se domani chiudessimo il buco nello strato d'ozono, o risolvessimo il problema
dell'effetto serra e del riscaldamento globale, non servirebbe a nulla; se non
ad optare per un disastro diverso.
Il problema è di sistema. O è "Il" sistema.