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L’ombrello di Francoforte sta per chiudersi, ma di pioggia non dovremmo morire. La settimana scorsa il presidente della Bce, Mario Draghi, ha annunciato che il 31 dicembre sarà interrotto il Quantitative easing, il programma di acquisto titoli che negli ultimi tre anni ha portato nella pancia della Banca centrale europea migliaia di miliardi di euro in obbligazioni pubbliche e private dell’Eurozona. Non solo: a partire dalla prossima estate torneranno a salire anche i tassi d’interesse.

 

Cosa significa tutto questo? All’orizzonte non ci sono invasioni di locuste o spari dai tetti, ma qualcosa cambierà.

 

Innanzitutto, per le casse dello Stato. Senza gli acquisti calmieranti della Bce, i rendimenti sui nostri titoli pubblici saliranno. Secondo l'economista Carlo Cottarelli, l’anno prossimo un aumento stabile dell’1% comporterebbe un costo aggiuntivo per finanziare il debito pari a 3,7 miliardi di euro.

 

 

Di per sé, non una tragedia. Il problema è che con la chiusura del Qe verrà meno lo scudo protettivo eretto da Draghi a difesa del nostro debito pubblico (e non solo). Di conseguenza, se la spesa andasse fuori controllo, i fondi internazionali potrebbero dar vita a un nuovo attacco speculativo contro il nostro Paese. E si tornerebbe a parlare di spread come nel 2011, quando nell’ultima fase del governo Berlusconi arrivammo a toccare il record di 575 punti base.

 

Attenzione però a non cadere nello stesso errore commesso da Matteo Renzi su Facebook. Quando si parla di debito pubblico, la parola spread indica il differenziale di rendimento fra Btp italiani e Bund tedeschi. Non c’entra assolutamente nulla con le rate dei mutui: in quel caso il termine spread si riferisce al tasso aggiuntivo che ogni banca decide di sommare al tasso di base per avere un margine di guadagno.

 

Il legame fra politica monetaria e mutui è un po’ più complesso. In primo luogo, è bene chiarire che chi sta già rimborsando un prestito a tasso fisso deve stare tranquillo: la sua rata non può salire. Chi invece il mutuo a tasso fisso ha intenzione di accenderlo farebbe bene a sbrigarsi, perché - in vista dell’aumento dei tassi praticati dalla Bce - è possibile che già da settembre alcune banche decidano di alzare lo spread sui contratti a lungo termine. Su un mutuo ventennale da 100mila euro, una modifica del tasso dal 2 al 3% comporta un rincaro della rata pari al 10%, da circa 500 a circa 550 euro al mese.

 

Il variabile, invece, è ancorato al tasso interbancario Euribor; di solito a quello a tre mesi, che attualmente è negativo (-0,32%). Quando l’anno prossimo la Bce aumenterà i tassi di riferimento (in particolare quello praticato sui soldi che le banche parcheggiano nelle casse della stessa Eurotower), l’Euribor salirà, spingendo al rialzo il tasso variabile dei mutui. In concreto, un rincaro dello 0,3/0,4% dovrebbe appesantire la rata mensile di una ventina d’euro.

 

Per quanto riguarda invece il capitolo risparmio, dal 2015 il Qe ha abbattuto i rendimenti delle obbligazioni, che quindi con lo stop agli acquisti della Bce dovrebbero tornare su livelli appetibili. Ma occhio all’inflazione, che nel frattempo risalirà verso il livello-obiettivo dell’Eurotower (inferiore ma vicino al 2%), riducendo i guadagni reali sugli investimenti, cioè al netto della crescita dei prezzi.

 

Il discorso è inverso per il mercato azionario, che ha beneficiato del Qe per l’oceano di liquidità messo in circolazione e perché gli investitori a caccia di rendimenti sono stati indotti a dirottare i capitali dalle obbligazioni alle azioni. In teoria, la fine del quantitative easing e l’aumento dei tassi dovrebbero invertire questa tendenza, ma la Bce chiuderà i rubinetti in modo graduale e il corso dei listini azionari è influenzato anche da altri fattori, per cui il cambiamento della politica monetaria non basta da solo a far prevedere l’avvio di una fase negativa.

 

Il vero pericolo è quello di un nuovo attacco speculativo sul debito italiano. Se dovesse accadere, c’è da augurarsi che la Bce ritorni ad alzare lo scudo. Tutto dipenderà da chi sarà il successore di Mario Draghi, visto che il mandato del banchiere italiano scade proprio l’anno prossimo.