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Categoria: Esteri

Si è formalmente aperta la campagna elettorale in Nicaragua. La destra civica schiera i suoi migliori candidati, mentre quella golpista grida ai quattro venti che le elezioni non vanno riconosciute dalla comunità internazionale. Affermano che l’inchiesta della magistratura nicaraguense, che ha scardinato l’organizzazione golpista che dal 2018 ad oggi obbedisce ai diktat statunitensi per rovesciare il governo sandinista, renderebbe impossibile partecipare al voto. Dicono il falso.

Che non vi sia nessun nesso tra inchiesta giudiziaria e campagna elettorale lo testimonia il fatto che non già a seguito di questa inchiesta, bensì sin dal 2011, la destra golpista dell’oligarchia chiede il non riconoscimento del governo e della sua istituzionalità, preferendo invocare sanzioni, invasioni e aggressioni.

 

L’inchiesta che ha smantellato la rete golpista non ha a che vedere con le elezioni, perché nessuno degli arrestati era candidato a nulla se non nella sua fantasia. Nessuno di essi possedeva titolarità giuridica per candidarsi: nessun partito, nessuna casella elettorale, nessuno dei requisiti necessari per legge alla presentazione di una lista. E nemmeno nessuna coalizione che accettasse di offrirgli candidature o seggi nel Parlamento. Sostenere che gli arrestati siano i candidati è dunque una bugia colossale.

A meglio precisare i contorni dell’inchiesta per riciclaggio di denaro, corruzione e organizzazione clandestina di una operazione destinata a rovesciare con la violenza il legittimo governo nicaraguense, va sottolineato come gli arresti e le messe in stato d’accusa riguardino diverse persone, non solo esponenti politici del golpismo. Insieme ad alcuni rappresentanti del latifondo vi sono dirigenti di banca, funzionari di imprese private, personale amministrativo ed altro mai impegnati in politica. E quindi chi sarebbero i candidati inibiti? Quali sarebbero le condizioni per il voto che si vedrebbero alterate dall’inchiesta? Risposta facile: nessuno e nessuna.

I detenuti in attesa di giudizio sono in carcere per aver disatteso il principio di non ripetizione dei reati incluso nell’amnistia del 2018, lavorando attivamente ad un nuovo tentativo di colpo di Stato per la fine del 2021, finanziato dalla USAID e noto come RENAIR. Sono accusati di riciclaggio di denaro, avendo ricevuto denaro dall’estero mai denunciato ed utilizzato sia per il proprio arricchimento personale che per l’organizzazione politico-militare e mediatica di un fronte eversivo; di aver chiesto ripetutamente e a voce alta sanzioni contro il proprio Paese, invasioni militari e misure di isolamento economico e politico internazionale: per aver agito in forma contraria agli interessi nazionali, associandosi con potenze straniere ostili con una modalità collaborazionista. Sono reati che in ogni parte del mondo condurrebbero in carcere chiunque e per molto tempo, soprattutto negli USA, dove questi stessi reati sono puniti anche con la pena capitale.

Il latifondo e la gerarchia ecclesiastica urlano di elezioni irregolari, dove la frode sarebbe l’unica certezza. La storia però insegna una lezione diversa, ovvero che da quando esiste la democrazia popolare, sono le elites che hanno tentato di rovesciarla. Da quando esiste il voto esiste anche chi tenta di alterarlo. Ma non vi è dubbio che manipola le elezioni solo chi pensa di perderle, non certo chi sa di vincerle. Non c’è bisogno di provenire da una grande scuola di politologia per capirlo.

E poi: quali golpe ha promosso la sinistra nella storia? La sinistra ovunque ha vinto con rivoluzioni o elezioni, mai con i colpi di Stato, che invece sono stati e sono un’arma delle destra fascista, in America Latina come ovunque.

 

L’ingerenza del nemico esterno

Il mancato riconoscimento della legittimità del processo elettorale è una posizione politica che riflette l’ostilità e la contemporanea impotenza statunitense e degli organismi internazionali che gli sono devoti. Volendo precisare il timing dell’escalation di ostilità contro Managua si deve ricordare che gli stessi USA hanno assunto la posizione di delegittimazione del processo elettorale dal 2011, mentre la OEA e la UE, che pure esprimendo parziali critiche avevano riconosciuto la correttezza del processo elettorale fino al 2017, si sono associate alla linea statunitense. Ma sia gli USA che l’OEA e la UE non presentano un curriculum di rispetto delle regole della democrazia nel continente: ripudiano le elezioni regolari e trasparenti in Venezuela e in Nicaragua mentre hanno riconosciuto Guaidò come presidente del Venezuela e il governo golpista e assassino della signora Anez in Bolivia.

E quale titolo di garanti della democrazia e del corretto svolgimento di un voto popolare possono esibire coloro che dichiarano presidenti golpisti e autonominati mai votati da nessuno e a nulla? Davvero i tifosi dei colpi di stato possono parlare con cognizione di causa di elezioni regolari? La supremazia del golpismo sui processi democratici appare il vero biglietto da visita di tali organismi.

Il Nicaragua non ha bisogno dell’osservazione elettorale che certifichi la legittimità e regolarità del voto, meno che mai quella offerta da organismi riconducibili a paesi che hanno dato scandalo internazionale con le loro elezioni interne, tra questi al primo posto gli USA. Ma anche volendo ammettere la liceità di una osservazione internazionale (che può esserci solo se l’organo di controllo elettorale la invita), si deve riconoscere che il presupposto ineludibile dell’osservazione elettorale è la giusta distanza tra le componenti politiche del paese che si osserva. E quale terzietà ed obiettività nei confronti dello scenario politico nicaraguense possono esibire organismi che pongono le loro ambasciate a disposizione di gruppi oppositori golpisti, finanziano media e partiti di destra, attaccano diplomaticamente e politicamente il Nicaragua al quale infliggono sanzioni illegittime?

Che alla grande cospirazione finalizzata al regime-change le elezioni non vadano a genio, non stupisce, perché il voto confermerà che il sandinismo è maggioranza schiacciante nel Paese, come dicono i risultati di questi ultimi 14 anni. Sono state la dimostrazione formale ed ufficiale della volontà popolare, che esprime in un tratto di matita il grado di consenso e dissenso con la realtà socio-politica che vive. Il voto serve ad identificarsi ideologicamente e programmaticamente, certo, ma contiene in sé anche le speranze, le aspettative e i sogni, così come può esprimere l’insoddisfazione, la protesta, il malessere.

Il voto, insomma, è l’affermazione della volontà popolare e, come tale, viene ignorato, bypassato e schiacciato solo da chi non tollera che la volontà popolare si imponga. E chi non sopporta l’imporsi della volontà popolare? Le elites, le classi dominanti, abituate a prendersi tutto per censo, cognome, colore della pelle, ereditarietà dominante e affinità con gli imperi. Non è un caso che, storicamente, le elezioni raccontano della democrazia, che a sua volta è nata abbattendo i regimi monarchici, dove il potere politico veniva assegnato per discendenza e non per consenso. Qui emerge il carattere comune tra monarchie e famiglie dominanti del latifondo: il collante della ereditarietà nel dominio di classe tiene insieme i due elementi. Sono caste inutili e crudeli, dedite al saccheggio delle risorse pubbliche da trasformare in beni privati e governano per procura dei loro padroni ai quali riconoscono royalties strategiche in cambio di protezione. Sono dominanti all’interno ma dominate dall’esterno.

 

Vincerà chi avrà i voti

Il Nicaragua sandinista ha dato ampie e profonde dimostrazioni di democrazia e continuerà a darne. Indifferente alle manovre di basso carotaggio politico, interne come internazionali, la scadenza elettorale del 7 Novembre è pietra miliare della istituzionalità del Paese. E’ staccionata non scavalcabile da nessun complotto golpista, da nessuna ingerenza, nemmeno quelle esercitate “in buona fede”.

Non si potrà trasformare il voto da festa civica della volontà popolare in una operazione politico-militare che ne sovverta il risultato. Non c’è presunzione di geopolitica, illusione di strategia regionale, ubriacatura di egocentrismo politico continentale che tenga. Si adeguino tutti e si rilassino anche i nuovi profeti del modello statunitense redatto in elegante castellano. Voteranno i nicaraguensi e voteranno per il Nicaragua, indifferenti ad ogni ingerenza ed indisposti verso ogni intromissione.

Il voto degli ultimi 14 anni ha permesso al Nicaragua di scalare gradini importanti nella sua modernizzazione e non saranno le pretese imperiali di imporre sottomissione ed obbedienza a temperare quelle matite che sanno già dove votare per continuare a crescere, per sentire la comunione tra la propria terra e il proprio destino, per veder realizzato anche più di quello che si era mai immaginato. Il sandinismo fa volare i pensieri e fa atterrare i sogni.