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MANAGUA. Di sinistra da giovane e ora vecchi di destra? Si dice sia un attitudine quasi inevitabile essere rivoluzionari da giovani e diventare di destra invecchiando. Non ci credo. Ciò annida solo negli opportunisti incalliti, che si comportano così secondo le circostanze. Non sono i principi né i valori che forgiano la coscienza di ognuno, la bussola che li orienta. Quasi sempre giustificano le proprie azioni con il trito e ritrito refrain che bisogna essere pragmatici.

 

Ce ne sono in abbondanza di quanti e quante si sono arricchiti in forma smisurata, non per il proprio onorato lavoro giacché questo non genera mai ricchezza, quanto piuttosto per le loro grandi capacità di appropriarsi di beni dello Stato; per sistemarsi nel bilancio pubblico in distinti incarichi negli anni 90 e per fondare associazioni senza fini di lucro la cui gestione fraudolenta gli ha procurato dei buoni utili. Quando non ci furono più possibilità di maggiore ricchezza, poco a poco si allinearono sulla parte opposta. Hanno continuato così ricevendo i loro bei dollari, facendo l'unica cosa che hanno sempre potuto fare.

 

Con una retorica da pseudo-sinistra e con abbondanti finanziamenti esterni hanno viaggiato dappertutto in vari forum mondiali; hanno menato vanto delle loro intime relazioni con alcuni leader latinoamericani considerati di sinistra e dal 2007 – o forse da prima – nei loro molteplici viaggi denunciano l'esistenza in Nicaragua di una dittatura secondo la loro incapacità per definire meglio la situazione.

 

Non era passato neanche un giorno che l'attuale governo si fosse insediato, che gli avevano già affibbiato il marchio di “dittatura”. Tutto questo – sicuramente in modo consapevole – gli è ampiamente servito per mettersi sul mercato e offrirsi come una buona pedina al servizio dei poteri imperiali. Opporsi visceralmente al canale è stata la consacrazione di una posizione che è passata dalla dissidenza alla più accanita e irascibile opposizione, in combutta con i contras, con somozisti e con la destra più reazionaria e pro-imperialista del Nicaragua.

 

Con lo slogan “no ai cinesi” - che hanno sempre gridato incompleto perché in realtà sarebbe “no ai cinesi, sì ai gringos” - hanno cercato il sostegno di settori sociali e territori della contra, tradizionalmente antisandinisti, e hanno iniziato una escalation di attacchi al governo maggiormente organizzata – posto che contavano con la base sociale che chiunque e per qualsiasi motivo può mobilitare contro il il governo sandinista – e con maggiori risorse fornite dagli Stati Uniti, che si oppongono ferocemente alla costruzione di un canale interoceanico alternativo a quello di Panama e si oppongono anche a qualsivoglia governo che non sia sottomesso ai suoi proposito egemonici.

 

Da allora abbiamo visto le stesse vecchie facce, che si precipitano ad accaparrarsi una telecamera in ogni problema - reale o artificiale - che si vive nel nostro paese. Così abbiamo visto gli stessi personaggi negli scontri della Miniera La India, nella Riserva dell'Indio Maiz e, ovviamente, in occasione della Legge di Riforma dellINSS. Sono i primi ad apparire dando dichiarazioni e impadronendosi della leadership in ogni conflitto.

 

Questa assurda e malata onnipresenza frustra qualsiasi tipo di partecipazione di persone in buona fede che possano avere interesse nella ricerca di soluzioni alle nostre difficoltà e frena la nascita di una leadership popolare autonoma e indipendente dal capitale pro-imperialista e nostalgico, includendo quello somozista, che essi stessi rappresentano.

 

Sono figure logore e squalificate non solo per la loro mancanza di carisma, di legame con i problemi reali e quotidiani del popolo e per una sconcertante assenza di credibilità, quanto anche per un discorso obsoleto – e che non calza con le loro attività pro-imperialiste – nel quale mescolano una retorica falsamente di sinistra, con slogan e canzoni create dal popolo nel fragore della lotta antisomozista, anticapitalista e antimperialista.

 

Mentre vanno a braccetto con Ileana Ros-Lehtinen, con Marco Rubio, con Luis Flay, con Eduardo Montalegre e utilizzano La Prensa come loro portavoce, che interpreta lo stesso ruolo che ebbe El Mercurio contro Allende, intonano - senza nessun appoggio popolare - “el pueblo unido jamás será vencido” o gridano “que se rinda tu madre”, una frase che è un paradigma della purezza e coerenza rivoluzionaria e che Leonel Rugama gridò in faccia al tiranno Somoza, l'ultimo marine che lasciarono in Nicaragua gli yankees, dopo aver assassinato Sandino.

 

Nessuno che sia al servizio dei gringos, che abbia richiesto sanzioni contro il Nicaragua o che lanci insulti contro il Venezuela, ha l'autorità morale per intonare le nostre canzoni, ancora meno per farsi chiamare sandinisti. L'antimperialismo è consustanziale al sandinismo. Quindi se una volta lo furono, ora chiaramente non lo sono.

 

Si definiscono anti-governo, in realtà però sono antisandinisti perché altrimenti come si spiega che ricorrano agli USA supplicando sanzioni contro la nostra patria sotto lo slogan “Nicaragua dice basta sandinisti”? O che vituperino la bandiera rojinegra, la calpestino e la odino quando è la bandiera di Sandino, la stessa che Carlos Fonseca recuperò per l'FSLN?

 

Tutta questa gente si è persa per strada ed è andata ad aumentare le lunghe liste di transfughi allineati all'imperialismo. Da Joaquin Villalobos fino a Michelle Bachelet. Hanno navigato con la bandierina di sinistra per coronare infine lo zenit della loro storia con la odiata bandiera a stelle e strisce. Una fine triste per una vita che avrebbe potuto concludersi in maniera gloriosa, e non - come dice Tomás Eloy Martinez - che potendo essere tutto, stanno finendo nel nulla.

 

Giornalista e militante dell'FSLN