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Le cronache di Oltremanica dicono che la Corte Suprema britannica ha bocciato il provvedimento del governo di sua maestà che prevedeva la deportazione in Ruanda degli immigrati, provenienti dall’Albania come dall’Africa. L’assenza di garanzie sulla destinazione finale e sul trattamento hanno spinto l’organo della magistratura britannica a bloccare la legge del miliardario figlio di immigrati, Sunak.

Al di qua della Manica, l’Italia si avvia a gestire la questione migranti con l’allocazione forzata degli stessi in Albania; non proprio una patria del Diritto e non certo uno Stato che si erge sulla legalità, vista l’influenza nefasta di narcos e contrabbandieri sul sistema-paese. Peraltro, buona parte degli albanesi ritengono che questa operazione sia dannosa sia per il turismo – grazie al quale l’Albania sta tentando di trasformarsi in un polo di richiamo per i flussi del Mediterraneo e dell’Adriatico in particolare – che per i precedenti storici all’influenza ingombrante dell’Italia sul suo sistema politico.

 

La Meloni, nel chiaro intento di sviare l’attenzione della popolazione e dei media dalle sue ripetute figuracce in politica, nella vita privata e al telefono, e soprattutto per tentare di occultare la manovra finanziaria che colpisce tutte le categorie deboli a favore dei più ricchi, con l'obiettivo di ricompattare ideologicamente i suoi e sottrarre voti a lega e Forza Italia, ha avuto l’ideona di proporre una sorta di flusso navale di migranti tra Roma e Tirana.

Si parla di 3000 persone al mese, cento al giorno di media. Un traffico impossibile da realizzare per l’incompatibilità delle procedure previste dalle leggi italiane ed internazionali, estremamente costoso sul piano dell’eventuale realizzazione pratica e infinitamente problematico sotto il profilo organizzativo, necessitandosi almeno 18.000 agenti di polizia per i tremila migranti da sorvegliare e da rimpatriare come ipotizzato a regime. Da ultimo, ininfluente per volumi rispetto alla movimentazione annuale che si genera dall’Africa all’Europa via Italia.

La ducetta tascabile vuole intestarsi la sua personale Guantanamo in sedicesimo con un accordo impossibile de applicare, peraltro foriero di condanne immediate per la violazione del Diritto del Patto Mondiale per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare (GCM, che è un accordo intergovernativo, preparato sotto gli auspici delle Nazioni Unite). Si tratta di un articolato che si propone di coprire tutte le dimensioni della migrazione internazionale e che si fonda su alcuni pilastri quali la protezione internazionale del diritto alla mobilità e il Diritto d’asilo.

Cosa comporterà questo accordicchio è questione variabile: per la Meloni saranno centri per il rimpatrio, quindi CPR, ma secondo Piantedosi (che fa, ahinoi, il Ministro dell’Interno) “non saranno dei CPR”, mentre per Edi Rama, il premier albanese, “nei centri ci saranno solo richiedenti asilo”. Insomma questo pasticcio nasce sotto le classiche forme di tutto quello che fa la Meloni: contraddirsi tra i diversi capoversi, negare dopo quanto si è affermato prima, speculare sul lato qualunquista del senso comune per ottenere qualche ricavo politico. Sulla pelle dei più svantaggiati, come d’abitudine.

Politico, invece, è il prezzo da pagare, oltre ai costi di gestione di tale operazione e riguarda il sostegno di Roma all’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea. Ingresso già in qualche modo previsto per il 2026, quando secondo Bruxelles dovrebbe concretizzarsi l’ulteriore allargamento ad Est della UE, con Ucraina e Moldavia in lista d’attesa. L’Italia si impegnerà però nel sostenere una sorta di corridoio preferenziale per Tirana, come compenso politico all’assunzione dell’operazione di deportazione dei migranti, utile al governo per presentarsi agli elettori raccontando di aver sconfitto l’immigrazione clandestina.

Gli scafisti, che Meloni aveva giurato di inseguire su tutto il globo terraqueo, potranno stare tranquilli; l’Albania, in fondo, promette nuove rotte verso l’Europa da sommare a quelle che da Sud a Nord tagliano in verticale l’Italia. Difficile quindi pensare una operazione più improbabile di questa, concepita con un mix di propaganda spicciola a spese degli ultimi e di odio razziale, pedigree di questa destra italiana impresentabile e cialtrona come poche al mondo.

L’aspetto esilarante di questa buffonata xenofoba è che la sua genesi rimonta al colloquio tra la Meloni e il Premier britannico Sunak, (un altro fascista travestito da conservatore) il quale solo pochi mesi orsono ha deciso che il Ruanda poteva “ospitare” i migranti in eccesso per Sua Maestà. Il fatto che, ad oggi, nemmeno uno sia stato deportato, si deve all’attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, che si attendeva avrebbe fermato il provvedimento, vista la fallacia totale di un’idea nata già deformata di illegalità e fattibilità al tempo stesso. Così è stato, l’Alta Corte ha bocciato.

Siamo insomma di fronte ad una destra squinternata e pericolosa, priva di ogni capacità di governo ed incapace anche di scrivere un provvedimento legislativo o normativo senza incorrere in strafalcioni lessicali e giuridici. Del resto, quando la compagine governativa è in mano ad una famiglia che esibisce senza pudore l’ignoranza crassa, la estrema banalità dell’eloquio e del ragionamento che lo ispira, la tendenza a cercare risposte banali a problemi complessi diventa stile di governo. C’è poi un aspetto grottesco, come in tutte le iniziative della Meloni, e cioè che la Gran Bretagna vuole inviare i migranti albanesi in Ruanda mentre la ducetta vorrebbe inviare gli africani in Albania.

Ormai la ducetta tascabile è a Palazzo Chigi solo per svolgere la mansione di vendicatrice della marginalità patita dal neofascismo fino al 1994, quando Berlusconi lo sdoganò. Lo fa proibendo e reprimendo, oltre che mentendo ad ogni dichiarazione ed esternando il suo rancore. Aver smentito tutto quello che ha detto e promesso prima di salire a Palazzo Chigi, pensare di trasformare un 26% di coalizione con il 100% dei consensi a lei e al suo partito familiare è però una pia illusione dalla quale si sveglierà presto cadendo dal letto. I sondaggi ne disegnano già il declino.

Che poi l’idea non fosse stata condivisa nel Consiglio dei Ministri indica il grado di fiducia che nutre verso il resto degli alleati e misura meglio di ogni finta dichiarazione lo stato di salute dell’alleanza, ormai in una prospettiva di cannibalizzazione più che di espansione verso il centro. Ma anche per ribadire il comando su essa, in una evidente esibizione di cesarismo bonsai, parla con i comici al telefono ma tace con il suo governo e con il Parlamento.

Il centro sinistra, che dovrebbe fare l’opposizione, si caratterizza per spaesamento e pigrizia. Quando avrà compreso come l’alleanza tra PD e M5S sia tema non rinviabile per il bene del Paese e che l’opposizione al livello più duro possibile sia la sola strada politica e parlamentare che ha davanti per contrastare il cesarismo rancoroso della presidente, allora la luna di miele, già finita da tempo, si trasformerà nella pratica per il definitivo divorzio dell’Italia da questa destra oscena ed incapace.