Stampa
di Alessandro Iacuelli

La notizia è di quelle che non dovrebbero passare inosservate. Le parole del cardinale Raffaele Martino non danno luogo ad equivoci: "Come membro dell’Aiea, la Santa Sede aderisce ai programmi per l’uso pacifico dell’energia atomica". Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, continua affermando che "la deterrenza non può continuare all’infinito; si può accettare che scoraggi, ma se si continua questo non è più accettabile", senza citare però esplicitamente né il caso dell’Iran né quello della Corea del Nord. "Quando ero osservatore vaticano alle Nazioni Unite", ha ricordato il cardinale, "non ho fatto che sbraitare, raccomandando che le armi nucleari non dovevano essere portate nel nuovo millennio”. Rispondendo alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio per la Giornata della Pace, Martino ha poi rilevato che "recentemete la Russia ha deciso di smantellare le testate nucleari insieme agli Stati Uniti, resta però l’energia che potrebbe essere usata o venduta per le centrali termiche". Secondo Martino, "la questione dell’energia alternativa deve preoccupare il mondo intero perché le fonti non sono eterne". Eppure, vista l'attività presso le Nazioni Unite, Martino certamente sa bene che la filiera di produzione nucleare è unica: non c'è alcuna reale distinzione industriale tra la produzione di materiale fissile ad uso civile e quella ad uso militare.
Nonostante questo, in una fase storica nella quale il mondo è diviso in due, tra Paesi che rinunciano all'uso del nucleare - Spagna in testa - e Paesi dove si cerca di introdurla - come l'Italia - il Vaticano prende una posizione netta, a favore di una produzione energetica, anche prescindendo dal possibile uso militare, che non costituisce un ciclo chiuso, che lascia scorie per le quali non sono state ancora trovate soluzioni adeguate di smaltimento. Potrebbe risultare strano, in questo particolare momento caratterizzato da tensioni riguardanti il nucleare sparse su tutto il pianeta, che la Santa Sede prenda posizione in tal senso.

A prescindere dai rischi di incidenti negli impianti civili, c’è sempre da ricordare che ogni produttore di nucleare ad uso civile è anche produttore di nucleare militare, e basterebbe un conflitto nucleare di piccola scala per danneggiare il clima globale per almeno dieci anni, provocando effetti ambientali devastanti per ognuno di noi.
A paventare questo scenario sono stati gli scienziati del Centro di previsione ambientale degli Stati Uniti. Il direttore dell’istituto Alan Rebock, insieme ad alcuni colleghi, ha prodotto una serie di simulazioni al computer osservando le potenzialità di uno scontro nucleare tra due Paesi presenti nella stessa regione, ad esempio tra India e Pakistan. Se entrambi dovessero impiegare 50 bombe nucleari ai danni delle città dell’altro Paese, si genererebbe una quantità di fumi e scorie tale da causare un crollo della temperatura di 1,25 gradi non solo in Asia, ma anche in America del Nord e in Europa.

Anche al di là degli scenari militari, restano aperti mille interrogativi sull'uso civile dell'energia nucleare. E non appare casuale che la dichiarazione del cardinale sia avvenuta a conclusione di un seminario internazionale, che il Consiglio di cui è presidente ha convocato in collaborazione con l’ambasciata dell’Ucraina nel ventennale dell’esplosione di Chernobyl.
A 20 anni dal più grave incidente nucleare della storia, forse migliaia di persone, compresa la galassia dell’associazionismo cattolico di base, si sarebbero aspettate una dichiarazione diversa.
A chi gli chiede come mai un esponente vaticano si pronunci a favore del nucleare proprio a vent’anni da quella tragedia, il cardinale risponde che la Santa Sede è stata sempre favorevole al nucleare civile e ricorda che essa fu nel 1957 tra i fondatori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA). In particolare Martino rimanda al paragrafo 470 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, che sulla questione energetica invita la comunità scientifica a "continuare nel triplice impegno di identificare nuove fonti energetiche, sviluppare quelle alternative ed elevare i livelli di sicurezza dell’energia nucleare".

Nelle conclusioni del Seminario, il cardinale ha esortato la Comunità internazionale a fornire un aiuto concreto all’Ucraina, auspicando anche "un approccio non ideologico al tema dell’energia nucleare per uso civile". "Non ideologico", ha spiegato, nel senso di "pragmatico, non guidato da preconcetti pro o contro", e tenendo conto anche della crisi energetica.
Pur rimanendo su un piano pragmatico, e non ideologico, il nucleare ad uso civile lascia aperti mille interrogativi: non solo per quanto riguarda le scorie radioattive, ma anche - se non soprattutto - circa la sicurezza degli impianti. Argomenti sui quali, si spera, il cardinale vorrà documentarsi.

Testi correlati:
- Dossier L’energia nucleare ad uso civile in Italia