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di Elena G. Polidori

Minacce. Vere, reali. Tanto forti e decise da far sembrare tutte le pressioni esercitate in precedenza dal Vaticano sulle scelte etiche del governo italiano solo esercizi dialettici e prese di posizione puramente simboliche. Il quotidiano della Cei, L'Avvenire, alla vigilia di un dibattito politico forse risolutivo sulla questione dei Pacs e incentrato sulle aperture contenute nel ddl Bindi-Pollastrini, ha gettato alle ortiche ogni residuale prudenza e ha posto un veto assoluto al varo della legge. Parole dure, nette, dal sapore dell'avvertimento pesante e in odore di ricatto. Se, in buona sostanza, il governo decidesse di scegliere una formula più aperta di un'altra, nella definizione delle coppie di fatto, questo non potrà che rappresentare uno spartiacque “che inevitabilmente – si legge nel fondo firmato dal direttore della testata, Dino Boffo – peserà sul futuro della politica italiana”. E, quasi a voler ritrovare le antiche radici di un potere di interdizione a cui la Chiesa non ha mai rinunciato e che oggi supera ogni limite di decenza, il quotidiano dei vescovi ha rispolverato una frase latina con cui Pio IX respinse con risolutezza ogni possibile mediazione con lo Stato unitario dopo la breccia di Porta Pia: non possumus. Così disse l'ultimo Papa Re che considerava l'unificazione dell'Italia un'usurpazione di territori e di potere. Oggi lo ripetono con forza i vescovi che vedono nei Pacs un atto di uguale sostanza, inaccettabile al pari di allora per chi pretende di continuare a dettare l'agenda politica del Paese e vede nella laicità dello Stato un nemico da abbattere.

E' una fotografia grottesca quella che rimanda all'immagine della Chiesa di oggi, decisa a voler aprire con forza un fronte religioso nella battaglia politica italiana. E' la prima volta in assoluto nella storia recente, un inedito preoccupante: la Chiesa che getta la maschera e si fa partito, diventa area politica di riferimento perchè considera inaffidabili, ai propri fini egemonici, anche quei parlamentari Teodem che non appena eletti hanno derubricato ogni dignità di mandato elettorale al servilismo più indecente: troppo pochi e inaffidabili per garantire, come un tempo la Democrazia Cristiana, quella sponda capace di tenere politicamente a freno il sopravvento della laicità dello Stato sui valori di riferimento cristiani. Così, la Chiesa ha deciso di scendere autonomamente in campo, minacciando direttamente il governo e ponendolo davanti a un bivio: se Prodi, insomma, si azzarda a varare la legge sulle coppie di fatto, sarà guerra totale. Come non è dato sapere, ma lo si può facilmente immaginare. E per una maggioranza così precaria e vessata dai continui tentativi di cambiamento di assetti, anche le farneticanti parole del cardinal Poletto di Torino sulla comprovata influenza del “diavolo” nella legislatura possono creare fibrillazione e far emergere timori di un ben altro inferno.

Dovrebbe essere il contrario. Malgrado i numeri, i trasformismi di alcuni e le fragilità di molti altri, il governo Prodi e la maggioranza che lo sostiene dovrebbero rispondere a questa offensiva cattolica con una sferzata di dignità e di orgoglio laico, costringendo prima di tutto i propri parlamentari di centro ad uscire dall'ambiguità e dichiarare (a partire da Rutelli) a quale sovranità si riferiscono, se a quella delle sacrestie o a quella scolpita nella Costituzione. Sarebbe un primo passo per cominciare a uscire dalle nebbie dei veti e dei ricatti incrociati, dall'essere ostaggio quotidiano dei poteri forti su ogni seppur minima scelta; da Confindustria sull'economia, dagli Americani sulla politica estera, dal Vaticano – appunto – sulle scelte etiche e sociali. Invece, è caduta nel vuoto la rivendicazione, da parte del Premier, dell'autonomia del governo e della maggioranza da pressioni esterne, soprattutto sui temi che riguardano i diritti delle persone: Mastella e i Teodem, fedeli sempre più alla Chiesa che alla Costituzione della Repubblica, hanno già annunciato il loro “no” deciso a qualsivoglia legge che certifichi l'esistenza di un'unione familiare diversa da quella sancita dal matrimonio. Val la pena di ricordare sia a Mastella che a Rutelli il loro recente giuramento da ministro o addirittura da Vicepresidente del Consiglio su una Costituzione che in alcun modo riconosce il primato etico dello Stato Vaticano a fronte, invece, di un richiamo forte alla sovranità del popolo. Un dettaglio non da poco che l'ala "moderata" della Margherita, guidata da Dario Franceschini, ha voluto ribadire con forza prendendo le distanze dall'oltranzismo Teodem: "Riconosciamo la libertà della Chiesa - si legge in un documento firmato da 60 parlamentari - ma chiediamo che non si metta in dubbio la laicità delle istituzioni e la nostra responsabilità di essere i legislatori di tutti".

I Pacs, dunque, diventano un banco di prova più alto rispetto ad altre emergenze che questo governo è chiamato a superare. E non perché la politica estera o quella economica siano aspetti secondari, tutt’altro: ma perché lo sviluppo e la modernizzazione di un paese non può non tener conto delle libertà collettive, che mai come ora risultano la somma di tutte le libertà individuali. La posta in gioco è la natura dello Stato e la conseguente o meno libertà dei cittadini. Se nella politica estera o in quella economica le ricette e gli schieramenti possono giustificarsi con le culture politiche di riferimento, sul terreno dei diritti civili la scelta è solo tra libertà o divieti, premessa fondamentale del dibattito tra tutte le culture. Per questo le pressioni vaticane, reazionarie ed inaccettabili, vanno respinte con forza.

E' in gioco la sovranità dello Stato e la sua libertà legislativa rispetto alle richieste pressanti di cambiamento che arrivano dalla società civile. Alle anime profondamente laiche della sinistra italiana non dovrebbe sfuggire questa classifica di priorità. Che dovrebbe imporre, prima di altro, una compattezza granitica per rispondere con forza all'offensiva di chi tenta di affermare i propri valori come validi per tutti e per legge; ne va della crescita culturale del paese, della qualità dei diritti dei cittadini. E della dignità laica delle istituzioni, una priorità assoluta che ognuno, in questo momento, è chiamato a fare la propria parte per difendere con convinzione. Soprattutto a sinistra.