Stampa

La campagna elettorale durerà pochissimo e non sarà seguita praticamente da nessuno, perché per la prima volta nella storia della Repubblica sarà balneare. Purtroppo, a questo dato di fatto si sommano altre due circostanze che non lasciano ben sperare: primo, dopo il voto del 25 aprile il numero dei parlamentari sarà dimezzato, in virtù della sciagurata riforma costituzionale tanto voluta dal Movimento 5 Stelle (che ne patirà le conseguenze più di molti altri); secondo, abbiamo in vigore una legge elettorale raccapricciante, che praticamente obbliga i partiti a riunirsi in coalizioni per non essere spazzati via nei collegi uninominali, con cui si assegnano un terzo dei seggi.

Ora, in questo scenario, bisogna fare i conti con i sondaggi, che potranno anche essere scarsamente attendibili – sia perché spesso vengono commissionati da parti interessate, sia perché negli anni hanno dimostrato di non azzeccarci quasi mai – ma sono anche l’unico strumento a disposizione per provare a fare qualche ragionamento.

 

La rilevazione più allarmante è sicuramente quella dell’Istituto Cattaneo, secondo cui il centrodestra può conquistare oltre i due terzi dei 221 collegi uninominali di Camera e Senato. Se andasse davvero così e anche nel proporzionale Meloni & Co. stravincessero, potrebbe prendere consistenza l’incubo di un centrodestra capace di fagocitare oltre due terzi dei seggi e quindi potenzialmente in grado di modificare la Costituzione senza nemmeno il bisogno di passare per il referendum confermativo. Distopia orwelliana e irrealizzabile? Forse. Ma la situazione in cui si muovono adesso i partiti è del tutto inedita e pensare di prevedere il futuro sulla base delle esperienze passate rischia di rivelarsi un errore fatale.

A essere onesti, tutto lascia intendere che il centrodestra vincerà, ma il punto è capire con quale margine. E non solo per evitare blitz costituzionali tragici (ve li immaginate Meloni e Salvini che ci trasformano in una Repubblica Presidenziale?), ma anche perché un conto è governare con il 51, il 52, il 53% dei seggi, un contro è poter contare su margini superiori. La differenza si farebbe sentire anche sul Quirinale, che – sapendo di doversi scontrare con una maggioranza che non conosce incertezze – potrebbe avere più imbarazzo e difficoltà a rinviare alle Camere eventuali porcherie legislative.

La speranza di evitare tutto questo c’è, perché, sempre sondaggi alla mano, almeno 50 collegi uninominali sarebbero contendibili. Ora il problema è: contendibili da chi? Dopo aver perso anni a inseguire inutilmente (e senza convinzione) il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico si ritrova al centro di una coalizione senza identità e costellata da partiti quasi subatomici. Per fortuna, i dem sembrano aver compreso la necessità di abbandonare Matteo Renzi al proprio destino, perché farebbe perdere molti più voti di quanti ne porterebbe (e Italia Viva rischia di non superare la soglia di sbarramento al 3% prevista per le liste singole).

Più senso potrebbe avere l’alleanza con Calenda, che a livello politico non si discosta praticamente in nulla da Renzi (di cui è stato ministro), ma perlomeno risulta meno insopportabile alle masse, soprattutto a quelle ricche e di centrodestra che non vogliono votare i fasciobifolchi. Il guaio è che il leader di Azione, dopo aver imbarcato da Forza Italia due statiste come Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, ora fa il difficile sulle alleanze, perché non vuole essere accomunato a ex pentastellati come Crippa e D’Incà o a gente spaventosamente non di destra tipo Fratoianni.

La soluzione potrebbe essere semplice, ovvero candidare gli eretici nel proporzionale, dove i listini di ciascun partito sono ben distinti e separati, al contrario di quanto accade nei collegi uninominali, dove c’è un unico nome a rappresentare l’intera coalizione.

Basterà per formare una pattuglia capace, se non di vincere, quantomeno di perdere con un margine ridotto? Non è detto. Anche perché il Pd ancora non ha capito che le campagne elettorali non si vincono lanciando slogan generici tipo “lavoro”, “ambiente” e “diritti civili”, ma promettendo misure concrete tipo la “pace fiscale”, “quota 41 per le pensioni” o l’assunzione di “10mila poliziotti”. Purtroppo, invece, a destra questo concetto lo hanno capito.