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di Cinzia Frassi

Dopo l'inchiesta sull'applicazione della legge 194, l'attenzione per il lavoro dei consultori, la proposta di aprirli ai volontari del movimento per la vita, le regolari dichiarazioni del Cardinal Ruini, ora il campo di battaglia sulla Ru486 si è spostato in Toscana.
Il fronte sta proprio lì, dove da tre mesi è possibile procedere all'interruzione di gravidanza evitando l'intervento chirurgico e ricorrendo all'assunzione della Ru486, che la Regione Toscana acquista da una società francese, la Excelgyn, in forza del decreto 11 febbraio 1997 che consente di importare farmaci non autorizzati in Italia. Per non seguire la strada della sperimentazione battuta dalla regione Piemonte, la Toscana non ha fatto altro che applicare il decreto ministeriale 11 febbraio 1997, secondo il quale un farmaco approvato dall'Emea, Agenzia europea dei medicinali, può essere prescritto anche se non commercializzato in Italia, a condizione che ci sia una prescrizione specifica per ogni paziente e che l'acquisto sia comunicato al ministero competente

L'Assessore alla salute della regione Toscana Enrico Rossi si trova in prima linea su quel fronte già dagli inizi di novembre, quando nell'ospedale Lotti di Pontedera, in provincia di Pisa, venne eseguita la prima interruzione volontaria di gravidanza mediante l'utilizzo della pillola incriminata.
Va aggiunto che nella successiva fornitura richiesta alla ditta francese qualcosa non funzionò.
La consegna giunse misteriosamente troppo tardi all'ospedale di Pontedrera e 4 donne dovettero sottoporsi ad intervento chirurgico per interrompere la gravidanza, avendo ormai superato il termine oltre il quale non è più possibile somministrare l'Ru486.

Modificando il decreto riguardante l'importazione dei farmaci non registrati in Italia, il ministro Storace renderà molto difficile l'arrivo della Ru486, piegando così al suo volere la regione presa di mira, l'unica in Italia ad importare il farmaco.
Storace ha dichiarato che "è in animo del ministero valutare una modifica del decreto dell'11 febbraio 1997 (sull'importazione di medicinali registrati all'estero) per specificare gli ambiti dell'acquisto di farmaci attraverso idonee motivazioni, sulla base di valide considerazioni tecniche e scientifiche"".

Al ministro Storace, che definisce la pillola Ru486 "un incentivo all'aborto" ed etichetta la Regione Toscana come "la regina dell'incentivo all'aborto", risponde l'assessore che sottolinea invece di aver sempre lavorato nel rispetto della legge e con i dati sull'IVG: nel 2004 sono state eseguite 523 interruzioni di gravidanza e l´anno scorso 511, comprese le 31 con la Ru486, mentre dal 1980 in poi gli aborti sono diminuiti del 50%.

Ferma è anche la risposta al ministro del primario del reparto di ginecologia dell'ospedale Lotti di Pontedrera, dottor Srebot, che a quanto pare non è disposto ad arrendersi e vuole andare avanti "nel rispetto delle regole per garantire il meglio alle nostre pazienti".

"Il meglio alle nostre pazienti". Il terreno su cui confrontarsi potrebbe dunque essere proprio la salute delle donne e l'opportunità di scongiurare un intervento chirurgico mediante la possibilità offerta dalla pillola Ru486, scelta peraltro già fatta da numerosi stati europei come Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia e da Svizzera e Stati Uniti. Possibile che in tutti questi paesi si incentivi l'aborto?

Tuttavia, la Ru486, la 194 e l'interruzione volontaria di gravidanza e, più in generale, l'autodeterminazione delle donne, si trovano in realtà su un terreno di scontro ben più ampio: la laicità dello stato e le spinte autoritarie ecclesiastiche impegnate "in difesa della vita" e su qualsiasi tema di natura morale ed etica.
Basti il fatto che l'affermazione nell'enciclica di Papa Benedetto XIV "Deus caritas est" per cui "la Chiesa non deve fare politica" di pochi giorni fa, debba essere interpretata alla luce di quanto dichiarato oggi dal Vaticano, che invita "i cristiani a valutare i programmi di chi li governa in base al criterio della giustizia, della promozione dei valori cristiani e umani, e di quelli religiosi".
Questo, appunto, perché il Vaticano "non deve fare politica"…