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di mazzetta

Non sappiamo se il senatore della maggioranza, Emilio Colombo abbia votato il decreto sulle Olimpiadi nel quale il Polo ha infilato illecitamente anche una nuova legislazione sulle droghe, o se in seguito all’entrata in vigore della legge eviterà di chiedere ancora ai finanzieri della sua scorta di procurargli la cocaina della quale risultò appassionato consumatore, sapendo che farà loro rischiare la carriera e da 6 a 20 anni di prigione; oppure ancora se in un soprassalto di coerenza si sia dato assente. Non sappiamo neanche chi abbia materialmente redatto gli articoli dell’allegato di 22 pagine che definisce cosa sono le droghe proibite, come dovranno essere trattati gli spacciatori e i consumatori, anche se si mormora che il capolavoro giuridico sia nato all’ombra di Alleanza Nazionale. Le uniche cose che si possono affermare con certezza sono che il relatore abbia poca dimestichezza con codici e codicilli; che sicuramente fosse animato da un forte desiderio di scrivere una legge che mostrasse che il suo partito ha gli attributi necessari a trattare i “drogati”, come vorrebbe la parte più retrograda e ignorante del paese; che, in compagnia di quanti hanno votato, non passerà alla manualistica della giurisprudenza Sorvolando per un attimo la totale assenza di logica nell’equiparare la cannabis all’eroina e la genialità di prevedere punizioni per i consumatori mentre si diminuiscono le pene per gli spacciatori, quello che colpisce nella formulazione della legge è che si rivolga inequivocabilmente a sostanze finora escluse dal dibattito e dalle leggi sulla “droga”, non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo. Dice il decreto approvato che, oltre a quelle citate esplicitamente, è illegale: «Ogni altra pianta i cui principi attivi possono provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale». Di queste piante "é vietata nel territorio dello Stato la coltivazione". Sempre per stare sul sicuro, inoltre, è stato messo nero su bianco che è vietata “ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica”. Se le parole al tempo del Polo hanno ancora il senso che ciascuno di noi ha appreso a scuola, o che può controllare su un comune dizionario, questo vuol dire che molte sostanze psicoattive e molte piante saranno vietate alla stregua della cannabis e dei papaveri e che numerose sostanze in commercio, capaci di produrre effetti sul sistema nervoso centrale e di dare dipendenza, saranno messe fuori legge. Sostanze con queste proprietà ce ne sono molte in commercio, dai principi attivi di molti farmaci alla nicotina, come sono numerose le piante dalle quali trarre sostanze che danno gli effetti sanzionati: dal caffé, al the, alle diverse piante officinali, alla noce moscata, per finire con l’uva. Sicuramente le sostanze che più si riconoscono palesemente nella definizione di legge sono le bevande alcoliche, tanto che il signor Giovanni Greco, vicepresidente della Società Italiana di Alcologia (Sia) e membro della Consulta nazionale sull'alcol ha affermato: "Se le cose stanno così, bisognerà rivedere tutta la normativa esistente sull'alcol". "In effetti - spiega - questa dicitura è adeguata a rappresentare l'alcol, che è una sostanza psicoattiva che può determinare fenomeni di astinenza, tolleranza e dipendenza". Poco importa che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi (Udc), affermi che "il delirio da disinformazione dell'opposizione è arrivato al punto di raccontare la balla clamorosa che il consumo di vino verrebbe in qualche modo proibito dalle nuove norme sulla tossicodipendenza". Giovanardi non fa testo, purtroppo, e la sua risposta è priva di credibilità e di ritegno, al pari di quella data in settimana all’interrogazione parlamentare che chiedeva perché il Presidente del Consiglio non abbia - mai- risposto alle interrogazioni parlamentari in diretta televisiva, come prescritto del regolamento. La sua risposta secondo la quale l’interrogazione sarebbe stata pretestuosa perché la stessa sinistra si lamenta dell’eccessiva presenza in televisione del premier in questi giorni, la dice lunga sulla levatura del personaggi, capace di confondere strumentalmente le esibizioni elettorali del cavaliere con i suoi doveri di governo. Solo una malferma cultura giuridica può infatti pensare che i magistrati, chiamati a giudicare sulla base dell’editto, possano fare riferimento alle “intenzioni” degli estensori della legge ed evadere la lettera della legge a piacimento. L’ampiezza e la genericità delle definizioni, probabilmente voluta per evitare che un elenco preciso potesse giocare a favore della fantasia dei produttori delle cosiddette “nuove droghe” sintetiche, o della riscoperta di altre piante con effetti psicoattive, non lascia scampo o dubbio alcuno. Non è un caso, infatti, che anche nelle precedenti leggi (compresa la 309/90, attualmente in vigore) le sostanze proibite venissero elencate una per una; a chi ha redatto quella legge non sfuggirono i pericoli di definizioni troppo vaghe ed estensive e gli inconvenienti non previsti che questa potevano generare. L’affermazione di Giovanardi, o quelle analoghe di parlamentari di Alleanza Nazionale, non sono integrazioni capaci di sortire effetti sul piano giudizio penale. Neppure le previste tabelle potranno porre rimedio a questa “svista”, visto che sono intese solamente a stabilire limiti “oggettivi” al possesso delle sostanze “tipiche” che separino il consumatore dallo spacciatore. Gli effetti dell’alcol sono noti, come è noto che produce effetti tipici quali la sindrome di astinenza, l’auto-rinforzo, la tolleranza, la dipendenza e l’intossicazione; senza considerare che gli “effetti sul sistema nervoso centrale” provocati dall’alcol, non solo sono notissimi, ma è altrettanto conosciuto che siano la causa di un numero enorme di incidenti stradali; fenomeni conosciuti e riconosciuti dal legislatore e dalla giurisprudenza, che infatti hanno previsto un limite all’assunzione bevande alcoliche prima di mettersi alla guida. Se all’entrata in vigore della legge, qualcuno si prenderà il disturbo di denunciare le aziende che producono, trasformano, distribuiscono e commercializzano bevande alcoliche, (come hanno già annunciato diversi paladini dell’anti-proibizionismo, decisi a far scoppiare il “bubbone”) il magistrato di turno avrà poca scelta. Non potrà giudicare infondata la denuncia, pena esporsi all’accusa di omissione, in quanto l’azione penale è obbligatoria. Non potrà invocare le tabelle che discriminano il consumo o la loro assenza, perché è evidente che un’attività commerciale non ha come fine il consumo personale del titolare d’azienda, ma la vendita, quindi lo spaccio, delle sostanze in questione. La circostanza logicamente esclude che i loro casi possano dipendere dalla pubblicazione delle tabelle. Allo stesso modo dovranno temere i coltivatori di piante proibite, dai viticoltori in giù; i titolari di bar, ristoranti, osterie, mense aziendali e tutti quei soggetti che nella loro attività vendono alcolici. E’ fin troppo chiaro che questo “errore” sia tale e non una svolta proibizionista ancora più epocale di quanto non fossero le intenzioni dichiarate. E’ altrettanto chiaro che un tale “errore” introduce nel nostro paese il proibizionismo per una serie molto vasta di piante e sostanze, ben più vasto e diffuso di quanto voluto dai fedeli di don Gelmini e del suo verbo antidroga. Allo stesso modo è chiaro che i parlamentari della maggioranza votano a scatola chiusa i provvedimenti proposti dalle segreterie dei partiti, senza darsi la pena di esercitare il dovuto controllo che rientra nei loro doveri. Quello che non è chiaro è come si potrà “rimediare” questa svista a camere chiuse per la sosta elettorale e come reagiranno tutti i soggetti che commerciano alcolici e uve alle prime denuncie; è comprensibile che per ora preferiscano mantenere un basso profilo. Hanno ottime ragioni: dalla difesa dell’immagine dei loro prodotti, che non godrebbero del paragone con le “droghe”, fino alla speranza che una pietosa “manina” riesca in qualche modo a rimediare prima che i nodi vengano al pettine e vengano chiamati nelle aule di giustizia ed imputati di spaccio di droga. Quello che resta, e resterà, è un’ennesima dimostrazione di imperizia tecnica dei legislatori polisti, troppo spesso spinti dalla necessità di varare leggi per trarne utilità politiche o personali, da non riuscire ad ascoltare i consigli di quanti hanno la capacità tecnica per evitare la creazione di mostri giuridici; una specialità del governo uscente, già capace di licenziare numerosi provvedimenti illogici e incostituzionali.