Confronto all'americana. Così era stato definito il dibattito di ieri sera
tra Prodi e Berlusconi.
La struttura della trasmissione era in qualche modo inedita: regole certe e valide
per entrambi, tempi fissi e risposte a domande dallo studio. Ci si aspettava di
più quanto a emozioni e da oggi diranno che era la formula a ridurre la
vis polemica, ma se l'adrenalina è mancata, difficilmente si potrà
dare la colpa al format televisivo.
L'esito del dibattito assegna comunque una promozione con sufficienza per Prodi
e un ben scarso risultato per un Berlusconi, più in sordina del solito.
Tutto questo in una trasmissione a tratti abbastanza interessante, a tratti decisamente
soporifera, con qualche responsabilità in questo caso anche da parte dei
due intervistatori - Napoletano del Messaggero e Sorgi de La Stampa.
Prodi ha ottenuto un discreto successo quando ha saputo guardare al futuro con
proposte concrete, sebbene sia ormai evidente la sua incapacità di sfruttare
a pieno regime il media televisivo, mentre Berlusconi è spesso apparso
tanto incapace di uscire dalle logiche della vis polemica con la sinistra e i
passati governi "ulivisti", quanto goffo nel tentativo di occultare
con una cascata di improbabili cifre il ben magro risultato del governo, che del
resto è sotto gli occhi di tutti.
E proprio sul finale è stato lo stesso Berlusconi a dichiararsi non soddisfatto
dall'incontro, uscendo abbastanza nero in volto.
Quindi, più che di una vittoria di Prodi, più che un k.o. sarebbe
più opportuno parlare di una performance di basso profilo del leader
della Casa Della Libertà, che ha implicitamente fatto risaltare quella
di un Prodi più a suo agio con le speciali regole stabilite per questo
tipo di confronto televisivo.
Risultato: dal volto del Cavaliere è scomparso il tradizionale sorriso
sardonico.
Lo scontro tanto atteso tra i due futuri premier è andato in onda in uno studio dai colori chiari, uniformati e asettici, con telecamere fisse sui volti dei due sfidanti, mentre un timer in basso a sinistra dello schermo scandiva i tempi concordati e firmati dalle due parti in causa: 30 secondi per le domande dei giornalisti, 2 minuti e 30 secondi per le risposte dei leaders.
Le domande, generiche ma valide per entrambi i contendenti, hanno riguardato
in particolare i temi economici e le riforme, sia attuate che da attuare. Praticamente
assente invece la politica estera.
Prodi ha ribadito la propria linea economica: riequilibrio del sistema delle
imposte andando a punire le rendite speculative e lotta contro la precarietà.
Inoltre è prevista una riduzione di cinque punti sul costo del lavoro
stabile. Si tratta di "un'etica del dovere", ha concluso il Professore
polemizzando con le colpevolezze del governo nel passaggio dalla Lira all'Euro.
Berlusconi ha ribattuto con il suo ben noto mantra: con l'Euro voluto da Prodi
un "governo liberale come il suo" non poteva fare nulla, mentre sulle
tasse la Cdl ha fatto molto buone cose, al contrario della sinistra che aveva
voluto l'Irap.
Sull'Immigrazione il Cavaliere ha rivendicato "con orgoglio" le politiche
attuate in merito e ha giustificato la legge sull' immigrazione i cui effetti,
almeno sul piano della programmazione e gestione dei flussi, si possono vedere
in questi giorni. Gestione che Prodi invece ha definito vergognosa per via delle
grandi file che ci sono e l'inefficienza dimostrata dal Governo anche in questo
caso.
Il Professore ha infine annunciato una nuova politica che sappia guardare ai
"diritti e ai doveri" degli immigrati, dei quali la nostra imprenditoria
ha bisogno, senza sfruttamenti di giorno e criminalizzazioni di notte, ma con
una giusta regolazione del fenomeno.
Sulle "grandi opere" Berlusconi ha saputo giocare bene con la eterogeneità
delle posizioni del centro-sinistra in merito alla questione Tav, mentre Prodi
ha delineato una politica di dialogo con le popolazioni locali, senza scontri
e strumentalizzazioni.
Infine il rappresentante del centro-sinistra ha sentenziato: "il governo
ha stanziato solo il 20% dei fondi previsti per le grandi opere
da loro
solo inaugurazioni".
Il capitolo "quote rosa" è stato invece il più drammatico
per Berlusconi, che ha giustificato la bocciatura delle quote con la difficoltà
per le donne, qui arcaicamente ritornate ad essere "signore" e "madri
di famiglia" impossibilitate a stare in Parlamento e insieme accudire i
loro pargoli.
Comunque Mr. B. ha assicurato che in futuro vi sarà una presenza più
significativa delle donne in politica.
Al contrario Prodi ha ribadito che le quote rosa, pur non essendo la soluzione
ottimale a questo annoso problema, al momento rappresentano - fuor di demagogia
- l'unico modo per rappresentare degnamente la presenza femminile nelle liste
dei partiti.
Ancora scontri tra i due sul conflitto d'interessi, che entrambi si sono rinfacciati:
la gigantesca trama di attività di Berlusconi da un lato (Mediaset, assicurazioni,
pubblicità edilizia, etc.) e le relazioni tra cooperative e giunte di
sinistra dall'altro, che Berlusconi, in un impeto di studiata confusione, assegna
al conflitto d'interessi senza che nulla abbiano a che vedere con questo.
Una delle ultime domande poste ha riguardato il rapporto con Confindustria
e sindacati.
Per Berlusconi i sindacati sono una "ruota della sinistra" e l'80%
degli scioperi fatti in questi anni non riguardavano vertenze contrattuali,
ma avevano motivi e necessità politiche.
Per Prodi invece l'Italia deve "riprendere la corsa" e lo potrà
fare soltanto incentivando la ricerca (in particolare le "scuole tecniche
del futuro") e riportando in auge le politiche concertative attraverso
il dialogo tra i vari settori sociali, prendendo poi le giuste scelte a livello
di Governo.
Infine, sulla politica estera, gli interventi si sono concentrati sul rischio
da evitare di una futura guerra contro l'Iran. Il Cavaliere pensa che Teheran
non si spingerà "troppo oltre" nella dotazione di armi atomiche
ed entrambi ritengono di dover fare di tutto per evitare un'ennesima guerra.
In conclusione, il primo scontro tra i due aspiranti premier è apparso
si molto "istituzionale" e privo dei soliti battibecchi, ma non ha
sciolto tutti i nodi come probabilmente il grande elettorato si attendeva.
Ma soprattutto il duello è stato molto probabilmente incapace di incidere
sulle future scelte di voto di quella larga parte di italiani (quasi un terzo
dell'elettorato) che sono a tutt'oggi indecisi e verso i quali la trasmissione
era mirata. Andrà meglio al prossimo round?