Filtrano le prime indiscrezioni sui lavori della commissione "scientifica"
incaricata di fissare il limite oltre il quale la nuova legge sulla droga prevede
pene severe e carcere.
Secondo l'ineffabile Giovanardi, il gruppo di esperti si starebbe orientando
sulla quantità di 23 spinelli come dose consentita.
Se le conseguenze non rischiassero di essere tragiche, sarebbe una situazione
molto comica.
Giovanardi non anticipa nulla sulle quantità permesse per altre sostanze:
eroina, cocaina, extasi, amfetamine illegali e altro ancora. Ma già si
attendono rivelazioni sconcertanti ed un tantino divertenti. Dov'è l'imbroglio?
Negli stessi meccanismi della legge cialtrona, approvata nel modo che sappiamo.
Il mandato da rispettare nelle intenzioni del duo Fini-Giovanardi era a diversi
livelli. Il primo era puramente declamatorio: dire di avere fatto una legge
sulla droga. Mandato rispettato, ma pare che l'idea di utilizzare questo spot
in campagna elettorale sia da scartare; Fini e tutta An hanno fatto timidamente
apparire qualche manifesto, ma non sembrano intenzionati a cavalcare la belva.
Demerito di una legge fatta con i piedi e zeppa di incongruenze, di punti di
illegittimità, di assurdità. E merito di un'opposizione di movimento
che ha continuato e sta continuando a manifestare, protestare, informare, discutere.
Meno merito dell'opposizione in Parlamento, trascinata per i capelli e non convinta
dell'utilità della battaglia. Il secondo mandato era quello di sostenere finanziariamente quei gruppi e quelle
organizzazioni che hanno sempre appoggiato il governo Berlusconi sul tema specifico
ed oltre. Questo punto doveva essere identificato nell'ipotesi di vera privatizzazione
dell'assistenza ed era contenuto nelle norme che permetterebbero la cosiddetta
certificazione anche a carico delle strutture private (invece che lasciarla
come compito al servizio pubblico) ed il conseguente accesso diretto ai pazienti.
I quali, "dichiarati" tossicodipendenti, potrebbero optare per la
stesa struttura che lo ha certificato, senza passare per la definizione di un
piano di trattamento, finora onere dello stesso servizio pubblico.
Qui, le cose sono più complicate: si vanno a toccare in profondità
le competenze delle Regioni e queste sono poco disponibili. Non si capisce poi
chi debba pagare il conto.
Finora, il settore delle dipendenze in ogni Asl ha un budget (nettamente insufficiente,
ma questa è un'altra storia) con cui pagare i costi dei trattamenti.
Non è pensabile, quindi, che una voce di questi stessi vada fuori controllo.
Piccolo inciso: la legge non ha previsto alcun finanziamento aggiuntivo sia
di carattere straordinario, che a regime; quindi, qualora l'ipotesi di servizi
"privati" per le dipendenze prendesse piede, si dovrebbe capire chi
paga.
Non solo, ma l'assembramento di entusiasti del provvedimento si va assottigliando
sempre più. Chi aveva partecipato alla governativa Conferenza di Palermo,
si sfila. È il caso della Fict, potente organizzazione di comunità
terapeutiche di tipo religioso. Muccioli ha già dichiarato il suo profondo
disgusto. Della pattuglia, resterebbe solo don Gelmini, che pubblicamente ha
ringraziato Fini per la sua "creatura".
Il terzo mandato era quello di mostrare la faccia dura; punto di partenza di
Fini ("dobbiamo affermare che non esiste il diritto a drogarsi"),
si doveva articolare nel togliere al magistrato l'incombenza di decidere sulla
rilevanza penale del possesso di una determinata quantità di droga. Una
"minima quantità consentita" insomma, per definire un uso personale
o un'azione di spaccio.
Come ogni principio un po' vuoto, altisonante e declamatorio, la sua messa in
pratica è piuttosto difficile.
Tutti sanno che l'assunzione di sostanze non è quantificabile con precisione:
ci sono i consumatori occasionali, quelli continuativi, gli abusatori, i dipendenti,
i poliassuntori. E tracciare una linea di demarcazione è assai difficile,
soprattutto quando al di là della linea c'è la galera. Il più
severo dei genitori preferirebbe un operatore accanto al suo ragazzo in crisi,
piuttosto che un agente di custodia. Su questo punto, i conti elettorali pesano,
da qui la marcia indietro.
All'inizio (quando la legge era interamente attribuibile a Fini) si prevedeva
ope legis e per ogni sostanza, il quantitativo esatto di principio attivo
"tollerabile" per far scattare misure amministrative e non penali.
Ma le società scientifiche, gli operatori, gli esperti iniziarono un
fuoco di sbarramento di eccezioni e contestazioni, tutte molto fondate. L'eccezione
più ricorrente era che il soggetto che si procurava una data sostanza
non era certo nelle condizioni di conoscerne l'esatto contenuto, ma proprio
da quel contenuto dipendeva il destino del malcapitato.
Passati allo "stralcio Giovanardi" e preso da gran fretta, il duo
decise di snellire la proposta e (come sappiamo) di inserirne ben 21 articoli
all'interno di un decreto in scadenza sulle Olimpiadi invernali di Torino.
Giovanardi annuncia, soddisfatto, che la questione delle quantità delle
sostanze sarebbe stata affrontata e risolta da un gruppo di tecnici. L'importante
era eliminare ogni distinzione tra le droghe: tutte in una sola tabella. Unico
esempio in Europa.
Così, nasce un provvedimento monco: si stabiliscono i principi, ma gli
indicatori che differenziano il destino del povero tapino colto in flagrante
sarebbero stati decisi da esperti.
Già qui ci sarebbe molto da eccepire, visto che un gruppo di tecnici
si sarebbe trovato a decidere chi avrebbe avuto "solo" il ritiro della
patente, quello del passaporto, l'obbligo di residenza e chi (per qualche centigrammo)
avrebbe visto spalancarsi le porte delle galere. Compito semmai da attribuire
al giudice che interpreta la legge, non certo alla commissione nominata dal
duo.
Commissione che, come già annunciato da qui, sembra una sezione di An:
paludati esperti, ma tutti di provata fedeltà.
La "commissione" si mette al lavoro, ma si trova di fronte gli stessi
nodi incontrati nell'analogo tentativo inserito nella proposta Fini: come calcolare
queste benedette quantità consentite? Secondo il principio attivo? Secondo
il peso? Secondo le caratteristiche del soggetto e della sua dipendenza o del
suo consumo, incrociati con altre variabili ambientali, verrebbe da rispondere.
Questa è stata la tendenza della magistratura prima dell'approvazione
del decreto. Ma il Governo interviene a stabilire che l'approccio deve essere
differente: non si lascia a pericolosi magistrati questo compito.
La commissione sta annaspando, non riesce a trovare una soluzione.
E, da qui, qualsiasi cosa ne esca fuori (quando ne uscirà fuori) sarà
tragicamente ridicola.
Giovanardi, quindi, anticipa trionfante che il limite è a 23 spinelli.
Badate bene: non per passarla liscia, ma per evitare una pena carceraria ed
essere condannato agli arresti domiciliari per un tempo non banale.
E per le altre sostanze? Giovanardi annuncia che presto saranno resi noti i
quantitativi.
Allora e solo allora sapremo quanti tiri di coca sono accettabili prima di passare
per le celle.
Ma quanto lunghi?
E l'alcool? Colpevolmente, dopo averne indicato il profilo nei criteri della
formazione delle tabelle (includono "ogni altra sostanza che produca effetti
sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza
fisica o psichica"), non ne fanno cenno nell'elenco.
Occorre pensare a recuperare questa mancanza e decidere in fretta se considerare
il vino (i superalcolici vanno direttamente in tabella) per quantità
od anche per qualità; barolo, barbaresco o chianti?