Stampa
di Bianca Cerri

L'amministrazione di New York ha speso un miliardo di dollari per realizzare Reflecting Absence, gigantesca opera monumentale in ricordo dell'attacco al World Trade Center. In realtà, i costi non dovevano superare i 500 milioni di dollari, ma qualcosa deve essere andato storto. La colpa è probabilmente del costosissimo impianto idraulico voluto dagli architetti per alimentare i due specchi d'acqua e la cascata inseriti nel corpo centrale, che ha richiesto manodopera specializzata e una serie di circuiti piuttosto complessi. In questo momento, sono in corso i lavori per realizzare la torre centrale, che si chiamerà "Libertà" e dovrà essere alta esattamente 1776 piedi, in omaggio all'anno in cui vennero fondati gli Stati Uniti. Il sindaco di New York teme però che gli enormi riflettori necessari a produrre il suggestivo scenario di luci ideato dagli architetti, possano far lievitare ulteriormente i costi. I cittadini si augurano invece che l'opera venga terminata al più presto e senza lesinare sulle spese. Anche il direttore dei lavori, Mike Harad, amico personale del governatore Pataki e vincitore di una gara d'appalto alla quale avevano partecipato 5.201 imprese è d'accordo. Se si vuole che Reflecting Hope abbia un qualche effetto taumaturgico sulla città di New York, ancora sotto choc a cinque anni dalla tragedia, non si deve guardare al centesimo. Secondo il Partenership for New York City, un comitato composto da uomini d'affari, se in passato si sono trovati i soldi necessari per costruire un monumento ai caduti di Pearl Harbor e per il Museo dell'Olocausto, non si può essere avari proprio con le vittime delle Torri Gemelle. Si dice d'accordo anche il New York Times, che si augura non solo la pronta realizzazione dell'opera ma anche che diventi presto un simbolo universale. Il problema è che le autorità contavano su una cospicua raccolta di fondi, che invece si è fermata a 130 milioni di dollari, il resto sarà a carico dei contribuenti. Alla fine, la soddisfazione sarà garantita.
Reflecting Hope, con il suo disegno elaborato e maestoso e i tanti circuiti elettrici che la governeranno sarà anche un santuario dell'anima per tutti gli americani, che potranno recarvisi in pellegrinaggio per ricordare la grande tragedia collettiva vissuta. Del resto, gli Stati Uniti sono il solo paese al mondo che può ancora permettersi di spendere cifre imponenti per i suoi caduti. In molti altri posti, come l'Iraq o l'Afghanistan, non solo non ci sono i mezzi ma il caos che regna assoluto sconsiglia la costruzione di sacrari e mausolei. Le persone muoiono senza che neppure i cani se ne accorgano. Anche quando la morte è feroce, non avranno né fregi né fontane barocche, per altro superflui nei posti in cui manca la legalità.

Dopo anni di retorica fornita da Washington sull'11 settembre, il raziocinio che ci rimane è insufficiente per tentare di capire cosa accadde veramente. Ma sappiamo che a partire dal 12 settembre si è verificato un numero infinito di tragedie, non tutte riconducibili al terrorismo.
L'odio e la vendetta hanno ucciso migliaia di esseri umani dei quali si parla assai meno di quanto si sia parlato di Reflecting Hope. Da vivi avevano assistito inermi alla distruzione del loro paese, da morti sono finiti sui giornali sotto la voce "danni collaterali".