Stampa
di Lidia Campagnano

Ardori sessuali, vizietti, vanterie, vita privata? Definire in questo modo i brani di conversazione relativi alle donne, contenuti nelle telefonate di Vittorio Emanuele Savoia e soci, significa avere lo stomaco davvero forte. Non tutti ce l'hanno, e infatti Romano Prodi per primo si è detto colpito dal disprezzo per la donna contenuto in quei dialoghi; ma molti commentatori, troppi, si mostrano inclini a ridacchiare, e a minimizzare. Hanno dimenticato che quel disprezzo non è soltanto un sentimento, una coloritura psicologica che caratterizzerebbe i personaggi coinvolti nella faccenda. Quel disprezzo è fascismo. Forse varrebbe la pena di rivedere il Salò di Pasolini, film difficile da sopportare, ma che è andato molto a fondo nella ricognizione di una delle radici del fascismo. O sarebbe un bene rispolverare certe analisi del femminismo che, negli anni Settanta, giustamente definivano fascisti i comportamenti mirati a umiliare le donne perché donne. La vita personale è politica? Di sicuro si travasa nell'economia (e nel malaffare), nei rapporti sociali e in quelli mafiosi. E contribuisce a disegnare le linee di costruzione dei poteri: quelli arcaici, come la monarchia, e quelli moderni, come i nessi tra politica e media. Questo ci spiegano le telefonate in questione.
E ci riguardano: tutti e tutte. Guido Viale ha parlato, non ricordo esattamente con quali parole, di formidabili brani di sociologia italica. Se a queste telefonate si accostano altre immagini, altri dati, altre notizie (la cronaca nera, se letta attentamente. O le inchieste sulle aspirazioni lavorative di molte giovani in una nebulosa indistinta detta "mondo dello spettacolo". O i segnali di inarrestabile espulsione delle donne dalla scena politica. O i primi cenni di una frenata femminile più generale nel campo del lavoro. O il rilievo esorbitante della voce prostituzione nell'economia mondiale) ne esce il sospetto di una crisi verticale delle relazioni civili tra donne e uomini, vale a dire una regressione della convivenza umana in radice, per così dire. Con conseguente produzione di terreno fertile per il fascismo.

Che è quella concezione dell'umano secondo la quale la corporeità ha una sola dimensione tollerabile: quella "virile", cioè violenta. Gli altri corpi, non connotabili in questo modo, sono carne, per la quale si prova fondamentalmente ribrezzo, così che il desiderio erotico ha da esercitarsi in disprezzo e violenza, non può esprimersi in altro modo. A cominciare dalle relazioni con le donne, per poi passare ad altri corpi da disprezzare, usare, abbrutire: i bambini, i/le gay, i neri, gli ebrei, i prigionieri di guerra…e così via.

E' perversione, direbbe il vecchio Freud. Che però non arrivava a vedere quanto fosse diffusa, e nemmeno a immaginare che potesse tradursi in ideologia: il padre della psicoanalisi, infatti, percepì il diffondersi dell'antisemitismo, ma non l'arrivo del fascismo come ideologia, come sistema e, infine, come invasione militare.
Noi, che non siamo, qui, in Italia e in Europa, a rischio di fascismo come regime o come invasione, scherziamo però troppo. Scherzano le vallette televisive, i politici, i giornalisti e un bel po' di telespettatori, scherzano i genitori e i figli. Scherzano o parlano d'altro.
Non è divertente. Non è nemmeno serio. Meglio ricordare sommessamente a tutti che "parlare di donne" significa parlare della società e rivela l' orientamento politico-culturale di chi parla, più di qualsiasi paludata dichiarazione ufficiale.
Sono davvero discorsi da intercettare, registrare, e utilizzare per fare un po' di scuola.