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di Sara Nicoli

Le dimissioni a sorpresa del presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, e l'immediato avvicendamento con l'attuale commissario straordinario Figc, Guido Rossi, hanno reso evidente, anche ai non addetti ai lavori, la gravità della situazione in cui versa la principale azienda italiana di telecomunicazioni, il cui debito ammonta a 42 miliardi di euro, molti dei quali in scadenza il prossimo anno. Le ragioni "ufficiali" che stanno dietro l'uscita di scena di Tronchetti risiederebbero - per ammissione del protagonista - nel fatto che un'azienda come Telecom Italia non poteva andare avanti, in pieno momento di revisione del piano societario, con uno scontro frontale in atto con il governo, anche a livello personale tra il presidente e il premier Prodi. Ma non è solo questa, com'é facilmente intuibile, la sola ragione di un terremoto politico ed economico di cui, allo stato attuale, non si intravedono vie di fuga ponderate ed obiettivi concreti di risanamento in tempi brevi. Tronchetti ha gettato la spugna per una serie di fattori: l'indebitamento del gruppo, a cui non è riuscito a mettere un freno; la debolezza della compagine azionaria (che lo rende facilmente "scalabile") e il forte disaccordo con il gruppo Benetton che non naviga in mari calmi dopo lo stop ricevuto dal governo sulla fusione Autostrade-Albertis. A questo quadro già poco confortante si sarebbero aggiunte forti pressioni da parte dell'Esecutivo per veicolare lo scorporo di Tim non verso l'azionariato straniero, ma tra le braccia della Cassa Depositi e Prestiti. Un'imposizione che Tronchetti ha considerato inaccettabile. Di qui il "gran rifiuto" che prelude, per Telecom, ad un piano di salvataggio che non potrà che essere gestito attraverso le banche, probabilmente sotto la vigile regia del ministro del Tesoro Padoa Schioppa. Visti i presupposti, il timore è che la crisi Telecom possa sfociare su un feroce piano di ristrutturazione economica che vada ad incidere sull'occupazione del gruppo. Al momento, la conferma, da parte del cda di Telecom, della volontà di proseguire con il piano di nuova societarizzazione approvato solo lunedì scorso, non fa immaginare svolte tali da rendere infondate queste preoccupazioni. Guido Rossi non è, infatti, dello stesso avviso e un nuovo scontro all'interno del cda potrebbe portare ad un "congelamento" del piano per avviare un'opera di risanamento in puro stile "lacrime e sangue".

C'è da dire che il repentino cambio di strategia economica aziendale - lo scorporo di Tim meno di due anni dopo la sua incorporazione e l'ulteriore divisione anche della rete fissa a beneficio esclusivo dei problemi finanziari dell'azionista di maggioranza e non certo del rilancio della società - aveva già destato perplessità nei giorni immediatamente precedenti allo show down del cda milanese di venerdì sera. Il titolo Telecom ha duramente pagato in Borsa lo scetticismo degli investitori (ha sfiorato il -14% prima di essere sospeso per eccesso di ribasso) e la stampa internazionale più qualificata ha bollato il piano targato Tronchetti in modo sferzante, come una "scommessa" basata più su questioni di prestigio personale che di ponderato calcolo economico e di rilancio. Tenere il debito sotto controllo, gestendo il pagamento degli interessi, può essere uno stratagemma che consente di mantenere un certo equilibrio per un modesto periodo di tempo, ma non è certo adottabile come strategia economica di sviluppo sulla lunga distanza. Un fatto, questo, che aveva posto la catena azionaria a monte di Telecom di fronte ad una consistente perdita di credibilità davanti alla comunità internazionale che conta in campo finanziario. E questo non certo da ieri. D'altra parte, la debolezza della compagine azionaria è nota: ripercorrendo le "scatole cinesi" che stanno a monte della piramide che sfocia nella finanziaria Olimpia (di cui Tronchetti è azionista di maggioranza e che controlla Telecom con il 19% ) si scopre che la reale partecipazione dell'ex presidente di Telecom non supera il 2-3% del capitale. In più la famiglia Benetton, azionista di minoranza, non vuole correre ulteriori rischi dopo il caso Autostrade e in questa occasione ha mostrato di voler mantenere una posizione rigida, in netto contrasto con il piano Tronchetti.

Le dimissioni , dunque, erano quasi inevitabili. E c'è chi addirittura azzarda l'ipotesi di una sua definitiva uscita di scena con la vendita della sua quota di partecipazione in Olimpia. E' presto per dirlo. Più concreta, invece, la possibilità che Rossi proceda al "congelamento" del piano di doppio scorporo per contrapporvi una ristrutturazione che consenta all'azienda almeno di fare fronte ad una parte dell'indebitamento che, come si diceva, scade in buona parte il prossimo anno.

Lo spettacolo che ha comunque riservato la gestione dell'affare Telecom, non solo da parte dei suoi padroni, ma anche da parte del governo, ha lasciato senza fiato, a cominciare dal discutibile comportamento di Angelo Rovati (collaboratore di Prodi) e dal suo "mega pizzino". Fatto che ha consentito alla Cdl di mettere sotto accusa Prodi e di chiedere, addirittura, una commissione d'inchiesta sulla faccenda. Chi ne esce con le ossa rotte sono anche gli imprenditori italiani e le loro politiche straliberiste di riferimento. Dopo l'affare Telecom sarà ancora più difficile sostenere che, in Italia, "privato" è bello come altrove. Di fatto, si è rischiato nuovamente di perdere un asse strategico dell'economia nazionale a beneficio di chi non investe e si porta a casa una barca di quattrini. Probabilmente le dimissioni di Tronchetti significano che il governo ha ripreso in mano il bandolo della matassa, ma non significano affatto che la questione- e il pasticcio che ne è nato - adesso siano sotto controllo. L'intervento sulla prima azienda di telecomunicazioni del Paese dovrà senz'altro essere pesante. Stavolta vorremmo essere stupiti da un piano di rilancio che non passi, come al solito, dalla pelle dei lavoratori dell'azienda. E che punti sulla necessità, per un Paese che si vuole indipendente e sovrano, di tutelare le sue risorse strategiche - dai sistemi di comunicazione alla compagnie di bandiera, dall'energia alle vie di comunicazione - dalle unghie dei furbetti di ogni quartierino. Italiano o straniero che sia.