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Trasferimenti, sgomberi, incendi e morte. Questo ha potuto constatare l'associazione Medu, nel suo intervento nella Piana di Gioia Tauro - da febbraio ad aprile scorso - nell'ambito del progetto "Terraingiusta 2019": contrasto allo sfruttamento in agricoltura e sviluppo dei territori".

 

Nella vita degli oltre duemila braccianti agricoli, i tratti distintivi - rimasti invariati dal primo intervento, risalente a sei anni fa - sono grave sfruttamento lavorativo, degrado abitativo, marginalità sociale, difficoltà di accesso alle cure e diritti violati.

A ciò si sono aggiunti i primi nefasti effetti del decreto legislativo 113/2018 - meglio noto come Decreto sicurezza e immigrazione - che li ha esposto al rischio di irregolarità e all'esclusione del godimento dei diritti fondamentali, quali lavoro, casa, salute. A minare quest’ultima, non solo intesa come assenza di malattia bensì come presenza di benessere, l'abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, la fuoriuscita del CARA e dai CAS dei migranti titolari di protezione precedentemente acquisita.

In questo scenario, gli interventi istituzionali, privi di continuità e di pianificazione, si sono limitati a frettolose operazioni di sgombero che non si sono tradotte in un piano concreto di inclusione socio-abitativa e lavorativa. La volontà politica, ancora una volta, rimane un interesse formale, sancito il 10 maggio in un protocollo operativo interistituzionale "in materia di accoglienza, integrazione e lavoro dei migranti nella Piana di Gioia Tauro" di cui sono sconosciute le tempistiche e le reali possibilità di attuazione.

In attesa di capire se rimanga (o meno) un vuoto proclama di fine stagione, gli operatori di Medu e A buon diritto hanno assistito 438 migranti, di cui il 34 per cento è in Italia da meno di tre anni mentre il 61 per cento vive in quel ghetto, uno dei più grandi d'Europa, da più di quattro anni. Il 93 per cento era titolare di un permesso di soggiorno e nonostante ciò solo il 46 per cento aveva lavorato nei mesi precedenti: seppure in possesso di contratto, il lavoro grigio resta la norma, con irregolarità diffuse nel rilascio della busta paga e nelle denunce della giornate effettivamente lavorate.

In seguito all'entrata in vigore del Decreto Sicurezza e immigrazione, poi, il comune di San Ferdinando non procede più all'iscrizione anagrafica degli abitanti delle tendopoli, con la conseguente impossibilità di richiesta della carta d'identità e dell'apertura di eventuali conti correnti. "La conseguenza è l'aumento del numero di persone in condizioni di irregolarità con un aggravamento progressivo e una cronicizzazione delle condizioni di marginalità sociale", si legge nel V Rapporto di Medici per i Diritti Umani. Cinquecentoventi sono stati gli interventi in ambito sanitario, un numero proporzionalmente più alto dell'anno precedente e caratterizzato da una maggiore complessità delle patologie riscontrate.

Le infiammazioni alle vie respiratorie sono la patologia più frequente per l'impossibilità di accedere a una fonte di riscaldamento e per le condizioni insalubri in cui vivono; a seguire, patologie osteoarticolari per il sovraccarico causato da lavori faticosi, e le malattie dell'apparato digerente per la cattiva alimentazione; patologie oftalmiche e problemi odontoiatrici. Si è riscontrato uno 0, 38 per cento di casi psichiatrici attribuibili alle pessime condizioni di vita.

 

Più della metà dei pazienti visitati non era in possesso della tessera sanitaria e di informazioni per ottenerla e sul funzionamento del Sistema Sanitario Nazionale e dell'accesso ai servizi disponibili. Intanto, in poco più di un anno, si è assistito a una lenta strage in cui quattro persone sono morte carbonizzate in (evitabili) incendi di baracche di fortuna. O di tende ministeriali.