Con l’aumentare delle polemiche sul progressivo insabbiamento del caso Jeffrey Epstein da parte dell’amministrazione Trump, un paio di settimane fa l’FBI aveva diffuso pubblicamente un filmato di circa undici ore di videosorveglianza carceraria che mostrava gli ultimi momenti del discusso finanziere prima della sua morte, avvenuta nell'agosto 2019. Invece di mettere fine alle speculazioni, il materiale video ha però riacceso polemiche politiche e dubbi investigativi. Un’analisi della rete CBS trasmessa questa settimana ha infatti rivelato significative contraddizioni tra le dichiarazioni ufficiali del Dipartimento di Giustizia e quello che effettivamente mostrano le riprese. Nel frattempo, un sondaggio Economist/YouGov ha evidenziato come quasi la metà degli americani creda che il presidente Trump fosse complice di Epstein nei crimini di traffico sessuale, mentre due terzi degli americani pensa che il governo stia nascondendo le prove di ciò.
Quando l’FBI ha reso pubbliche le registrazioni della videosorveglianza del Metropolitan Correctional Center di Manhattan, l’operazione era stata presentata come un atto di trasparenza definitiva. Il materiale doveva dimostrare inequivocabilmente quanto sostenuto dall’allora Ministro della Giustizia, William Barr, e confermato recentemente dal Direttore FBI, Kash Patel, e dal suo vice, Dan Bongino, ovvero che nessuno aveva avuto accesso alla cella di Epstein nelle ore precedenti la sua morte per suicidio.
Le undici ore di riprese sgranate e prive di audio mostrano la zona antistante le celle del braccio di massima sicurezza della struttura detentiva e l’area di lavoro dove si trovavano le guardie carcerarie. Secondo la versione ufficiale, questo materiale avrebbe dovuto confermare che Jeffrey Epstein, il finanziere condannato per traffico sessuale, si era tolto la vita nella sua cella il 9 agosto 2019, senza alcun intervento esterno. L'inchiesta della CBS ha però messo in luce una serie di incongruenze tutt’altro che trascurabili. Contrariamente a quanto affermato dai funzionari governativi, spiega il network americano, il video “non fornisce una visione chiara dell’ingresso al blocco di cui faceva parte la cella di Epstein”. Questa è solo una delle differenze rilevate tra la versione ufficiale e il contenuto effettivo delle riprese.
L’emittente ha ricostruito digitalmente l’Unità di Detenzione Speciale del carcere di Manhattan utilizzando diagrammi e informazioni contenute in un rapporto del 2023 del Dipartimento di Giustizia, scoprendo che qualcuno poteva entrare nel livello dove si trovava la cella di Epstein senza essere osservato. Persino l’ingresso dello stesso Epstein nella sua cella, avvenuto poco prima delle ore 20:00 del 9 agosto 2019, non viene documentato dal video.
Durante quella notte, le guardie non avevano inoltre eseguito i controlli di sicurezza previsti ogni mezz'ora su Epstein, che era stato posto sotto sorveglianza anti-suicidio dopo un precedente tentativo di togliersi la vita. La credibilità delle affermazioni ufficiali dipende quindi unicamente dalle testimonianze di due membri del personale carcerario, almeno uno dei quali era stato visto addormentarsi durante il turno di notte.
Jim Stafford, esperto di analisi video forense, ha smentito clamorosamente una delle affermazioni chiave contenute nella ricostruzione ufficiale dei fatti: “Sostenere che non c’è modo che qualcuno possa essere arrivato alle scale che conducono alla cella di Epstein senza essere visto è falso”. Altri quattro esperti forensi consultati dalla CBS hanno concordato con questa valutazione. Intorno alle 22:40 dello stesso giorno appare, nel video reso pubblico, “una forma arancione che si muove su per le scale che portano al livello di Epstein”. Mentre l’Ufficio dell’Ispettore Generale dell’FBI ha identificato la “forma” come un agente penitenziario, gli esperti forensi si sono mostrati scettici, suggerendo che potrebbe trattarsi invece di una persona che indossava una tuta carceraria.
L’analisi tecnica del materiale ha rivelato poi che il file video è stato creato il 23 maggio 2025, quasi sei anni dopo la morte di Epstein, e consiste probabilmente in un “cattura schermo” di due porzioni del video originale unite insieme. Il cosiddetto “minuto mancante” intorno a mezzanotte, che era risultato subito uno dei punti deboli del video, dura in realtà tre-quattro minuti, mentre alle ore 00:05 appare nelle immagini una persona non identificata e mai menzionata nel rapporto ufficiale.
Mark Epstein, fratello della vittima, ha ribadito la sua convinzione che Jeffrey non sia morto suicida ma sia stato assassinato, sottolineando che senza registrazioni della telecamera situata nel livello effettivo di detenzione, rimane impossibile verificare se la porta della cella fosse stata correttamente chiusa.
Le rivelazioni video arrivano in un momento di crescenti pressioni bipartisan per la pubblicazione completa dei cosiddetti “Epstein files”. I democratici e molti repubblicani stanno spingendo sull’amministrazione Trump affinché renda pubblici tutti i documenti legati alle indagini, inclusi materiali e testimonianze sui ben noti legami di Epstein con figure influenti e sulle accuse di traffico di minori. La questione ha assunto dimensioni ancora più delicate con la conferma che il nome di Donald Trump compare spesso tra i documenti dell’indagine. Dalla Casa Bianca si continua a insistere sul fatto che la presenza del nome del presidente non implica comportamenti illegali e che non risultano prove concrete di un suo coinvolgimento nei crimini del finanziere. Trump ha ribadito più volte di avere rotto precocemente l’amicizia che lo legava a Epstein e, più di recente, di averlo “allontanato” dalla sua proprietà di Mar-a-Lago perché quest’ultimo aveva tentato di “portare via” giovani dipendenti dalla spa del resort della Florida.
Parallelamente alle richieste di trasparenza, si sono intensificate le speculazioni sui presunti legami di Epstein con i servizi segreti. Voci sempre più insistenti, alimentate da ex funzionari dell’intelligence e investigatori indipendenti, sostengono che il finanziere avesse connessioni tanto con la CIA quanto, soprattutto, con il Mossad israeliano. Secondo queste teorie, Epstein avrebbe operato un’estesa rete di ricatto sessuale per conto dei servizi segreti, utilizzando le sue proprietà e i suoi contatti per compromettere figure influenti della politica e degli affari americani. L’ipotesi del coinvolgimento dell'intelligence spiegherebbe, secondo i sostenitori di questa tesi, tanto le protezioni di cui Epstein ha goduto per anni quanto le anomalie nella sua morte. Sebbene manchino prove concrete, queste speculazioni hanno trovato terreno fertile nell’opinione pubblica americana, già scettica nei confronti delle versioni ufficiali.
Il caso Epstein ha provocato anche una delle prime significative spaccature interne al movimento MAGA. Molti sostenitori di Trump, delusi dalla promessa non mantenuta di desecretare nuovi documenti, hanno manifestato pubblicamente il loro dissenso. Una parte consistente della base repubblicana e alcuni membri del Congresso si sono dissociati dall’amministrazione per via della mancanza di trasparenza, creando una frattura inedita nel Partito Repubblicano.
I democratici hanno colto così l’occasione per chiedere a loro volta la pubblicazione dei documenti su Epstein, in quella che appare chiaramente come una strategia per mettere in imbarazzo Trump e mantenere l’attenzione del pubblico sulla gestione del caso. Nel frattempo, il Dipartimento di Giustizia e l'FBI hanno dichiarato di non aver trovato alcuna lista dei clienti di Epstein o prove di ricatti organizzati verso figure prominenti, contraddicendo le varie teorie cospirative. Ad alimentare i sospetti è stato anche l’atteggiamento del Ministro della Giustizia, Pam Bondi, la quale aveva inizialmente assicurato di essere pronta a pubblicare la “lista” di Epstein, a suo dire già sulla sua scrivania, per poi fare marcia indietro e smentire anche l’esistenza di questo documento.
L’affaire Epstein rischia quindi di intaccare la fiducia nell'amministrazione Trump dei suoi sostenitori più accaniti, visto che la questione era stata al centro della sua campagna elettorale. Recenti sondaggi mostrano che oltre un terzo degli elettori repubblicani disapprova la gestione del caso da parte del presidente ed è perciò evidente che la questione potrebbe pesare negativamente sui repubblicani nelle elezioni di metà mandato del 2026.
Il caso è diventato anche il simbolo della più che legittima percezione da parte degli americani dell’impunità garantita dal sistema a ricchi e potenti, non importa quanto gravi siano i crimini commessi. La narrativa di una “client list” continua a circolare in rete e tra opinionisti radicali, nonostante le smentite ufficiali. Il fatto che non esista trasparenza alimenta l’opinione che certi segreti dell’élite americana non verranno mai completamente svelati perché coloro che ne fanno parte hanno gli strumenti per esercitare le pressioni necessarie affinché ciò non accada. In questo clima di sospetti e mezze verità, il video della prigione di Manhattan rappresenta solo l’ultimo tassello di un puzzle che sembra destinato a rimanere per sempre incompleto.