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di Fabrizio Casari

Non è certo stata una partita felice, quella disputata ieri sera con il Messico dalla nazionale italiana. Vero che si trattava di un’amichevole a fine preparazione, vero che al mondiale mancano ancora dieci giorni e vero anche - almeno si spera - che nella competizione l’Italia saprà trovare energie e stimoli d’altro tipo. Lo staff tecnico e i giornalisti embedded sostengono che è tradizione non disputare partite eccellenti prima della competizione, anche nel 2006 successe.

Però perdere con i discendenti degli atzechi non è consuetudine per una squadra europea, meno ancora se questa risulta essere campione del mondo in carica. Non a caso, le altre grandi del calcio - europee o sudamericane - hanno comunque vinto le amichevoli disputate e, in generale, dato segnali migliori sul loro stato di forma. Tanto per fare un esempio, lo stesso Messico che ieri ci ha fatto penare, aveva subito da pochi giorni una sconfitta dall’Olanda che pure era priva dei suoi 4 migliori giocatori.

Ieri sera, invece, il film ha avuto un racconto diverso. Due gol (ma potevano essere tre, visto un rigore negato al Messico per un fallaccio di Zambrotta in area) e tante preoccupazioni per gli azzurri. Il Messico non è certo in vetta alla top ten del calcio, ma gioca abbastanza bene al calcio ed ha tre o quattro elementi di valore sicuro. Tatticamente tutt’altro che perfetti, i chicanos hanno però una buona corsa, una discreta tecnica individuale e una più che sufficiente amalgama tra i reparti. L’Italia è apparsa pesante sulle gambe e Lippi ha sostenuto essere conseguenza della preparazione intensiva in montagna, dove ci si è recati per abituarsi all’altura nella quale si giocherà in Sudafrica.

Ma quello che più fa pensare è che non dovrebbe servire - almeno in teoria - una squadra di fondisti e velocisti per contenere e battere una squadra come quella messicana. La tecnica e la tattica, il palleggio e la disposizione in campo, dovrebbero risultare sufficienti per aver ragione di un match con avversari di quel livello.

Semmai, oseremmo dire, il problema non pare essere solo quello della tenuta atletica a valle della preparazione. L’Italia, se vogliamo dirla tutta, ha evidenziato ben altri problemi. L’assenza di una chiara fisionomia di squadra e di un gioco collettivo. Il modulo scelto da Lippi sull'esempio dell'inter di Mourinho non funziona; pensare che Marchisio si reinventi Sneijder è come credere alle favole. E chi dovrebbero essere le controfigure di Eto'o e Pandev? Iaquinta e Di Natale? Abbiate pietà per i cuori deboli.

A questo va aggiunto che l’assenza di “piedi buoni”, che possono con le loro giocate cambiare di colpo le sorti di una partita, risulta un ulteriore handicap per gli azzurri, già zavorrati da una età media non eccellente. Idee in campo non ce ne sono e colpi di classe che possono determinare cambi di marcia improvvisi, che servono a costruire la superiorità numerica nelle zone vitali del campo, nemmeno l’ombra.

Per avere tutto ciò, sarebbero serviti i (pochi) talenti di cui disponiamo, che invece vedranno il Sudafrica solo nei documentari di Discovery Channel. Tenere fuori dalle convocazioni Cassano e Balotelli, che con Pazzini avrebbero formato un autentico pericolo per chiunque, e portare invece i fantasmi di Iaquinta (pure ieri non pessimo) e Camoranesi, risulta comprensibile solo allo spirito juventino del mister.

Aggiungete poi che il capocannoniere del campionato, Di Natale, viene spostato e defilato sulla fascia per far posto a Gilardino, che di gol non ne segna nemmeno la metà dell’attaccante dell’Udinese, e scoprirete che quello di Fatima non è l’unico mistero in voga.

Ma l’allarme più serio riguarda la difesa, sia come singoli che come reparto. Bruciata senz’appello in entrambe le azioni da gol, troppo sbilanciata in avanti sul secondo e troppo poco reattiva sul primo, sembrava partecipasse a una partita tra scapoli ed ammogliati. Vedere Cannavaro solo parente irriconoscibile di quello che fu, Zambrotta che ci propone costantemente l’interrogativo sul perché sia ancora in campo in quelle condizioni, con Buffon che ha smesso da tempo di occultare con i suoi miracoli i difetti difensivi, aiuta la formazione di nuvole dense su quello che ci aspetta quando dovessimo incrociare formazioni di ben altro spessore tecnico e fantasia.

Per ora nessuna condanna, ma dubbi decisamente superiori alla speranza.