Stampa

di Fabrizio Casari

C’era una volta il pallone d’oro. Organizzato dalla rivista francese France Football e assegnato da una giuria di giornalisti sportivi, era destinato a premiare i calciatori migliori europei ovunque giocassero. Tra questi, il premio andava a chi, nell’anno in corso, si era distinto per importanti vittorie o prestazioni decisive ai fini delle stesse. Un trofeo prestigioso per chi lo vinceva, certo, ma anche per chi veniva a trovarsi sul podio dei primi tre. Persino chi, pur non riuscendo ad arrivare alla vetta, era comunque tra i 23 nominati nella platea dei concorrenti, trovava motivo non banale di soddisfazione.

Intendiamoci, non sempre tutto filava liscio, dal momento che notori bidoni si erano trasformati in stelle di prima grandezza grazie a qualche voto di qualche compiacente giornalista-giurato che, preferiamo pensare disinteressatamente, capiva poco di calcio ma molto di nazionalità. D’altra parte, a ben vedere, anche i meno dotati sul campo dispongono di qualcuno capace in area manageriale e comunicativa; di quelli insomma che sanno fare il loro mestiere, che capiscono perfettamente come si costruiscono carriere, ingaggi e percentuali sui cartellini dei giocatori.

Ora la giuria del premio, che verrà consegnato a Zurigo il prossimo 10 Dicembre, è stata allargata alla FIFA, la bizzarra organizzazione del calcio internazionale gestita da malaffare e incompetenza e, per questo, diretta dall’uomo giusto al posto giusto: Blatter. Ma ad ogni modo, pur inquinato dalla cricca di Blatter, il premio avrebbe dovuto mantenere il presupposto iniziale, cioè le vittorie - per numero e importanza - e il ruolo giocato dai premiati nel favorirle.

Ma leggendo la lista dei premiati dell’edizione di quest’anno, così come anticipata dalla Gazzetta dello sport, si scopre che qualcosa non quadra. Se l'indiscrezione del giornale sportivo venisse confermata (e la Gazza difficilmente sbaglia su questo) sarebbe davvero un assurdo. Come tutte le cose che tocca Blatter, un classico esempio di re Mida alla rovescia, perdono di ogni credibilità. Il Pallone d’oro del 2010 sembra essere infatti, in barba a quanto successo, una competizione spagnola destinata al calcio spagnolo.

Chi sale sul podio, infatti? Iniesta, Xavi e Messi, i tre gioielli del Barcellona di Guardiola. Che però è stata eliminata dall’Inter in Champions. Ma dev’essere un dato secondario. Succede, infatti che l’Inter, la squadra cioè che ha vinto il proprio campionato, la propria Coppa e Supercoppa di Lega e la Champions League (cioè la Coppa più importante della galassia calcistica internazionale) e che si appresta a disputare le finali del Mondiale per club, non vede nessuno dei suoi protagonisti premiato. Né giocatori, né allenatore. Il Triplete, che l’anno prima, realizzato dal Barcellona, aveva entusiasmato il mondo, l’anno successivo, vinto dall’Inter, non ha più valore.

Lo scandalo contro la squadra nerazzurra è cominciato con l'esclusione di Diego Milito, cioè colui che ha segnato nelle finali di tre competizioni su quattro, nemmeno previsto però nella lista ampia dei 23 competitori al premio. E’ poi proseguito con Snejider, l’olandese che ha ispirato il gioco dell’Inter del Triplete e che ha contribuito enormemente a portare l’Olanda alla finale del mondiale, vincendone addirittura la classifica marcatori: anche lui escluso dal podio.

Infine, a completare l’assurdo, Josè Mourinho, che ha guidato l’Inter del Triplete e che è fuor di dubbio allenatore tra i più vincenti al mondo, che si vede superato da Vicente Del Bosque, allenatore della Spagna campione del mondo per nazioni.

France Football e FIFA hanno deliberatamente snobbato l’Inter e, con essa, il calcio italiano. Sembra quasi che Mourinho debba pagare i demeriti di Lippi e che invece Del Bosque debba recuperare i demeriti di Guardiola. Ovviamente, nessuno nega i meriti di Del Bosque, che pure ha vinto grazie ad un sistema di gioco non suo però, ma proprio di Guardiola, avendo schierato al mondiale tre quarti di Barcellona con un quarto di Real Madrid.

Bisogna però che siano chiariti i criteri con cui i riconoscimenti si elargiscono: o ciò che conta è il Mondiale per nazioni, oppure sono le competizioni nazionali, europee e sudamericane a risultare determinanti per l’assegnazione del premio. Se ciò che conta è il Mondiale, allora tanto vale istituire il premio ogni 4 anni. E, sempre se ciò che conta è il Mondiale, allora non si capisce cosa faccia Messi sul podio di quest’anno. La stella argentina ha giocato un pessimo Mondiale, che infatti non ha vinto. Snejider e Furlan hanno in cambio disputato un super Mondiale, da protagonisti assoluti, portando oltre ogni pronostico le loro nazionali a suon di gol. Ma sul podio non ci sono.

Se invece contano Coppe europee e campionati nazionali - e quindi, a maggior ragione, chi realizza il Triplete - allora allenatore e giocatori migliori dell’Inter avrebbero dovuto essere i premiati, non quelli del Barcellona. Sul podio, poi, avrebbe dovuto trovare posto per l’appunto Diego Furlan, che ha fatto vincere all’Atletico Madrid sia l’Europa League che la Supercoppa europea, oltre a giocare un Mondiale straordinario con l’Uruguay. Ma nemmeno Furlan è sul podio.

Se poi, diversamente da quanto previsto, si premia la bravura in assoluto, conviene assegnare il Pallone d’oro al fantasista argentino (che l’ha già vinto) per meriti a prescindere, come direbbe Totò. Ma anche qui, se il premio si riferisce alle prestazioni dell’anno in corso, Messi non doveva  salire sul podio di questa edizione.

L’impressione è che il combinato disposto di Blatter e dei giornalisti francesi abbia scelto su basi diverse da quelle dei risultati sul campo, utilizzando criteri e norme private a sostegno della più assoluta arbitrarietà. Che toglie però, definitivamente, ogni residua patina di decenza sia al premio che all’istituzione. Quasi quasi a non esserci, parafrasando Moretti, si viene notati più che ad esserci.