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di Fabrizio Casari

E’ una domenica che sembrerebbe inconsueta, a guardare nel recente passato calcistico, quella nella quale cadono Inter, Napoli e Roma, cioè tre delle cinque squadre accreditate per la vittoria all’inizio della stagione. Ma é forse il segnale di come questo torneo sia davvero diverso da quello degli ultimi anni, che viveva della grande rivalità tra Roma e Inter. La domenica odierna segnala la crisi (definitiva?) dell’Inter e l’incompiutezza del progetto della Roma (entrambe nella seconda parte della classifica, con i nerazzurri addirittura in zona retrocessione) e indica anche le difficoltà di chi, come il Napoli, dopo lo scorso campionato si ritrova nelle vesti di una “grande” e, con ciò, subisce le attenzioni spasmodiche ad ogni passo falso. Una Lazio stratosferica asfalta il Cagliari al Sant’Elia e conferma come i biancazzurri siano entrati nel vortice virtuoso della maturità. Klose, come al solito, ma anche Rocchi, che festeggia il suo centesimo gol in serie A. E la classifica torna, per la prima volta dopo Calciopoli, a riproporre una testa composta da Milan e Juventus con Lazio e Udinese nel ruolo d’incognite più o meno affidabili.

Quella del Meazza e tra Inter e Juventus è stata una bella partita. Le premesse erano chiare: la squadra più in forma del torneo contro quella più in difficoltà; ma le motivazioni di una classica come il “derby d’Italia” hanno avuto ragione di questa differenza e hanno offerto una partita equilibrata che ha fatto vedere la migliore (o meglio, la meno peggiore) Inter della stagione contro la più saggia ed equilibrata Juventus dell’anno. La differenza in campo è stata quella che intercorre da una somma d’individualità e una squadra compatta. L’Inter paga certamente il discreto numero d’infortunati (Julio Cesar, Ranocchia, Samuel, Thiago Motta, Poli, Forlan e ora Maicon) e se a ciò si aggiungono anche prove come quelle di Chivu e Snejider (quest’ultimo, va detto, gioca con una gamba dolorante), cui si somma l’errore (onestamente riconosciuto) di Ranieri di sostituire Zarate con il più che acerbo Castagnois, allora davvero tutto diventa una salita impossibile.

La Juventus, dal canto suo, ha giocato una partita intelligente, senza votarsi all’attacco ma giocando un contropiede favorito da due linee a protezione della propria porta, reparto meno affidabile della squadra. L’abilità di Conte è stata quella di tenere la squadra molto corta e con un buon pressing, per poi ripartire con velocità. L’errore di Ranieri, invece, è stato non capire che tre centrocampisti contro quattro comunque soffrono, se poi sono ultratrentenni la sofferenza è eccessiva. Inoltre, la difficoltà dell’Inter è quella di concretizzare azioni d’attacco, proprio perché schemi d’attacco se ne vedono pochi e il fraseggio nello stretto al limite lo poteva fare con Eto’o e Milito, non con Pazzini, che ha bisogno di cross dal fondo.

Due strade diverse, dunque, per le eterne rivali: la Juventus ottiene un’iniezione di fiducia e autostima che rafforza ulteriormente le possibilità di una compagine che, giocando una partita a settimana, ha il tempo di costruirsi, provarsi, riposare e ripartire. Non ha ancora il profilo di una grande ma gli anni neri sembrano alle spalle. L’Inter, invece, che definitivamente alle spalle ha il dominio degli scorsi anni, pur mostrando miglioramenti sul piano fisico, è eccessivamente incerrottata e resta comunque un’incompiuta, con troppi giocatori non all’altezza della storia nerazzurra, buoni al massimo per la panchina, non per l’undici titolare. Moratti dovrà mettere mano al portafogli in maniera evidente, magari smettendola di cercare la scommessa del futuro per concentrarsi su quanto già sperimentato ancorché giovane. La squadra che vinse tutto è finita, oggi quella che c’è deve lottare per uscire dalla zona retrocessione.

Il Milan ha affondato una Roma troppo leggera e poco incisiva, che nell’assenza di Totti e nella partita sottotono di De Rossi, ha avuto a disposizione solo le piroette inutili di Pizarro, inabilità ad alti livelli di Bojan e Josè Angel e le distrazioni di Juan. La difesa della Roma è sconcertante nella sua fragilità sui calci piazzati e tenere il pallone nella metà campo non basta se poi in difesa e in attacco non bruci mai sul tempo gli avversari. Del resto quando Ibrahimovic per tutta la partita e Cassano per la frazione che ha giocato alzano in quel modo il livello della classe in campo, c’è poco da discutere di moduli e di assetti.

Il Milan sembra quindi definitivamente tornato, con quattro vittorie consecutive sembra voler ricordare a tutti che è ancora la più forte perché, quali che siano meriti e limiti, possiede in numero maggiore delle altre i giocatori che fanno la differenza. La Roma resta un progetto che appare però fatto di scarsa concretezza e costruito su una terra eccessivamente friabile. Luis Enrique non convince e il suo modo di tenere in campo la squadra non spaventa nessun avversario; il possesso palla estenuante si svolge peraltro solo nel centro del campo e non mette mai i giallorossi in condizione di schiacciare gli avversari. Che poi a Roma ci sia una grande fiducia presso questo nuovo corso è cosa che attiene alle stranezze del mondo pallonaro.

Il Catania di Montella (al quale non venne accordata fiducia proprio a Roma) ha steso il Napoli recuperando dopo essere stata sotto di un gol. Quello di prendere un gol nei primi minuti sta diventando un’abitudine per i siciliani, ma certo che vedere la classifica e scoprire che il Catania si trova nei primi 6 posti c’è da strabuzzare gli occhi. Mazzarri si è detto contento della prestazione, che ha definito la migliore della stagione in trasferta.

Un altro dei misteri di Napoli dopo quello del sangue di San Gennaro. Perché il Napoli ha solo un punto in meno della scorsa stagione, ma la sensazione che offre è quella di una squadra già emotivamente stanca. I numerosi infortuni (Gargano, Donadel, Britos e Pandev) e una panchina poco interessante mettono a dura prova la tenuta fisica dei partenopei, che dovranno ora uscire imbattuti da Monaco per poter proseguire in Europa ed approfittare della sosta per riprendere energie decisive per il proseguimento della stagione.

L’Udinese non stecca e torna seconda alle spalle della Juventus grazie alla vittoria di misura contro il Palermo, che evidentemente soffre lontano dalle mura amiche. Umiliato dal Siena cade rumorosamente invece il Chievo, che fino a poche settimane fa aveva ben altra marcia. Il Bologna stende l’Atalanta per 3 a 1 e la Fiorentina si risolleva con fatica grazie ad un gol di Lazzari che consente la vittoria su un Genoa che viaggia a corrente alternata. Mihajilovic ha salvato così, aòmeno per ora, la sua panchina. Cosa che invece non è riuscito a fare Giampaolo dopo la sesta sconfitta del Cesena in nove gare. Campedelli lo ha esonerato e la sensazione è che Giampaolo sia solo il quinto in nove giornate, altri ben presto ne seguiranno il destino. Il primo vero record di quest’anno.