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di Roberta Folatti

Come nasce l’obbedienza cieca

Un gruppo di ragazzi normali. Ragazzi di oggi. Alcuni più consapevoli, più sensibili alle questioni politiche e sociali, altri concentrati solo sui propri bisogni, altri ancora smarriti, senza punti di riferimento in famiglia. Tutti un po’ annoiati, privi di grandi passioni, di motivazioni forti. Del resto le ideologie sono al capolinea e gli ideali non vanno più di moda. Il film di Dennis Gansel si rifà a una vicenda del 1967 (e a un libro di di Morton Ruhe) e la attualizza ambientandola nella Germania dei nostri giorni. Quello che successe in un liceo americano, che cercava di ricreare il clima di dedizione totale su cui fiorì il nazionalsocialismo, è davvero così facilmente replicabile tra i ragazzi tedeschi di oggi?
Un professore di storia sopra le righe e piuttosto carismatico, dovendo tenere un ciclo di lezioni sul totalitarismo, decide di affrontare l’argomento con esempi pratici. Disciplina, unità, abolizione delle differenze, a poco a poco i suoi studenti si appropriano dei concetti base sui quali è stata costruita l’ideologia nazista. Li cominciano a sperimentare all’interno della classe, istigati dal loro professore, che diventa un faro, il depositario della verità, colui che dà ordini sicuro di essere obbedito. Una capo supremo nel nome del quale i ragazzi cominciano a fare cose moralmente discutibili, che mettono a rischio anche la loro incolumità. Nasce L’onda, una specie di setta che diventa predominante all’interno della scuola e isola chi non condivide i suoi valori. Solo un paio di ragazze si rendono conto che la cosa sta prendendo una piega pericolosa, quando lo capisce anche il professore è già troppo tardi. Gansel, regista tedesco pluripremiato, dimostra grande abilità nel gestire i suoi attori, rendendo le situazioni estremamente credibili. I giovani studenti sono resi con efficacia nella loro fondamentale ingenuità, nelle loro contraddiizoni e insicurezze che li rendono suggestionabili, influenzabili ma anche capaci di intuizioni importanti.

La crescita dell’intolleranza all’interno de L’onda, la progressiva perdita di capacità critica che va di pari passo con la maggiore inclinazione alla violenza, mostrano in modo abbastanza impressionante come sia facile farsi rinchiudere dentro una gabbia ideologica. Soprattutto se non si hanno valori forti e radicati. Le due ragazze che “resistono” sono poi quelle che avevano delle convinzioni proprie o comunque una famiglia con idee forti, condivise. Il regista stesso dice di essersi identificato negli studenti che respirano questo clima di vuoto: “Quando ero giovane avrei voluto avere qualcosa in cui credere. Invidiavo i miei genitori per il movimento studentesco del ’68 che ha cercato veramente di cambiare la realtà e fare una differenza. Io sono cresciuto negli anni ’80 e ’90, quando c’erano migliaia di gruooi politici ma senza una vera direzione. Niente per cui entusiasmarsi davvero. E’ una cosa che mi è mancata veramente. Io credo che i ragazzi d’oggi si sentano allo stesso modo. Insomma, non possiamo definirci solo attraverso la musica e l’abbigliamento. Io credo che la gente abbia un bisogno profondo di sostanza, un bisogno che sta crescendo sempre più forte. La tendenza all’individualismo e a una totale frammentazione della società non può continuare all’infinito. A un certo punto si creerà un vuoto enorme, e in quel momento il pericolo è che spunti fuori un “ismo” capace di riempirlo...”

L’onda (Germania, 2008)
Regia: Dennis Gansel
Sceneggiatura: Dennis gansel
Fotografia: Torsten Breuer
Montaggio: Ueli Christen
Cast: Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich
Distribuzione: Bim