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di Roberta Folatti

Sono sicuramente due personaggi controversi e non fanno nulla per smentire questa fama. Anzi.
Daniele Ciprì e Franco Maresco hanno partecipato alla Milanesiana, iniziativa culturale di punta dell'estate milanese, rispondendo alle domande di giornalisti e appassionati.
Stimatissimi da Carmelo Bene, detestati da un vasto parterre di critici, da Irene Bignardi a Morando Morandini, che ha bollato il loro "Totò che visse due volte" con un perentorio "maledettismo estetizzante", i due registi siciliani sono conosciuti per i personaggi grotteschi, sgradevoli, miserrimi che popolano le loro storie. Ma nel 2003 con "Il ritorno di Cagliostro" hanno cambiato in parte registro, realizzando un film surreale e spassoso, che è andato benissimo ai botteghini. In questo caso sono stati i vecchi estimatori ad accusarli di una deriva commerciale. Insomma Ciprì e Maresco continuano a dividere, e forse è proprio questo che li solletica di più. Maresco in particolare spara a zero sull'Italia e sulla Sicilia, negando risolutamente che sia in atto una sorta di rinascita culturale a Palermo, come qualche giornale straniero ha scritto. "Il rinascimento, se c'è stato - sostiene il regista - è stato dopo le stragi Falcone e Borsellino, con la giunta Orlando. Ci fu una forte reazione culturale, con spettacoli innovativi, proposte, fermento. Oggi Palermo è una città naufragata, con un presidente della Regione in odore di mafia. I siciliani lo sapevano e l'hanno votato ugualmente. Non mi sembra una situazione da rinascimento, le periferie di Palermo sono tra le più degradate del mondo. Falcone, che parlava la stessa lingua dei mafiosi perché in quelle strade c'era nato, diceva che la Sicilia è un oggetto misterioso. A questo proposito consiglio il Dvd "La mafia è bianca", lo si trova in edicola".

I due autori parlano del loro rapporto con la televisione e naturalmente riaffiora la vis polemica, anche se salvano l'esperienza fatta la stagione scorsa. Racconta Maresco: "A La7 ci siamo sentiti liberi e abbiamo lavorato bene, per il resto la chiusura è stata totale. A Raitre abbiamo proposto una storia che, attraverso la figura di Mauro de Mauro e le immagini del fotografo di mafia Nicola Scafidi, raccontasse la Sicilia o, in alternativa, una biografia di Miles Davis, ma è caduto tutto nel vuoto. Si tratta pur sempre di televisione pubblica, ma l'arroganza dei dirigenti esclude qualsiasi idea un po' diversa. Questo è un paese narcotizzato, l'uomo di Arcore l'ha narcotizzato con le partite di calcio…". Ciprì aggiunge: "La tv rovina anche il cinema: "Il ritorno di Cagliostro" è andato in onda massacrato, senza sottotitoli. Paghiamo il canone e avremmo diritto a un minimo di qualità. Io ho il televisore ma ormai mi rifiuto di accenderlo, l'ultimo personaggio televisivo per me è stato Jerry Lewis."

Nel panorama del cinema italiano Ciprì e Maresco si sentono degli extraterrestri e criticano la superficialità dei media, che li etichettano da vent'anni come "i ragazzi terribili". "Abbiamo cinquant'anni - scherza Maresco - forse non siamo più esattamente dei ragazzi! Siamo collegati in eterno all'idea del brutto, della flatulenza intestinale, ma sono cose vecchie, superate. E poi la nostra Palermo è una metafora, abbiamo portato sugli schermi un sud sgradevole e sgradito, ben diverso da quello "tarallucci e vino" di Renzo Arbore, che è una calamità per l'Italia. Noi raccontiamo la condizione umana con una visione apocalittica, ci sentiamo vicini a Beckett. Non siamo degli autori di satira, il premio che abbiamo ricevuto per la satira è
un equivoco. Attraverso i nostri personaggi diciamo agli italiani che sono brutti, sono degli zombie, esseri narcotizzati che vogliono solo calcio, soldi e figa, che votano Berlusconi perché sono come lui…" Ciprì rincara la dose: "Possiamo citare due film cult per descrivere gli italiani: "L'invasione degli ultracorpi" di Don Siegel e "Essi vivono" di John Carpenter".
Insomma più politicamente scorretti di così…