Due anni fa un film italiano - "Private" di Saverio Costanzo - vinse
il Pardo d'oro, ma in questa edizione le pellicole nostrane sono poche e per
certi versi deludenti. Il Festival del cinema di Locarno volge a conclusione
e, in attesa del verdetto che designerà i preferiti della giuria e del
pubblico, diamo un'occhiata ai prodotti italiani. Mare nero, che suscitava le maggiori aspettative per il curriculum cinematografico
di Roberta Torre, regista capace di inventarsi un musical a bassissimo costo
come "Tano da morire", si è rivelato un pasticcio, ambizioso
ma fondamentalmente irrisolto.
Conseguenza di un'esplorazione negli anfratti oscuri della sessualità,
dallo scambismo alle pratiche sadomaso, indagati a fondo prima di iniziare le
riprese, il film parte dall'omicidio di una giovane studentessa, la cui vita,
dietro l'apparente linearità, nasconde un lato torbido. Il protagonista,
interpretato da Luigi Lo Cascio, è un ispettore di polizia che si trova
psicologicamente coinvolto nell'indagine su quella morte e, sempre più
ossessionato dai suoi stessi fantasmi, arriva a dubitare della donna con cui
vive.
"Più che un viaggio nel sesso, si tratta di un viaggio nella paura
dell'abbandono - spiega Roberta Torre - Il sesso è una chiave di lettura
che permette di accedere a un piano più intimo. Luca, il protagonista,
ha una storia con una bella donna conosciuta da poco, che un po' l'inquieta,
e nello stesso tempo si rende conto che il mondo è fatto di ragazze giovani
che fanno cose insospettabili. Da qui emergono a poco a poco le sue ossessioni."
Algido nella fotografia, che vuole essere straniante usando toni freddi e luci
artificiali, "Mare nero" punta a creare un'atmosfera morbosamente
cupa, per poi sorprendere con un finale che apre alla solarità e all'innocenza.
Ma qualcosa non torna, si avverte - come minimo - un che di affrettato.
La Torre spiega che le pressioni della produzione, che ha voluto si girasse il film in sei settimane, le hanno tolto libertà e la parte finale ne risente. L'indagine "antropologica" che ha preceduto le riprese è stata comunque molto interessante, fruttuosa. "Io lavoro molto sulla realtà, mi documento - continua la regista - è uno degli aspetti che più mi affascina. Poi da qui parto verso stimoli meno legati alla realtà. Per questo film sono stata nei luoghi degli scambisti, ho parlato con loro, molti hanno accettato di farsi riprendere. Queste persone esorcizzano il tradimento scambiando la propria donna in contesti organizzati, è una trasgressione controllata che li fa sentire sicuri."
L'altro film italiano in concorso a Locarno è Jimmy della collina
diretto da Enrico Pau, una pellicola dura e asciutta ambientata tra carcere
minorile e comunità di recupero. Jimmy, diciassettenne sardo, invece
di rassegnarsi al lavoro in raffineria come il resto dei familiari, vive di
piccoli furti, ostentando un atteggiamento strafottente che rifiuta ogni aiuto.
Pau ha frequentato per un anno e mezzo le carceri minorili, tanto che alcuni
attori li ha presi da lì e hanno collaborato a rendere credibili i dialoghi;
la sua è una Sardegna cupa, che non offre prospettive e rinchiude i giovani
in una soffocante immobilità. Il film alterna le vicende reali del protagonista,
che reagisce negativamente ad ogni tentativo di reinserimento, alle sue fantasie,
momenti allucinatori e onirici pieni di angoscia.
Passando alla sezione "Cineasti del presente", l'Italia propone Sotto la stessa luna di Carlo Luglio, altro lavoro scaturito da una forte presenza sul territorio del regista e dei suoi collaboratori. Siamo a Scampia, periferia nord di Napoli, un quartiere che occupa spesso le pagine di nera dei giornali, come racconta lo stesso Luglio: "Sorto dopo il terremoto del 1980, Scampia è oggi un autentico supermercato delle droghe, un territorio non più governato dallo Stato ma completamente in mano alla camorra".
Il film prende spunto da un episodio accaduto realmente, l'omicidio nel 2004 di due giovani Rom ad opera della malavita organizzata, che provocò l'esodo dell'intera comunità - 900 persone provenienti dalla ex Yugoslavia, che fuggirono dal campo nomadi di Secondigliano in cui risiedevano. Indagando in quel contesto, il regista e la sua troupe hanno scoperto un mondo di emarginati napoletani, contiguo a quello dei Rom, che viene vessato e sfruttato in modo simile. La camorra impera. "Attraverso il casting, durato quattro mesi - prosegue Luglio - abbiamo raccolto le storie di molte persone che vivono a Scampia e Secondigliano e la sceneggiatura si è evoluta di pari passo con l'approfondirsi della loro conoscenza. Ne è uscito un film che è un'ibridazione tra linguaggio narrativo e linguaggio documentaristico. Abbiamo cercato di rispettare la lezione di maestri come Vittorio De Seta."
"Sotto la stessa luna" è costato poco meno di 100.000 euro e ha saputo coinvolgere le istituzioni locali nel finanziamento del progetto. Interessante dal punto di vista del percorso creativo e produttivo, il film di Luglio finisce forse per prendere eccessivamente le difese dei suoi protagonisti, descrivendo idealisticamente la comunità Rom che cerca di contrapporsi ai modi spietati dei camorristi.
Per concludere segnaliamo un documentario sull'editore Giangiacomo Feltrinelli,
sulla sua attività e la sua famiglia, realizzato da Alessandro Rossetto
e intitolato appunto Feltrinelli e il nuovo lavoro di Bruno Bigoni,
regista originalissimo e a volte scomodo, che sceglie di ambientare il capolavoro
di Cervantes in un ospedale psichiatrico, luogo di sofferenza e alienazione.
Don Chisciotte e
è interpretato da Giuseppe Cederna e vede
la partecipazione di Elio De Capitani, Gabriele Salvatores, Moni Ovadia e Renato
Sarti.
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