redazione

Altrenotizie ha compiuto due anni. Possono sembrare pochi e certamente lo sono; ma per una redazione web che non trae profitto dal suo lavoro pochi non ci sembrano e, per un collettivo redazionale come il nostro, ci pare comunque un traguardo importante. In due anni abbiamo avuto più di 400.000 accessi diretti e documentati di lettori che ci rendono orgogliosi dei nostri sforzi e ci spingono a migliorare il nostro piccolo prodotto editoriale. Sarebbero stati molti di meno se fossimo stati inutili, ma ne avremmo certificati molti di più se avessimo seguito la moda imperante che vede la maggior parte dei contatori che vengono installati (quando non addirittura servizi gratuiti esterni ai siti stessi) che in realtà registrano e calcolano i cosiddetti “hits” e non i visitatori unici. Abbiamo quindi preferito registrare solo le visite dirette calcolandole in difetto, piuttosto che pavoneggiarci dando i numeri. Ma vogliamo sfuggire ai bilanci, provvisori o illusori che siano e abbiamo invece pensato, per l’occasione, come ulteriore segno di trasparenza verso chi ci legge, di raccontarvi quanti siamo e come operiamo.

Presto detto: nove persone (cinque donne e quattro uomini) di età variabile tra i 24 e i 49 anni; laureati, giornalisti per vivere e ficcanaso per vocazione. Abbiamo con noi collaboratrici e collaboratori per i quali nutriamo stima assoluta e che, approfittando di questa occasione, vogliamo ringraziare di cuore per l’impegno che ci mettono. Il nostro server è garantito da un altro gruppo di ragazzi impertinenti, bravi come pochi nel loro lavoro: e anche a loro, francamente, dobbiamo un grazie non retorico. Nessuno di noi viene pagato nemmeno un Euro per il lavoro che svolge; nessun editore è così bravo dal voler investire su una redazione come la nostra, anche perché nessun editore è così scemo da pagare chi non attacca l’asino dove vuole lui.

Nel corso di questi due anni abbiamo avuto collaboratori che con l’andar del tempo ci hanno lasciato e nuovi collaboratori che man mano sono diventati preziosi. Altrenotizie non è un blog, dove ognuno butta dentro quello che gli gira in testa, ma non è nemmeno una torre d’avorio dove sale solo chi ha mostrine sul petto. E’ un luogo dove può scrivere chi ha qualcosa da dire che non sia la stanca ripetizione del già letto e già visto. Chiediamo di saper scrivere, di saper interpretare, di voler raccontare e denunciare. Ma niente grida che non fanno sentire, niente scandali che coprono il nulla, niente proclami politici rivolti ad improbabili adepti di ridicole sette.

Non abbiamo pubblicità. Non per spocchia, semmai per pigrizia. Perché non la cerchiamo e, in alcuni casi, la rifiutiamo. Troveremmo quantomeno bizzarro un sito che vuole offrire notizie diverse mentre propone prodotti sempre uguali. Se arriverà, quando arriverà, sarà poca e selezionata, destinata a coprire le spese; se invece la cercheremo noi sarà funzionale al progetto che perseguiamo, utile insomma a far circolare quello che ci piace circoli. Le spese di mantenimento del sito ammontano a poche centinaia di Euro l’anno. Finché potremo, preferiremo pagare che farci pagare.

Quello che ci fa stare insieme, dunque, non è il denaro. Non è nemmeno la noia o la disperazione, visto che ognuno di noi ha comunque un lavoro che in qualche modo gli consente di vivere. Ci tiene insieme la voglia di dimostrare che è possibile raccontare quello che succede con sguardi diversi e parole diverse. Già, le parole. Non ci andiamo tanto per il sottile, quando c’è da dire quello che va detto lo diciamo senza timore. Eroi? Ma quando mai, siamo donne e uomini in carne e ossa che trovano piacere nel provare a procurare fastidio.

Perché questo dovrebbe essere il mestiere del giornalista: non accontentarsi delle verità ufficiali, andare a fondo, digrignare i denti verso le versioni di comodo, rifiutarsi di contribuire a creare notizie dove non ce ne sono per poter occultare meglio quelle che ci sono ma non si raccontano.
Perché seppure i tempi che ci tocca di vivere insegnano come del consenso dell’opinione pubblica se ne possa fare a meno per scaricare da 10.000 metri d’altezza il modello democratico o succhiare prosperità democratica dai pozzi degli altri, il consenso di massa ha comunque una sua utilità strategica della quale nessun potere può fare a meno. E il controllo si esercita preventivamente e successivamente: preventivamente condizionando gli orientamenti che costituiscono il mercato della circolazione delle idee, definendo verità assolute gli interessi particolari, spacciando dionisiache volontà di potenza per governance globale; successivamente manipolando gli avvenimenti e orientando l’interpretazione dei fatti in funzione del disegno dominante sul quale far convergere il consenso richiesto.

Saremmo degli sciocchi, prima che inguaribili ottimisti, se pensassimo di ostruire o rendere difficile la manipolazione della verità con le nostre modestissime forze. Ma saremmo stupidamente fatalisti se non sapessimo che persino un granello di sabbia, se inserito in un microchip, può produrre danni incalcolabili al più raffinato dei sistemi. E questo, modestamente, cerchiamo di essere: un fastidio per il sistema. Siamo in attesa che la politica ci restituisca la dignità delle opinioni. Vorremmo dedicare i nostri sforzi a chi muore di lavoro e chi muore per la mancanza di lavoro; alle donne e agli uomini che vedono seppellire le loro libertà sotto il disegno medievale di chi spaccia religione per politica, definendo coscienza la sua e integralismo quello dei suoi compari speculari. Vorremmo dedicare i nostri sforzi a tutti coloro che, in ogni luogo del pianeta, si battono per ridurre il fossato tra i pochi che hanno tutto e i moltissimi che non hanno niente.
Non siamo di parte, pensiamo solo di essere dalla parte giusta. Quella degli ultimi.

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