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La morte è arrivata puntuale, quasi a voler compiere l’unico atto riparatore, a mettere l’ultima, definitiva parola, sulla tragedia umana della famiglia Englaro. E’ giunta in tempo per fermare l’ennesimo blitz degli sciacalli travestiti da credenti, ma non a riparare la violenza ideologica, l’ipocrisia, il cinismo, la strumentalizzazione politica con cui si sono accaniti sul corpo di Eluana. Hanno tentato ogni strada, lecita ed illecita, per impedire che Beppino portasse a compimento la volontà di sua figlia e della famiglia tutta. E hanno tentato ogni via, senza risparmiare falsità, cinismo, ipocrisia e menzogne, per impedire il corso degli eventi come deciso da tre sentenze di tribunale: la Corte d’Appello prima, la Cassazione poi, la Corte Costituzionale in seguito.

Persino la Corte per i diritti umani di Strasburgo. Perché Eluana non era una donna in stato vegetativo da diciassette anni, una vicenda drammatica alla quale accostarsi con rispetto e discrezione, un’occasione per non lasciare una famiglia come al solito sola, alla mercé della codardìa legislativa di questo nostro paese, ormai misera colonia dello Stato pontificio. Eluana era invece l’occasione da cavalcare per tentare un affondo tutto politico contro il Colle, la Costituzione e la magistratura.

 

Non è vero, come affermato da un premier al di sotto dei livelli minimi di decenza, che lo scontro sulla vicenda di Eluana era tra “la cultura della vita e quella della morte”; non sono vere le corbellerie che ha spacciato a reti unificate sulle condizioni di Eluana; non è vero che non fosse informato da anni sulla situazione; non è vero che gli è stato impedito di agire. E’ vero invece che sapeva ed ha ignorato, lui come tutti coloro che, a livello istituzionale, del caso Englaro sapevano tutto e non hanno fatto niente. Perché per fare qualcosa, si doveva disporre di due elementi: il rispetto per la sua famiglia e una legislazione sul testamento biologico che decidesse di applicare la norma costituzionale che prevede il diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico. Nessuna delle due fa parte del bagaglio di una politica serva con i potenti ed arrogante con gli impotenti.

Eppure ricordiamo tutti le battaglie dei fascisti e della destra cattolica al fianco di un azzeccagarbugli come il dottor Di Bella. Lì s’invocava il diritto a rifiutare le cure previste dai protocolli medici, sostituendole con intrugli e preghiere, con il brillante risultato che centinaia di persone che potevano guarire con le terapie adeguate, riconosciute e protocollate, sono finite a morire nelle braccia di un ciarlatano in cerca di fama e di una destra in cerca di voti disperati. Lì si diceva che i protocolli del ministero della Sanità (che non interveniva sulla volontà dei singoli, ma giustamente si rifiutava di protocollare la cosiddetta terapia Di Bella) non potevano obbligare a seguire la terapia antitumorale quando la volontà del singolo non fosse confermata; anzi si diceva che lo Stato avrebbe dovuto appoggiare la scelta di rifiutare le cure e sostenere anche economicamente i cosiddetti protocolli alternativi.

Questa volta no, questa volta invece il rifiuto delle cure non era possibile, questa volta era omicidio. Perché? Perché il Vaticano vede l’eutanasia dietro l’angolo. Quella stessa eutanasia che, legale in tanta parte di Europa e del mondo, qui è illegale. E se fossero state autentiche le finte grida di dolore sulla modalità della fine di Eluana, avrebbero dovuto dire che solo quella eutanasia che non vogliono avrebbe consentito una fine rapida e degna.

Chi scrive non ha avuto l’onore di conoscere Beppino Englaro e sua moglie. Due persone straordinarie, due autentici eroi delnostro tempo oscurantista, che hanno scelto di non perseguire l’ipocrita quanto conveniente scorciatoia del medico pietoso per porre fine al calvario di Eluana. Ai cattolici a un tanto al chilo, che suggerivano come avrebbe dovuto operare nel silenzio ipocrita, non hanno voluto dar retta. Avrebbero potuto dare acceso a fotografi e telecamere, affinché di Eluana circolassero le immagini di oggi e non di quando era sana e felice. Avrebbero così messo a tacere tanti che, pure in buona fede, urlano cose di cui nulla sanno. Non lo hanno fatto per rispetto verso Eluana e per la dignità che ha sempre contraddistinto il loro operare.

Hanno invece chiesto che fossero le norme, i giudici, le strutture dello stato italiano a provvedere, perché sono migliaia e migliaia le Eluana Englaro che tutti gli anni strappano i cuori alle loro famiglie ed a coloro che gli sono vicini, che pongono i medici in un conflitto tra scienza e coscienza ingigantito dall’assenza di norme e legislazione che gli indichi la strada. Hanno portato il loro caso all’attenzione di tutti, sapendo a cosa andavano incontro in termini d’ingiurie, minacce, ricorsi, divieti ed infamie, ma decisi a rispettare fino in fondo i convincimenti della loro amata figlia. Ogni persona che ama la vita dovrebbe avere la possibilità di godere dell’amore di due genitori come Beppino e sua moglie.

Noi invece abbiamo Gasparri, la cui presenza in vita dimostra come la morte non sia sempre il peggiore dei mali.