Rafael Grossi, direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), ha permesso che l'organo da lui presieduto fosse utilizzato da Stati Uniti e Israele – quest'ultimo uno stato con armi nucleari non dichiarate e in violazione permanente delle norme AIEA – per fabbricare un pretesto di guerra contro l'Iran, nonostante la conclusione della stessa agenzia che l'Iran non avesse un programma di armamento nucleare.
Il 12 giugno, basandosi su un rapporto di condanna stilato da Grossi, una maggioranza risicata del Consiglio dei Governatori dell'AIEA ha votato per dichiarare l'Iran inadempiente rispetto ai suoi obblighi come membro dell'agenzia. Dei 35 paesi rappresentati nel consiglio, solo 19 hanno votato a favore della risoluzione, mentre tre hanno votato contro, 11 si sono astenuti e due non hanno votato.
Gli Stati Uniti hanno contattato otto governi membri del consiglio il 10 giugno per persuaderli a votare a favore della risoluzione o a non votare. Funzionari israeliani hanno affermato di avere interpretato le pressioni americane per la risoluzione AIEA come un segnale significativo di sostegno degli USA ai piani di guerra di Israele, rivelando quanto Tel Aviv considerasse importante la risoluzione dell'AIEA come copertura diplomatica per la guerra.
La riunione del consiglio AIEA è stata programmata nel giorno in cui scadeva l'ultimatum di 60 giorni del presidente Donald Trump all'Iran per negoziare un nuovo accordo nucleare. Mentre il consiglio AIEA votava, Israele stava già caricando armi, carburante e serbatoi supplementari sui suoi aerei da guerra per il lungo volo verso l'Iran e istruiva gli equipaggi sui loro obiettivi.
I primi attacchi aerei israeliani hanno colpito l'Iran alle 3 del mattino quella stessa notte.
Il 20 giugno, l'Iran ha presentato un reclamo formale contro il direttore generale Grossi al segretario generale dell'ONU e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, accusandolo di minare l'imparzialità dell'agenzia. Le contestazioni riguardano sia la sua omissione, nelle dichiarazioni pubbliche, dell'illegalità delle minacce e dell'uso della forza da parte di Israele contro l'Iran, sia la sua focalizzazione unilaterale sulle presunte violazioni iraniane.
L'origine dell'indagine dell'AIEA che ha portato alla risoluzione risale a un rapporto dei servizi segreti israeliani del 2018, secondo cui i loro agenti avevano identificato tre siti in Iran, non dichiarati in precedenza, dove il paese avrebbe condotto attività di arricchimento dell'uranio prima del 2003. Nel 2019, Grossi avviò un'indagine e l'AIEA ottenne infine accesso a questi siti, rilevando tracce di uranio arricchito.
Nonostante le gravi conseguenze delle sue azioni, Grossi non ha mai spiegato pubblicamente come l'AIEA possa escludere che il Mossad israeliano o i suoi collaboratori iraniani, come i Mojahedin-e-Khalq (MEK), abbiano posizionato loro stessi l'uranio arricchito in quei siti, come suggerito dalle autorità iraniane.
Sebbene la risoluzione dell'AIEA che ha innescato la guerra riguardasse solo le attività di arricchimento dell'Iran prima del 2003, i politici statunitensi e israeliani hanno rapidamente spostato l'attenzione su affermazioni infondate secondo cui l'Iran sarebbe stato sul punto di costruire un'arma nucleare.
Le agenzie d'intelligence americane avevano precedentemente stimato che un processo così complesso avrebbe richiesto fino a tre anni e lo avevano confermato anche poco prima che Israele e gli Stati Uniti iniziassero a bombardare e danneggiare le strutture nucleari civili esistenti dell'Iran.
Le precedenti indagini dell'AIEA sulle attività nucleari non dichiarate dell'Iran si erano concluse ufficialmente nel dicembre 2015, quando l'allora direttore generale Yukiya Amano pubblicò la sua "Valutazione Finale" sulle questioni irrisolte passate e presenti relative al programma nucleare iraniano.
L'AIEA aveva stabilito che, sebbene alcune attività passate dell'Iran potessero essere state rilevanti per la costruzione di armi nucleari, queste non erano andate oltre studi di fattibilità e ricerche scientifiche, oltre all'acquisizione di alcune competenze e capacità tecniche correlate. L'agenzia non aveva trovato alcun indicatore credibile di diversione di materiale nucleare in connessione con possibili dimensioni militari del programma nucleare iraniano.
Quando Yukiya Amano morì prima della scadenza del suo mandato nel 2019, il diplomatico argentino Rafael Grossi fu nominato direttore generale dell'AIEA. Grossi aveva servito come vicedirettore generale sotto Amano e, precedentemente, come capo di gabinetto durante la direzione di Mohamed ElBaradei.
Il passato di Israele nel fabbricare prove sulle attività nucleari iraniane
Israele vanta una lunga storia di falsificazione di prove sulle attività nucleari dell'Iran, come i noti documenti del "laptop" consegnati alla CIA dai Mojahedin-e-Khalq (MEK) nel 2004, ritenuti opera dal Mossad.
Douglas Frantz, autore nel 2009 di un rapporto sul programma nucleare iraniano per il Comitato per gli Affari Esteri del Senato USA, rivelò che il Mossad aveva creato un'unità speciale nel 2003 per fornire briefing segreti sul programma nucleare iraniano, utilizzando documenti provenienti dall'Iran e da altri Paesi.
Ciononostante, Grossi ha collaborato con Israele per formulare le sue ultime accuse. Dopo anni di incontri in Israele, negoziati e ispezioni in Iran, ha redatto il suo rapporto al Consiglio dei Governatori dell'AIEA e ha programmato una riunione del Consiglio in coincidenza con la data prevista per l'inizio della guerra israeliana.
Israele ha completato i preparativi bellici sotto gli occhi dei satelliti e delle agenzie d'intelligence dei Paesi occidentali che hanno redatto e votato la risoluzione. Non sorprende che 13 Paesi si siano astenuti o non abbiano votato, ma è tragico che più nazioni neutrali non abbiano trovato la saggezza e il coraggio di opporsi a questa insidiosa risoluzione.
Israele elude le salvaguardie dell'AIEA
Lo scopo ufficiale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) è promuovere l'uso sicuro, protetto e pacifico delle tecnologie nucleari. Dal 1965, tutti i 180 Stati membri sono soggetti a controlli dell'AIEA per garantire che i rispettivi programmi nucleari non siano utilizzati a scopi militari.
Tuttavia, l'operato dell'AIEA è chiaramente compromesso nei confronti dei paesi che già possiedono armi nucleari. La Corea del Nord si è ritirata dall'agenzia nel 1994 e da tutte le misure di salvaguardia nel 2009.
Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina hanno accordi di salvaguardia basati su offerte volontarie per siti non militari selezionati.
L'India ha un accordo del 2009 che prevede la separazione tra programmi nucleari civili e militari, mentre il Pakistan ha 10 accordi separati, ma solo per progetti nucleari civili, l'ultimo dei quali (2017) copre due centrali elettriche costruite dalla Cina.
Israele, tuttavia, ha solo un accordo di salvaguardia limitato del 1975 legato a un patto di cooperazione nucleare civile con gli Stati Uniti del 1955. Un’aggiunta nel 1977 ha esteso indefinitamente l'accordo di salvaguardia AIEA, nonostante l'intesa con gli USA che ne era all’origine sia scaduta solo quattro giorni dopo.
Così, grazie a una parodia di conformità che Stati Uniti e AIEA hanno tollerato per mezzo secolo, Israele ha eluso i controlli delle salvaguardie con la stessa efficacia della Corea del Nord.
Israele iniziò a lavorare a un'arma nucleare negli anni '50, con il sostanzioso aiuto di paesi occidentali tra cui Francia, Gran Bretagna e Argentina, e produsse le sue prime testate nel 1966 o 1967.
Nel 2015, quando l'Iran firmò l'accordo nucleare JCPOA, l'ex segretario di Stato USA Colin Powell scrisse in un'email, in seguito diventata di dominio pubblico, che un'arma nucleare sarebbe stata inutile per l'Iran perché "Israele ne ha 200, tutte puntate su Teheran".
Powell citava l'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che chiedeva: "Cosa ci faremmo con un'arma nucleare? La lucideremmo?"
Nel 2003, mentre Powell tentava invano di giustificare la guerra contro l'Iraq al Consiglio di Sicurezza ONU, il presidente George W. Bush bollò Iran, Iraq e Corea del Nord come "asse del male", basandosi sulla loro presunta ricerca di armi di distruzione di massa.
ElBaradei e la frode dello "yellowcake" in Iraq
Mohamed ElBaradei, direttore generale egiziano dell'AIEA, ripetutamente rassicurò il Consiglio di Sicurezza che l'agenzia non aveva trovato prove di un programma nucleare militare in Iraq.
Quando la CIA produsse un documento che mostrava come l'Iraq avesse importato uranio "yellowcake" dal Niger – proprio come Israele lo aveva segretamente importato dall'Argentina negli anni '60 – l'AIEA impiegò poche ore per smascherare il falso, come ElBaradei riferì immediatamente al Consiglio di Sicurezza.
Bush continuò a ripetere la menzogna sullo "yellowcake" del Niger e altre plateali falsità sull'Iraq. Gli Stati Uniti invasero e distrussero il Paese basandosi su quelle bugie, commettendo un crimine di guerra di proporzioni storiche.
Gran parte del mondo riconobbe che ElBaradei e l'AIEA avevano sempre avuto ragione. Nel 2005, vinsero il Nobel per la Pace per aver smascherato le menzogne di Bush, affermato la verità davanti al potere e rafforzato la non proliferazione nucleare.
Nel 2007, un rapporto dell’intelligence USA (NIE), concordata da tutte e 16 le agenzie d'intelligence americane, confermò le conclusioni dell'AIEA: l'Iran, come l'Iraq, non aveva un programma di armamento nucleare. Come scrisse Bush nelle sue memorie:
"Dopo la NIE, come potevo giustificare l'uso della forza militare per distruggere gli impianti nucleari di un Paese che, secondo l'intelligence, non aveva un programma nucleare attivo?" Persino Bush non credeva cioè di poterla fare franca riproponendo le stesse menzogne per distruggere l'Iran come aveva fatto con l'Iraq. E ora, invece, Trump sta giocando col fuoco facendo la stessa cosa.
Nelle sue memorie "The Age of Deception: Nuclear Diplomacy in Treacherous Times", ElBaradei scrisse che se l'Iran avesse davvero condotto ricerche preliminari su armi nucleari, queste probabilmente erano iniziate durante la guerra Iran-Iraq negli anni '80, dopo che gli Stati Uniti e i loro alleati avevano aiutato l'Iraq a produrre armi chimiche che avrebbero ucciso fino a 100.000 iraniani.
Successori più compiacenti
I "neocon" che dominano la politica estera americana post-Guerra Fredda consideravano il premio Nobel ElBaradei un ostacolo ai loro piani di cambio di regime nel mondo. Avviarono così una campagna occulta per trovare un direttore generale dell'AIEA più malleabile quando il suo mandato scadde nel 2009.
Dopo la nomina del diplomatico giapponese Yukiya Amano, i cablogrammi americani pubblicati da WikiLeaks rivelarono i dettagli del suo accurato "screening" da parte dei diplomatici USA, che riferirono a Washington come Amano fosse "fermamente schierato con gli Stati Uniti su ogni decisione strategica chiave", dagli incarichi dirigenziali alla gestione del presunto programma nucleare iraniano.
Divenuto direttore nel 2019, Rafael Grossi non solo ha perpetuato la sudditanza dell'AIEA agli interessi USA e occidentali – incluso il silenzio sulle atomiche israeliane – ma ha garantito all'agenzia un ruolo decisivo nella marcia di Israele verso la guerra all'Iran.
Pur avendo pubblicamente riconosciuto che l'Iran non aveva un programma di armamento nucleare e che la diplomazia era l'unica via per risolvere le preoccupazioni occidentali, Grossi ha aiutato Israele a preparare il terreno per la guerra riaprendo le indagini dell'AIEA sulle attività passate dell'Iran.
Poi, proprio nel giorno in cui gli aerei militari israeliani venivano armati per bombardare l'Iran, si è assicurato che il Consiglio dei Governatori dell'AIEA approvasse una risoluzione che fornisse a Israele e agli Stati Uniti il pretesto bellico che cercavano.
Nel suo ultimo anno da direttore, ElBaradei affrontò un dilemma simile a quello di Grossi dal 2019. Nel 2008, i servizi segreti statunitensi e israeliani consegnarono all'AIEA documenti che sembravano dimostrare ricerche iraniane su quattro diversi tipi di armi nucleari.
Mentre nel 2003 il documento sullo "yellowcake" del Niger era palesemente falso, l'AIEA non poté accertare l'autenticità di quelli israeliani. ElBaradei si rifiutò quindi di agire o renderli pubblici, nonostante forti pressioni politiche, perché – come scrisse ne “L'era dell'inganno” – sapeva che USA e Israele volevano creare l'impressione di una minaccia imminente dall'Iran, preparando forse il terreno a un intervento militare.
ElBaradei si ritirò nel 2009, lasciando quelle accuse tra le questioni irrisolte che Yukiya Amano avrebbe dovuto affrontare nel 2015.
Se Rafael Grossi avesse mostrato la stessa cautela, imparzialità e saggezza di Mohamed ElBaradei nel 2009, oggi Stati Uniti e Israele molto probabilmente non sarebbero in guerra con l'Iran.
Il 17 giugno, Mohamed ElBaradei ha scritto in un tweet:
"Fare affidamento sulla forza anziché sui negoziati è un modo sicuro per distruggere il TNP [Trattato di Non Proliferazione] e il regime di non proliferazione nucleare (per quanto imperfetto), e invia un chiaro messaggio a molti Paesi che la loro sicurezza ultima consiste nello sviluppare armi nucleari!!!"
Nonostante il ruolo di Grossi nei piani di guerra USA-Israele come direttore generale dell'AIEA – o forse proprio per questo – quest’ultimo viene già indicato come candidato sostenuto dall'Occidente a succedere ad Antonio Guterres come segretario generale dell'ONU nel 2026.
Questa eventualità sarebbe un disastro per il mondo. Fortunatamente, esistono candidati molto più qualificati per guidare il pianeta fuori dalla crisi in cui Rafael Grossi ha aiutato Stati Uniti e Israele a precipitarlo.
Rafael Grossi dovrebbe quindi dimettersi da direttore dell'AIEA prima di minare ulteriormente la non proliferazione nucleare e spingere il mondo più vicino alla guerra atomica. E dovrebbe anche ritirare la sua candidatura a segretario generale delle Nazioni Unite.
di Medea Benjamin e Nicolas J. S. Davies
fonte: Common Dreams