I malumori europei per l’andamento del conflitto in Ucraina e le sue conseguenze economiche stanno venendo a galla in modo sempre più esplicito, mettendo in mostra tensioni e divisioni che attraversano un fronte NATO in rapido sfaldamento. Il tentativo americano di accorciare il guinzaglio degli alleati europei per mezzo della guerra e della demonizzazione della Russia sembrava poter dare all’inizio i frutti sperati da Washington, ma il protrarsi delle operazioni militari, la resistenza di Mosca e il tracollo imminente del regime di Zelensky hanno fatto esplodere le contraddizioni di un piano destabilizzante da cui l’Europa non ha semplicemente nulla da guadagnare.

Anche sulla stampa ufficiale circolano commenti e citazioni di fonti governative europee che ruotano attorno alla questione dei vantaggi derivanti dalla crisi russo-ucraina. Per l’Europa sembrano cioè essercene pochi o nessuno al netto della propaganda sull’impegno per la difesa della democrazia in Ucraina contro l’aggressione russa. Al contrario, se vantaggi ci sono in relazione alla guerra in corso, è chiaro a chiunque che a raccoglierli è soltanto Washington, quanto meno sul piano strategico o dei profitti dell’industria militare.

 

Un articolo senza tanti sottintesi della testata on-line Politico ha fatto parecchio rumore nei giorni scorsi per la chiarezza con cui la classe politica europea ha tenuto a mandare un messaggio pubblico di impazienza all’amministrazione Biden. Dietro lo schermo della propaganda “mainstream”, in cui Politico rientra in tutto e per tutto, emerge un quadro preoccupante per gli Stati Uniti, che rischierebbero di perdere a breve il controllo sugli alleati, non tanto per il coraggio dei loro lacchè di Bruxelles, Roma, Parigi o Berlino, quanto per i contraccolpi di politiche suicide che alimentano una crisi economica potenzialmente devastante e tensioni sociali senza precedenti.

Com’è ovvio, la responsabilità di una situazione totalmente auto-inflitta viene attribuita a Putin e a quella che sarebbe una guerra “non provocata”. Tra le righe, tuttavia, si vede chiaramente l’impazienza nei confronti degli USA per avere trascinato l’Europa in una guerra che si sta rivelando disastrosa da tutti i punti di vista. Tra i primi a parlare apertamente dei vantaggi indebiti incassati da Washington grazie al conflitto in Ucraina era stato il presidente francese Macron. Alcune settimane fa, quest’ultimo aveva denunciato in un intervento pubblico il costo esorbitante applicato dagli Stati Uniti all’Europa per le loro esportazioni di gas liquefatto (LNG) destinato a rimpiazzare quello russo.

A far salire la temperatura nei rapporti transatlantici è stata però soprattutto la legge voluta da Biden sulla “Riduzione dell’Inflazione” (IRA), un pacchetto di misure che contiene importanti sussidi e agevolazioni fiscali per le industrie americane dietro il paravento delle politiche contro il cambiamento climatico. L’Europa, già costretta a subire le conseguenze della guerra e delle auto-sanzioni teoricamente dirette contro la Russia, si è ritrovata con il suo alleato-padrone che ha formalizzato il proprio progetto di de-industrializzazione del vecchio continente dopo averlo costretto ad auto-privarsi sia delle consolidate fonti energetiche a basso costo sia delle occasioni di sviluppo economico collegate ai piani di integrazione euro-asiatica in atto.

Uno di quelli che Politico definisce come “commenti esplosivi” viene da un anonimo funzionario “senior” europeo, secondo il quale, “se si osserva seriamente la situazione [attuale], il paese che sta traendo maggiore profitto da questa guerra è l’America”, poiché “sta vendendo più gas a un prezzo più alto” e “più armi”. Su questa situazione si innesta inoltre il già citato provvedimento “anti-inflazione” che, sempre secondo Politico, “minaccia di distruggere l’industria europea”.

La stessa fonte della testata on-line americana sostiene che “siamo in un momento storico” e “la doppia offensiva dei sussidi USA”, con effetti sugli scambi commerciali, “e degli elevati costi dell’energia rischia di rendere impopolare tra l’opinione pubblica sia lo sforzo bellico [a favore dell’Ucraina] sia l’alleanza transatlantica”. Al centro ci sono dunque le preoccupazioni per la possibile esplosione di proteste e rivolte tra le popolazioni dei paesi europei più colpiti da inflazione e rallentamento dell’economia, effetti collaterali ampiamente prevedibili della guerra provocata da Washington.

Da parte americana si continua a sostenere che gli stravolgimenti del mercato dell’energia e l’impennata dei prezzi di qualsiasi prodotto sono semplicemente causati dall’invasione russa dell’Ucraina. Questa favola non ha però ormai quasi più nessuna presa nemmeno sugli europei meno informati o più esposti alla propaganda ufficiale di media e governi ed è a dir poco improbabile che possa bastare a evitare le scosse che attendono il continente nei prossimi mesi.

Allo scopo di attenuare le spaccature lungo l’Atlantico, gli autori dell’articolo di Politico raccontano di un’amministrazione Biden poco informata sulle conseguenze della guerra per gli alleati europei. La tesi di un governo americano che in qualche modo ignori i problemi provocati all’Europa è semplicemente ridicola, se non altro perché uno degli obiettivi primari degli USA nel provocare la guerra in Ucraina era fin dall’inizio la creazione a tavolino di una crisi economica da questa parte dell’oceano. La delocalizzazione in corso di compagnie europee verso gli Stati Uniti e la decisione di sfornare un pacchetto di sussidi fiscali da quasi 370 miliardi di dollari per dare stimolo all’industria domestica a spese di quella europea ne sono la conferma più ovvia.

Se Washington ha finora beneficiato di queste dinamiche, i vantaggi appaiono peraltro solo di ordine geo-strategico – vedi lo sganciamento dell’Europa dalla Russia – e per lo più a favore dei produttori di armi. L’economia americana è infatti anch’essa in affanno e i livelli di inflazione ben oltre i livelli di guardia. In prospettiva, inoltre, sia le popolazioni europee sia le loro classi dirigenti avranno un’attitudine sempre più ostile nei confronti degli Stati Uniti, nel peggiore dei casi fino a mettere in discussione le basi dell’alleanza.

Non solo, l’intensificazione di politiche protezioniste da parte americana potrebbe far riesplodere tensioni in grado di trasformarsi facilmente in una vera e propria guerra commerciale. Le voci che chiedono misure a protezione dell’industria europea, in violazione dei principi liberisti su cui si basa in teoria il moribondo progetto UE, si stanno moltiplicando. Dalla Francia si sono ad esempio già sentiti inviti ad agire in questo senso. L’articolo di Politico cita a sua volta un deputato tedesco del parlamento europeo, per il quale “l’UE sta preparando la sua risposta”, ovvero un ingente pacchetto di “sussidi per evitare che l’industria europea venga spazzata via dai concorrenti americani”.

È inevitabile che le recriminazioni dell’Europa si intensificheranno nelle prossime settimane. L’immediato futuro promette d’altra parte un peggioramento della crisi energetica, in primo luogo a causa dell’assurdo “tetto” ai prezzi del petrolio e del gas russi che Bruxelles sta cercando di introdurre. Questi provvedimenti, assieme a un possibile nuovo pacchetto di (auto-)sanzioni nominalmente diretto contro la Russia aggraveranno ancora di più la situazione e, di conseguenza, le tensioni con gli Stati Uniti.

Vanno aggiunte infine anche le dinamiche militari, con la tenuta delle forze del regime ucraino ormai al limite e bisognose di armi ed equipaggiamenti che i paesi NATO difficilmente riusciranno a soddisfare a lungo. Tutti questi fattori giocano a favore di Mosca e minacciano di coagularsi fino a creare uno scenario da incubo per Washington e Bruxelles, fatto di tensioni crescenti tra USA e UE e, all’interno di quest’ultima, con alcuni paesi dell’ex blocco sovietico decisi ad assecondare fino in fondo i diktat americani in opposizione ai governi dell’Europa occidentale.

Le scelte degli Stati Uniti in Ucraina rischiano quindi di scatenare un vespaio, riaccendendo i contrasti transoceanici che erano esplosi nel corso della presidenza Trump. Gli sviluppi che si stanno osservando sul fronte NATO confermano come le divisioni tra gli alleati non erano riconducibili alla sola predisposizione dell’ex presidente repubblicano, ma dipendevano da fattori oggettivi legati alla crisi del capitalismo americano e al declino della posizione globale di Washington. La guerra alla Russia combattuta dentro i confini ucraini minaccia così di ritorcesi contro gli stessi Stati Uniti, responsabili in ultima analisi del riesplodere di scontri commerciali e di altra natura, potenzialmente in grado di spaccare l’alleanza con l’Europa e di scatenare un conflitto transatlantico dalle conseguenze impreviste e imprevedibili.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy