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Categoria: Esteri
di Elena Ferrara

Dal 2000 ad oggi hanno studiato le mosse reciproche cercando di uscire dalla trappola del muro-contro-muro. Ma, in pratica, hanno continuato a brancolare tra quelle nebbie politiche, militari e diplomatiche che avvolgono la loro penisola che è - “tecnicamente” - ancora in stato di guerra dopo il conflitto del 1950-1953, concluso solo da un accordo armistiziale il 27 luglio 1953. Ed ecco all’orizzonte uno spiraglio distensivo che potrebbe contribuire a mettere a fuoco qualche nuova idea. Tutto avviene in una Corea divisa in due all’altezza del 38mo parallelo dove le due realtà “nazionali” si guardano attraverso le barriere di filo spinato. Una prima prova di contatto - pur se in mancanza di concrete progettualità - c’era già stata nel 2000 quando il leader nordcoreano Kim Jong Il e l’allora presidente sudcoreano Kim Dae Jung si erano visti per un vertice che aveva come obiettivo centrale quello di stabilire regole e comportamenti di dialogo. E proprio sulla base di quel summit - pur senza aver rigettato il vecchio clima da guerra fredda - sia Pyongyang che Seul hanno fatto capire che il processo distensivo è molto lento ma inesorabile. E che, soprattutto, i due paesi vanno considerati come “fratelli siamesi” collegati da una stessa strategia finale. L’obiettivo, si dice, è quello della riunificazione con l’abbattimento della cortina del 38mo parallelo. Sulla via del dialogo c’è poi stata una nuova ed importante tappa: quella dei mesi scorsi quando a Pechino la dirigenza nordista, impegnata nei colloqui a sei, ha dichiarato di rinunciare al suo programma nucleare in cambio di aiuti economici e forniture energetiche. Ed ora siamo ad un nuovo giro di boa. Tra alcuni giorni alti funzionari dei due ministeri degli Esteri si incontreranno a Kaesong, località nordcoreana che si trova a pochi chilometri dal confine che divide la penisola. Saranno chiamati a svolgere un lavoro preparatorio di approfondimento e di rivisitazione critica delle attività dei loro paesi. Come obiettivo finale avranno quello di creare le condizioni che dovranno portare a soluzioni operative. Scatterà, subito dopo, il vertice dei due grandi con Pyongyang che ospiterà - dal 28 al 30 agosto - il presidente Roo Moo Hyun che si incontrerà con il “numero uno” del Nord, Kim Jong Il.

Si è, quindi, in presenza di un nuovo ed importante avvenimento che, nonostante tutti i problemi che dominano la palude coreana, sarà pur sempre un reale momento di scelta che non esclude niente a priori. Sul piano dei passi positivi già compiuti, tra l’altro, c’è quello relativo alla vicenda atomica del Nord che ha fatto registrare lo smantellamento della centrale di Yongbyon e la conseguente decisione di favorire le ispezioni in loco dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

Oltre alla questione nucleare c’è poi da rilevare che Pyongyang ha manifestato interesse nei confronti di quelle diplomazie - asiatiche ed europee - che cercano di inserire gradualmente il paese nel giro del consesso internazionale. E’ ancora presto, comunque, per registrare successi e passi in avanti. Ma è pur vero che Kim Jong Il sta dimostrando di attuare una politica di maggiore realismo. C’è una certa disponibilità al dialogo che tende a superare gli scogli relativi alle sanzioni cui il Paese è sottoposto. E c’è una attenzione particolare nei confronti di una Cina che preme per soluzioni distensive. Ma soprattutto a dominare sulla politica del governo di Pyongyang ci sono obiettive difficoltà causate dall'isolamento e dalla paurosa crisi alimentare.

Kim Jong Il, in tal senso, approfitterà del vertice per insistere sulla concessione di aiuti che erano stati promessi più volte ma spesso bloccati. Quanto alla parte strettamente politica e diplomatica l’incontro dei due grandi, al momento, non registra anticipazioni che possono far pensare a svolte epocali. Vince il pragmatismo dei due leader. Con il Nord che parla di un vertice «di grande significato per l'apertura di un nuova fase della pacificazione nella penisola coreana» ed un Sud che fa notare che l’appuntamento «contribuirà in modo sostanziale ad aprire un'era di pace e prosperità tra le due Coree».

Dichiarazioni, quindi, che non forniscono specifici elementi conoscitivi. Non solo ma secondo alcuni osservatori l’accento messo dai sudisti sulle “due Coree” potrebbe stare a significare che Seul ritiene che la partita sulla questione della riunificazione è ancora lontana da una soluzione. Roo Moo Hyun, tra l’altro, si trova a gestire una situazione interna del tutto particolare perchè all’orizzonte (nel dicembre prossimo) dovrà affrontare le elezioni presidenziali. Dovrà fare i conti con quel Partito nazionalista che non accetta linee conciliatorie nei confronti del Nord.

Dall’America, intanto, arrivano alcuni “consigli” in vista dell’incontro di Pyongyang. Per il Dipartimento di Stato i due leader coreani dovranno «accrescere le misure di tipo militare per creare un clima di fiducia e stabilire un regime di pace nella penisola coreana». Generica e tradizionale, invece, una nota del ministero degli Esteri di Pechino: “Dal secondo vertice tra Nord e Sud Corea attendiamo risultati positivi». E tutte queste dichiarazioni stanno a significare che in giro c’è molta prudenza pur se l’arrivo del leader sudista nella capitale del Nord è già di per se un successo nell’ambito di una complessa schermaglia diplomatica e militare che dura dal 1953.