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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

Boris Abramovic Berezovskij, classe 1946, ultramiliardario proveniente dalla Russia e in esilio (volontario) a Londra, sta scatenando una sua guerra privata contro Putin. Punta ad un colpo di stato che sconvolga il Cremlino e che gli permetta, quindi, di rientrare a Mosca da vincitore e dominatore. Sembra una storia che esce dalle pagine dello scrittore Ian Lancaster Fleming perché ci sono tutti gli ingredienti per un giallo internazionale. C’è un potente, indomito calcolatore, a capo di una personale organizzazione che è una sorta di Spectre mediata dalla saga di James Bond. L’uomo è Berezovskij, appunto, che materializza quell’ Ernst Stavo Blofeld che Fleming poneva a capo della banda terroristica in Thunderball. C’è, dall’altro lato della storia, un personaggio super-potente, allevato nelle scuole dello spionaggio internazionale e ben rodato nelle stanze del potere. Si chiama Putin. Non teme la Spectre perché ai suoi ordini ha una istituzione che si chiama Fsb che conta decine di migliaia di 007 di stanza in ogni angolo del mondo. C’è in palio tra i due personaggi la gestione economica (e politica) di un paese immenso come la Russia: 17 milioni di chilometri quadrati e una popolazione di 142milioni di unità. E ancora: mentre Berezovskij si ricollega alla lobby ebraica antirussa e antislava, Putin si sente l’erede diretto della Santa Russia, slava e nazionalista. Ci sono, quindi, tutte le componenti del giallo anche perché l’elenco dei personaggi fatti fuori è notevole. Tra gli ultimi ci sono personaggi come i giornalisti Paul Klebnikov (passaporto russo ed americano, autore di Godfather of the Kremlin, genero di John Train, un miliardario di Wall Street legato alla nobiltà inglese e, in Italia, ad un’importante famiglia e diffusore, attraverso una sua fondazione - Northcote Parkinson Fund - della Bibbia ebraica) assassinato a Mosca nel 2004 e Anna Politkovskaja, autrice di scomode inchieste sulla Cecenia, uccisa sempre a Mosca nell’ottobre 2006.

C’è anche un agente dell’ex Kgb Aleksandr Litvinenko (autore di libri di rivelazioni anti-Putin – Blowing up Russia: Terror from Within e Gang from Lubjanka – finanziati da Berezovskij ) eliminato a Londra, dove aveva trovato asilo, - con una buona dose di polonio-210, nel novembre 2006. Il “giallo” (che si dipana tra la Mosca della Lubianka e del Cremlino, tra le dacie di Serebreny Bor e di Novo Ogariovo e tra le zone londinesi di Piccadilly Circus, il Pine Bar del Millenium Hotel a Grosvenor Square e in qualche pizzeria napoletana) ha poi pagine di contorno con agganci romani e nuovi agenti segreti della Russia di Putin che irrompono sulla scena in questi ultimi mesi: da Dmitrij Kovtun ad Andreij Lugovoi (che è stato guardia del corpo di Berezovskij).

Come appendice, scompaiono anche uomini d’affari di vario taglio. Tra questi spiccano: Vjaceslav Sokolenko; Andrei Kozlov, vicepresidente della Banca Centrale; Enver Zighazin ingegnere capo della TKN-BP, filiale russa della British Petroleum; Aleksander Plokhin, direttore della banca moscovita Vneshtorgbank (quella che gestisce le azioni del gruppo aerospaziale proprietario di Airbus); Anatoly Voronin, palazzinaro…

E così gli ingredienti per questa spy-story (c’è anche un generale russo, Anatolij Trofimov freddato, con la moglie, a colpi di kalashnikov) sono ben presenti. E alla grande. Per non parlare dei “ricorsi” della storia… Perché c’era una volta l’inghilterra di Margaret Thatcher tutta tesa verso Mosca, come base elettorale di Gorbaciov. Era stata lei, lady di ferro, a sponsorizzare il capo del Cremlino nell’arena mondiale. Ora l’Inghilterra (Blair ieri, oggi Brown…) è invece la base dalla quale si punta a destabilizzare la vita politico-istituzionale della Russia.

Cosa sta avvenendo? Procediamo per gradi perché il labirinto è grande e tra Scotland Yard e il nuovo Kgb non si sa chi le spara più grosse. Ma la figura di Berezovskij è quella più certa. Ecco il personaggio. L’Fsb di Putin lo incrimina per “complotto”, per un tentativo di colpo di stato. Tutto nasce (si fa per dire…) da una sua intervista al The Guardian, nella quale l’oligarca auspica l'uso della forza per “rovesciare il regime di Mosca”. “Senza l'uso della forza – dichiara - non avverrà nessun cambiamento nel Paese”. L'intervista, suscita a Mosca una levata di scudi, ma viene anche stigmatizzata dal Foreign Office, che non gradisce coinvolgimenti britannici nelle vicende con il Cremlino.

Così la Russia riapre il dossier su questo personaggio che, nel frattempo, ha cambiato anche nome. Ora si chiama Platon Elenin (Platon come Platone ma anche come il protagonista di un film sulla sua vita, e Elenin dal nome della moglie). Da sempre, comunque, al vertice dell'Olimpo degli oligarchi della nuova Russia. Ed è, al tempo stesso, il rappresentante di una burocrazia finanziaria onnipotente e onnipresente. Personaggio chiave per capire l'attuale situazione politico-sociale della Russia post sovietica che attraversa trasformazioni profonde e repentine con convulsi e diseguali mutamenti. Seguiamolo nella sua biografia.

Soros lo ha definito "genio del male". La sua vita, sin dall'infanzia, non si presenta facile. Il padre è un’autorità nel campo della diaspora ebraica nell'Urss. E così la condizione di ebreo segna un intero arco della sua giovinezza. Sono, come è noto, gli anni della lotta al "cosmopolitismo" che di fatto allontanano gli ebrei da ben precise qualificazioni scolastiche. E tutta questa atmosfera di caccia all'ebreo segna con particolare profondità la psicologia del giovane che si sta formando e che trova, però, la strada per una valida istruzione pur se incontra serie difficoltà.

Nel 1962 studia in un istituto agrario, ma segue corsi tecnici di elettronica sino a che, nel 1968 riesce ad entrare in un istituto scientifico che si occupa di sistemi automatici di direzione. All'età di 27 anni si laurea in ingegneria. I compagni di istituto lo ricordano come gentile e attento. Nel 1983, all'età di 37 anni, diviene dottore in scienze fisiche e matematiche. Ottiene anche un riconoscimento ufficiale e precisamente il premio del “Komsomol”, l'organizzazione della gioventù comunista. E' di questi anni la sua attiva partecipazione alla realizzazione delle strutture direzionali e amministrative della fabbrica di auto Vaz (Fiat) nella città di Togliatti, sul Volga. E sue diverranno molte azioni dell'azienda dopo la privatizzazione. A 45 anni diviene membro dell'Accademia delle Scienze della Russia.

Nel 1992 comprende che per essere accettato come oligarca anche nel cosiddetto mondo intellettuale deve pur concedere qualche premio a chi diverrà, di conseguenza, un suo adepto. Da così vita ad un premio denominato Triumf (Trionfo) che sarà consegnato ad esponenti della cultura della Russia. Dollari per tutti e così si assicura un posto di rilievo anche nel mondo culturale dei nuovi russi ricevendo - nel 1996 - il diploma di "Mecenate dell'anno".

Nel 1993 lancia l'idea di un’organizzazione che provveda a costruire quella che lui definisce "l'auto del popolo". Nasce così la Ava (Avtomobil'nyj Vserossijskij Al'jans) che mette sul mercato le sue azioni. Contemporaneamente si occupa della fondazione di alcune banche. Entra sempre più nel mondo dei grandi affari e trova, nello stesso tempo, la strada per arrivare anche ai centri direzionali del Paese. Diviene consulente governativo per le questioni della politica industriale. Ed è già un autorevole membro delle strutture dirigenziali del Cremlino. Deve molto al presidente della compagnia “AvtoVaz” - Kadannikov - che lo presenta e lo sponsorizza quando il governo è diretto da Egor Gajdar, protettore dei "nuovi russi".

Ed è questo il periodo in cui gli uffici della “AvtoVaz” sono sempre più frequentati da personaggi del vertice russo che si chiamano Anatolij Cubajs, Vladimir Sumeiko e, poi, la moglie di Eltsin Naina e la figlia Tatjana… In questo clima di rapporti e relazioni apparentemente informali forma i veri contatti nel campo economico-finanziario. E sarà sempre lui ad appoggiare Eltsin alle presidenziali e ad ottenere, poi, la “Sibneft”, il colosso finanziario del mondo petrolifero della Siberia.

Nel 1994 entra di forza nel mondo dei mass-media divenendo non solo vice presidente della Tv nazionale (Ort), ma anche uno dei maggiori azionisti. Nel 1995 diventa presidente della direzione della società petrolifera e così l'intero mondo energetico della regione di Omsk - nel nord siberiano - passa sotto il suo controllo. Ma ha contemporaneamente anche altre attività imprenditoriali.

Come, ad esempio, quelle relative alle compagnie “Aeroflot” e “Transaero”. Ed è in seguito a queste operazioni finanziarie che è ritenuto uno degli uomini più ricchi della Russia. Tutto questo avviene in un Paese allo sbando, squassato da tensioni e conflitti (la Cecenia, ad esempio), a competizioni economiche e tecnologiche. Ma Berezovskij sa cogliere il momento e accentua la sua presenza nel mondo politico-finanziario.

Nel 1996 è nominato vice segretario del Comitato per la sicurezza della Russia che nasce sulle ceneri del Kgb. E qui il vero colpo di scena. Il conflitto di interessi, vista la sua implicazione diretta in aziende e società panrusse, è più che evidente. Con un atto ampliato da tutti i media annuncia di abbandonare il mondo della finanza. Ma è un gesto formale. Perché, in pratica, continua a seguire le holding che aveva. Intanto ha dalla sua parte la nuova e forte autorità che gli deriva dall'essere alla testa dei servizi di intelligence. In apparenza tutto sembra muoversi in assoluta tranquillità.

Si dice, in questi anni di grandi transazioni, che aspira al vertice politico. E così i cambiamenti di linea che attua nelle strutture che controlla non sono solo di superficie. Sa di avere di fronte una classe politica senza storia e senza idee. Si regola, di conseguenza perché forte dei suoi capitali. E trova utile e ovvio finanziare - nel 1996 - la campagna elettorale di Eltsin.

Con il nuovo incarico di segretario del Consiglio di sicurezza si trova a seguire la questione cecena. Prende parte attiva alle varie trattative tra Mosca e Grozny e nel 1997 diviene, di fatto, il "curatore" dell'intera area caucasica. Che è poi quella dove transitano gasdotti e oleodotti di rilievo strategico. E si occupa anche di quel conflitto interno alla Georgia che riguarda l'atteggiamento di Tbilissi nei confronti della rivolta dell'Abchasija, una realtà nazionale che è orientata verso Mosca.

Ma la lotta intestina contro di lui non si placa. Il 4 novembre 1997 è destituito dal Consiglio di sicurezza. Si salva egualmente divenendo consigliere dell'amministrazione della Presidenza. Il posto al Cremlino gli è garantito dall'amicizia con la figlia di Eltsin, Tatjana. Viene poi nominato segretario della Csi, la Confederazione di Stati Indipendenti, sorta sulle ceneri dell'Urss. Ma anche in questo nuovo posto di grande responsabilità opera per coinvolgere la Confederazione in operazioni di ordine economico-finanziario. Il 15 dicembre 1999 è eletto alla Duma.

Nel 2000 - forte sempre del suo impero finanziario - comincia ad attaccare le strutture del Cremlino e Putin, in particolare. La Procura generale risponde con una serie di inchieste nei suoi confronti. Sceglie così la strada dell'emigrazione politica e va a vivere in Inghilterra e negli Usa. Mantiene, ovviamente, le sue proprietà e la direzione dell'intero impero che ha costruito dopo il crollo dell'Urss. Dice sempre di restare fedele all'insegnamento di Machiavelli: il potere è l’obiettivo fondamentale per ogni buon principe.

E torna alla ribalta. Punta al Cremlino. Ma, per ora, frequenta i corridoi londinesi di Scotland Yard. Si deve difendere anche dalla Procura Generale russa che ha avviato un'ennesima causa penale nei suoi confronti per quanto ha dichiarato sulle pagine del quotidiano britannico.

Per il Cremlino la nuova causa penale si basa sull'articolo 278 del Codice penale della Federazione Russa (venuta al potere con la forza, cioè azioni indirizzate alla presa del potere con la forza che infrangono la Costituzione), che prevede un periodo di reclusione che varia dai 12 ai 20 anni.