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di Elena Ferrara

E’ un campo inesplorato, ma è pieno di sorprese quello dei Rom di tutto il mondo che si organizzano con l’obiettivo di dimostrare che tra di loro c’è anche una elite intellettuale. Come dire: “mai-dire-mai”. E così a muoversi su questa strada è la comunità romena che mette in mostra i suoi artisti, scrittori e musicisti. E lo fa seguendo le indicazioni di quello che è ritenuto come il “Re internazionale dei Rom”: Florin Cioaba. Un romeno la cui famiglia guida già da parecchie generazioni il popolo dei Rom avendo cercato, soprattutto negli anni Sessanta, di integrare le varie etnie nella società, sia a livello nazionale che internazionale. Ora parte dalla Romania un processo di riabilitazione del popolo Rom e vengono resi noti e pubblicizzati i nomi di quanti si distinguono nel campo sociale e culturale. Sono, ad esempio, il musicista e politico Madalin Voicu (deputato del Partito Socialdemocratico e presidente onorario del “Partito dei Rom”, noto per aver proposto 20 “comandamenti” e tra questi quello che raccomanda ai Rom di lavarsi, per diventare più civili dei romeni), l'antropologo Vasile Ionescu, lo scultore Marian Petre, il pittore Eugen Raportoru che si è laureato a quarant’anni l'anno scorso e che ora studia all’accademia delle Belle arti di Bucarest. Vanta nel suo curriculum 20 mostre in Romania e all'estero e nel 2004 due suoi lavori sono stati esposti in Vaticano sotto l'egida dell'Unesco. Intanto, forte di questi nomi, il ''re'' degli zingari rende noto che su circa 22 milioni di abitanti della Romania, il 2,5% sono di etnia Rom. Tutti pronti a farsi riconoscere come parte di una grande realtà nazionale ed ora anche europea. E’ Cioaba, infatti, che ricorda che con la Romania entrata in Europa il numero dei Rom nel continente tocca già i 12 milioni. E questo vuol già dire che l’Ue sta cambiando il destino di un popolo che sino ad oggi è stato relegato solo nelle cronache “nere” e “gialle”. Esiste in tal senso l’European Rom and Travellers Forum, una sorta di miniparlamento, che apre ai Rom nuove vie e speranze. E Cioba, in questo contesto, si mostra estremamente attivo battendosi contro le discriminazioni dei Rom che ancora esistono in vari paesi, pur se ufficialmente non esiste alcuna legislazione che li metta all’indice. Ma la realtà è che nella vita di tutti i giorni - e anche nella politica locale - esistono forme di discriminazione ed emarginazione. L’ultimo rapporto della Ue lo evidenzia, segnalando persino una tendenza crescente.

“Sono preoccupato per questo - dichiara Cioba - così come per le cure mediche e per la situazione abitativa dei Rom. Bisogna intervenire con urgenza”. Intanto ci sono esempi che vengono dalla Romania e che lasciano ben sperare. In alcune scuole elementari e in un’università di Bucarest viene insegnata la lingua Rom. A Cioba, comunque, la stampa romena rimprovera certe tradizioni che non sono compatibili con quelle di una Ue moderna; ad esempio per quanto riguarda i matrimoni combinati di minorenni. Cioba così risponde: “La nostra tradizione esiste già da millenni: e l’Unione Europea, a confronto, è molto giovane! Ora che viviamo nel nuovo millennio e che da poco facciamo anche parte della Ue, qualcosa naturalmente dovrà cambiare, sono assolutamente d’accordo. Ma il cambiamento - dice - non può avvenire bruscamente e con la polizia fuori dalla porta” e fa poi notare che ultimamente ci sono state campagne informative sul tema dei matrimoni combinati di minorenni e che molti hanno capito che “non si possono far sposare i bambini”.

L’obiettivo generale, comunque, resta quello di unificare i Rom - almeno in Romania - anche attraverso strutture politico-organizzative. Ci sono già giornali dedicati esclusivamente alle minoranze zingare e in alcune scuole si svolgono lezioni di storia delle tradizioni Rom. Il problema centrale è però quello relativo all’occupazione. Mancano posti di lavoro che permettano ai Rom di dedicarsi ai loro antichi lavori. Quanto all’integrazione nella vita sociale c’è un successo che si è registrato - sempre in Romania - nel villaggio di Barbulesti. Qui per la prima volta è stato eletto un sindaco Rom. Si chiama Ion Cutitaru ed ha 55 anni. Nel suo ufficio al Comune ci sono tre bandiere: una della Romania, una dell’Unione Europea e quella internazionale blu e verde del popolo Rom.

Altre notizie - sempre per per quanto riguarda le condizioni delle minoranzwe zingare - vengono dalla Serbia dove le organizzazioni European Roma Rights Centre (ERRC) - agendo in partnership con Bibija, Eureka e Spazio delle Donne, Ong che si sono incontrate a Belgrado - hanno presentato il loro rapporto al Comitato dell’ONU sull'Eliminazione della Discriminazione Contro le Donne (CEDAW). Basato su una ricerca intrapresa nel 2006 e 2007, da sei ricercatrici Romnià (donne Rom), il documento denuncia le condizioni di quelle donne Rom che vivono attualmente in Serbia come “Rifugiati Interni” (IDPs) dal Kosovo o rimpatriate recentemente dai paesi occidentali, in particolare dalla Germania. Dai dati resi noti nell’inchiesta risultano paurose violenze domestiche nei loro confronti. Metà delle intervistate, comunque, hanno rifiutato di parlare di violenza domestica. Le altre hanno denunciato abusi fisici e verbali da parte di membri della famiglia.

Se il problema della violenza domestica riguarda anche altre donne della comunità maggioritaria, va però rilevato che le “Romnià” sono particolarmente vulnerabili a causa dei diffusi pregiudizi e negligenza di quanti sono incaricati del rispetto della legge. Le donne testimoniano che la polizia è riluttante nel proteggerle, quando addirittura non sono gli stessi poliziotti ad aprofittare di quante chiedono aiuto. E non solo questo. Le donne ed i bambini Rom sono anche i bersagli preferiti degli attacchi fisici e verbali dei gruppi neonazisti.

Intanto si registrano nuovi “arrivi” di Rom che chiedono asilo a Bucarest. Erano stati espulsi da da Paesi dell'Europa occidentale per essere indirizzati verso la ex Jugoslavia sulla base d'un accordo tra Belgrado e l'Ue. Ed ora si riversano sulla Romania. Ed è la punta dell'iceberg di un nuovo “fenomeno” come denuncia l’agenzia Tanjug pur vicina alla dirigenza serba. L’intera vicenda viene alla luce sullo sfondo delle trattative sul regime dei visti. Regime che Bruxelles è pronta ad alleggerire nei confronti della Serbia a patto che il Paese ex jugoslavo collabori nella riammissione dei propri immigrati clandestini: in primo luogo dei nomadi di passaporto serbo. Ma pur se l’intesa è stata raggiunta, le prime operazioni di rimpatrio si sono rivelate subito aleatorie. La Serbia ha preso in consegna al confine un primo gruppo di Rom, ma la comitiva non si è data per vinta. Nel giro di pochi giorni si è eclissata e ha sconfinato di nuovo: stavolta in Romania - Stato neomembro dell'Ue - dove ha avanzato istanza collettiva d'asilo accampando maltrattamenti da parte della polizia serba.

''E' un fenomeno nuovo, si mira al passaporto romeno attraverso la richiesta di asilo nella speranza di potersi poi aggirare liberamente nell'Unione Europea'' dichiara alla Tanjug un portavoce della polizia di frontiera romena, aggiungendo che il gruppo è “parcheggiato” per il momento in un centro di raccolta per immigrati di fronte ai dubbi suscitati dalla versione sui presunti maltrattamenti. Dubbi condivisi a Belgrado da Srdjan Sajn, leader di uno dei piccoli partiti della minoranza zingara in Serbia (unico Paese in Europa nel cui Parlamento siano rappresentati deputati della comunità Rom). Secondo Sajn, il gruppo sarebbe in realtà rientrato deciso fin dall'inizio a ''riprovare a emigrare'' verso l’Europa comunitaria. Non per timore della polizia, ma perchè composto da famiglie i cui figli sono nati altrove e ''non sanno pronunciare neppure una parola di serbo''. La strada per la minoranza zingara è, quindi, ancora in salita nonostante la scesa in campo di quella che ormai viene definita come nuova intellighentsija zingara.