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Categoria: Esteri
di Bianca Cerri

Si sono aperti negli Stati Uniti i festeggiamenti dedicati ai reduci di guerra, che dureranno per quattro intere giornate. In molte località saranno presenti anche gli aspiranti candidati alla presidenza del paese che, a parte poche eccezioni, la guerra non l’hanno mai vista, né conoscono la storia dei reduci finiti a vivere nella strada, lunga come una scia di sangue che parte dalla prima guerra mondiale per allungarsi all’infinito. Nel 1918, il presidente Hoover fece cacciare dalla polizia i soldati tornati dal fronte accampatisi davanti alla Casa Bianca per ricordare al governo che aveva dei doveri nei loro confronti. Il governo rispose che avrebbero fatto bene a procurarsi dei giornali e a trovare delle auto abbandonate in cui dormire. In un’epoca in cui la gente faceva ore di fila per un po’ di pane ed era attanagliata dalla povertà, i reduci furono costretti a mendicare per sopravvivere. Un destino molto strano in un paese che già allora idolatrava le armi e l’esercito e già pianificava la propria espansione sull’intero pianeta. Con l’andar del tempo, l’indifferenza nei confronti dei reduci ha finito per trasformarsi in una disfunzione cronica, almeno a giudicare dai dati che rivelano una percentuale del 25% di ex-combattenti di Corea e Vietnam tra gli homeless. Tornati a casa con l’animo ferito dagli orrori della guerra sono invecchiati nella strada, estraniati dalle proprie famiglie ed incapaci di reintegrarsi e riprendere in mano le redini delle loro esistenze. A meno che non abbiano trascorso più di sei mesi in una zona di guerra, i reduci non percepiscono alcuna pensione, neppure se anziani e sofferenti di malattie croniche. Al più, possono accedere a visite mediche gratuite per le quali bisogna fare mesi di attesa. I reduci congedati con la cosiddetta “menzione di disonore”, tuttora una lettera scarlatta, non avranno invece diritto a nessuna forma di assistenza sanitaria né ad accedere ai corsi di formazione istituiti dal governo.

I soldati che furono mandati a combattere in Corea e Vietnam contro la loro stessa volontà non sono infatti considerati come appartenenti all’esercito non avendo prestato neppure giuramento e possono contare su una pensione che ammonta a 4.092 dollari l’anno da ritirarsi presso gli uffici postali in un’unica soluzione, sempre che siano stati congedati con menzione di onore e che abbiano completato almeno un turno. Tutti gli altri, compresi quelli tornati a casa con la scimmia sulla spalla, se nulla tenenti dovranno accontentarsi di vivere sui marciapiedi nelle piccole città come nelle metropoli. La loro giornata sarà fatta di ore vuote e di file davanti alle mense dei poveri in attesa di un pasto caldo.

Il resto del tempo lo passeranno bivaccando nei Drop In Centers, dove potranno lavarsi e socializzare con persone nella loro stessa condizione, ammesso che dopo oltre trenta anni di vita passati ai margini della società ne abbiano ancora voglia. La notte andranno alla ricerca di una casa abbandonata o di un vicolo dove dormire, sempre con la paura di essere attaccati o arrestati. I molti che in prigione ci sono già, una volta finito di scontare la pena non sapranno dove andare e probabilmente anche loro si troveranno a vagare alla ricerca di un pasto e di un luogo riparato per passare la notte.

E per ogni reduce che muore nella strada, la legge 160-65 prevede la sepoltura a spese dello Stato in uno dei 120 cimiteri militari degli Stati Uniti purché la spesa non superi i 400-500 dollari. Una fine ingloriosa per uomini e donne che un tempo furono marines, avieri, guardie costiere o anche semplici soldati e che hanno avuto il grave torto di tornare a casa da vivi in un paese dove la gente è abituata a commuoversi solo davanti alle bare avvolte nelle bandiere a stelle e strisce. Oltretutto, l’offerta dei funerali a prezzi contenuti vale solo per gli ex-militari che hanno combattuto in Corea tra il 27 giugno del 1950 ed il 13 gennaio del 1955, il Vietnam dal 28 febbraio 1961 al 7 maggio 1975 o nel Golfo Persico dopo l’agosto del 1990.

L’Associazione Nazionale dei Reduci di Guerra Indigenti è preoccupata, perché tra i senzatetto si contano già molti reduci dal Medio Oriente, più giovani rispetto a quelli delle altre guerre e soprattutto affetti da problemi mentali che richiederanno terapie mirate al loro reinserimento. Se diagnosticati come malati di mente prima del congedo, non potranno avanzare diritti né verrà facilitata la loro ricerca di un lavoro. Senza un diploma o un mestiere dovranno percorrere da soli una lunga strada tutta in salita. A conti fatti, si accorgeranno che potranno al massimo aspirare a un funerale da quattrocento dollari…Dio benedica America, no?