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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

I russi che vanno alle urne il prossimo 2 dicembre per eleggere il nuovo Parlamento (la Duma) arrivano all’appuntamento (considerato come una vera e propria prova generale in vista delle presidenziali dell’anno prossimo) consapevoli di una situazione particolare. Da un lato vivono in una crisi generale che va dall’economia familiare alle condizioni sociali, dal caos del pluripartitismo al potere degli oligarchi; dall’altro si trovano a dover constatare che il Cremlino va, a poco a poco, assumendo un volto autoritario che spinge indietro l’orologio della vita locale. Piaccia o no, questo è il quadro che ci si presenta. Il Presidente Putin, classe 1952, dopo una serie di rimpasti governativi ed istituzionali cerca di garantirsi un vitalizio politico dal Cremlino pretendendo di manovrare a suo piacimento la vita del Paese. Si è organizzato mettendosi accanto una schiera di fedeli (allievi del vecchio Kgb e amici d’infanzia nella Leningrado sovietica) e dando vita ad un suo partito, che si avvale anche dell’apporto di pionieri-balilla-avanguardisti che si vanno mobilitando in qualità di agit-prop. Intanto - sempre su ordine del presidente - gli oppositori (i “dissidenti” di oggi) sono braccati, picchiati e arrestati. Tanto che l’Osce frena la missione che doveva portare in Russia i suoi osservatori per monitorare lo svolgimento delle elezioni. Ma anche questa azione che ha, ovviamente, un riflesso internazionale notevole, non impressiona Putin. E così le sue squadre di polizia usano ormai il pugno di ferro ogni volta che nelle città si manifesta. Le uniche assemblee concesse sono quelle in favore del Cremlino. Ora che Putin fosse un autocrate era chiaro fin dalla sua elezione nel 2000. Eppure, dopo il caos degli anni di Eltsin, molti speravano che avrebbe almeno riportato l'ordine e il rispetto dello stato di diritto. Invece - con un grande errore strategico - ha messo sotto controllo i mezzi d'informazione e l'economia, reprimendo quei politici che si oppongono alla sua autorità…

Ora va alle elezioni con un sistema elettorale blindato forte anche dell’appoggio di tutti i media e di grosse forze economiche. Soffia sul programma di un nazionalismo di vecchio stile e fa la voce grossa nei confronti degli Usa, ma già si prepara a guardare alla nuova presidenza americana. A Mosca, intanto, circolano notizie relative a brogli dopo che il Cremlino ha già provveduto ad effettuare un “suo” controllo sulle leggi elettorali, sulle strutture statali e sui mezzi di comunicazione per assicurarsi che l’opposizione abbia ben poche possibilità di ottenere seggi.

Detto tutto questo va anche rilevato che la Russia di oggi - questa, appunto, dell’ era Putin - è un paese che si sta rialzando dalla stagnazione degli anni scorsi. Con un “pensiero” che procede per tentativi e per graduali evoluzioni. C’è da notare, in proposito, che le linee portanti della politica di Eltsin sono state già messe in archivio e il Cremlino di oggi (mosso dall’ideologo Vladislav Surkov) fa sempre più riferimento alle posizioni neocon. Si tratta di “tesi” che si riferiscono alla “democrazia sovrana”. Che è in primo luogo una formula politica - la “sovranità”, appunto - che intende dichiarare l'emancipazione della Russia da qualsiasi forma di condizionamento estremo. Nel pensiero di Putin, infatti, essa si contrappone alla “democrazia guidata”, che, “imposta da alcuni centri di influenza globale a tutti i popoli senza discernimento”, consiste in ultima analisi in “un modello stereotipato, imposto con la forza e con furbizia, di regimi politici ed economici non efficaci e conseguentemente diretti dall'esterno”. Putin non propone una reazione autarchica, ma di “collaborare secondo regole giuste e non di essere gui¬dati dall'esterno”. Ed è appunto in questa formula la sostanza della democrazia so¬vran così come è vista oggi da Mosca.

Sovranità - per Putin - é un processo di reale indipendenza, che significa possibilità giuridica di realizzare i propri fini e di determinare le proprie azioni senza vincoli che non siano posti o scelti dallo Stato stesso. Di conseguenza, significa altresì disponibilità effettiva dei poteri dello Stato da parte dei suoi organi. Altro elemento sul quale si basa la nuova dottrina della sovranità “alla Putin” consiste nel fatto che la supremazia dello Stato si esercita sui soggetti all'interno dell'ordinamento senza alcuna interferenza di altri enti: solo lo Stato, quindi, può stabilire i limiti della sua competenza in ordine a determinate materie e organizzare i singoli e le comunità per il perseguimento dei fini volta per volta fissati. Ed eccoci - dal terreno vago della teoria al campo pratico della realtà - alla consultazione di questo novembre 2007.

LA DUMA. E’ l'organo rappresentativo e legislativo della Federazione Russa: consiste di due camere (il Consiglio della Federazione e la Duma di Stato). Del Consiglio fanno parte rappresentanti di tutti i soggetti della Federazione. La Duma è composta di 450 deputati. L'attuale legislatura - la IV - è stata eletta il 7 dicembre 2003. E’ attualmente la frazione “Russia Unita” a detenere la maggioranza (305 deputati); 36 posti appartengono al Partito liberal-democratico, 51 al Partito comunista della Federazione Russa, 39 alla frazione “Patria”, 15 deputati sono indipendenti. Questa la situazione originale che si è andata però modificando nel corso della legislatura in quanto si sono creati nuovi schieramenti, nuove coalizioni. Quanto ai dettagli relativi a questa nuova fase elettorale la stampa di Mosca ha ricordato che la “campagna” è già costata ad ogni partito dai 70 ai 75 milioni di dollari. E per un candidato eletto la somma va dai 5 ai 10 milioni di dollari.

I SONDAGGI. I maggiori istituti russi sostengono che l’81% della popolazione è convinta della bontà dell'attività da parte del presidente, mentre il 74% ritiene che l'attività di Putin favorisca l'avvicinamento della Russia nei confronti dell'occidente. Il 72% crede che Putin abbia riportato l'ordine nella Russia migliorandone la legislazione, mentre il 70% sostiene che il presidente abbia consolidato le istituzioni statali ed il sistema politico. Infine, il 65% dei cittadini ritiene che Putin abbia contribuito a migliorare la democrazia, i diritti umani e la libertà. La maggioranza, il 74%, sostiene che la linea politica intrapresa da Putin dovrà essere proseguita anche dopo la scadenza del suo mandato nel 2008. Il 47% di questa fetta di interpellati sostiene che anche in futuro l'attuale linea politica andrà mantenuta seppure con alcuni correttivi. Ad esempio, il 18% dei russi vorrebbe vedere cambiamenti nell'ambito della politica governativa nel 2008. Il 36% degli interpellati ritiene che, seppur si debba proseguire sulla via politica intrapresa da Putin, sarà necessario apportarne alcune leggere modifiche.

PROGRAMMI FUTURI. A Mosca si dice che c’è sempre più una Russia autoritaria che sta scivolando verso il totalitarismo. Secondo Le Point, "Putin esibisce incessantemente il proprio potere". Il suo governo, secondo The Guardian, è più "sfrontato e sicuro di sé" di quegli degli anni Novanta. E un osservatore come Max Boot in un suo articolo scrive che "dopo essere salito al potere in una nascente democrazia, Putin ha ristabilito il controllo autoritario". E per "rafforzare" quel "controllo", scrive The Independent, Putin "sapeva a chi chiedere aiuto", e cioè nientemeno che ai siloviki (l'élite del potere) dell'ex-KGB. Putin è, secondo i senatori americani Lindsey Graham e Joseph Biden, "una dittatura formata da un solo uomo" che "continua a consolidare il proprio potere" in Russia.

Certo, il presunto potere di Putin può portare a pericolose semplificazioni. Ma come nascono queste percezioni, qual è il vero stato dell'amministrazione Putin, e quanto può nuocere questo mito del controllo totale a coloro che prendono le decisioni politiche a Washington e in Europa? C'è - è vero - un’atmosfera di sfiducia verso il Cremlino. Alimentata - ed anche questo è vero - da molti media americani che non hanno mai digerito il sorgere di una Russia nuova, forte e capace di presentare e diffondere le sue concezioni in ogni angolo del mondo. C'è, in pratica, anche una certa linea "editoriale" che si evidenzia in occidente e che va messa nel conto ed analizzata. Una linea che tende ad abbassare il livello di ciò che non riesce a comprendere. Così vari media occidentali censurano spesso concetti che non rientrano nella familiare dicotomia dittatura/democrazia.

Ma qui, proprio per le sue dimensioni, va sempre ricordato che la Russia è un terreno particolarmente fertile per le teorie e i miti che riguardano le prese di potere e i leader senza scrupoli. La colpa non è solo di quei media che semplificano troppo. Il mito deriva anche dall'atteggiamento manipolatorio dei riformisti russi falliti. "L'opposizione liberale della Russia ha interesse ad alimentare questo mito", dice Boris Kagarlitskij, importante esperto dell'istituto degli Studi sulla Globalizzazione. "In primo luogo, li aiuta a ricevere appoggi dall'estero. In secondo luogo, contribuisce a giustificare i fallimenti dell'opposizione stessa. Invece di dire, “non abbiamo saputo offrire nulla che la gente potesse approvare e per questo motivo abbiamo fallito”, finiscono per dire che un regime fascista li ha ostacolati e che la situazione è così terribile che non hanno potuto farci nulla". Ecco, quindi, che l'Occidente percepisce ancora la sfera politica russa principalmente come la sede di una lotta tra le forze favorevoli al Cremlino e un'opposizione filo-occidentale, liberale, liberista. E così sorge di nuovo l'interrogativo: chi governa la Russia?

Tante, ovviamente, le risposte e tutte di segno diverso. Si parla, ad esempio, di Putin come un potente amministratore delegato che controlla la sua compagnia. Ma c'è anche l'immagine di Putin ostaggio da una burocrazia sempre più potente, immischiata negli affari. E in questo contesto è difficile dire se Putin controlli Gazprom e Lukoil o se Gazprom e Lukoil controllino Putin.. E c'è un altro fatto che va messo nel conto della situazione attuale: cioè che esiste una buona maggioranza della popolazione che sarebbe disposta a perdonare a Putin la gestione della "democrazia autoritaria" a patto che questa tendenza contribuisca a far affermare un miglioramento del tenore di vita.

I PARTITI IN LIZZA. “Edinaja Rossija” (Russia unita) è il partito filopresidenziale guidato da Boris Gryzlov. Si tratta della formazione che include il maggior numero di ricchi oligarchi. E molti tra loro stanno cercando in questa fase elettorale di assumere posti di comando all’interno delle strutture della nomenklatura emergente. I nomi che vengono avanti sono quelli di Bogdancikov della Rosneft; Rascinkov e Moriozov del complesso industriale di Magnitogorsk; Kosyzin del complesso industriale degli Urali. Nel Partito confluiscono le donazioni di capitali da parte di personaggi come Suleiman Karimov - proprietario delle società “Nafta-Moskva”, “Polimetall” e “Ob’edinennaja gostinicnaja kompanija” - (un capitale privato di 12 miliardi di dollari); Viktor Rascinkov - proprietario del “Kombinat” metallurgico di Magnitogorsk - con 9 miliardi di dollari; Andrej Skoc - maggiore azionista della holding “Metalloinvest” - con 3 miliardi di dollari; Sait-Salam Guzeriev - azionista di maggioranza della compagnia finanziaria-industriale “Bin” - con 1,6 miliardi di dollari; Andrej Kosyzin - maggiore azionista elle industrie minerarie degli Urali, con un capitale privato di 1,5 miliardi di dollari; Boris Zubizkij - azionista della holding dell’industria metalmeccanica, con 1 miliardo di dollari; Leonid Simanovskij - azionista dell’industria del gas “Novatek” con 9 milioni di dollari…

C’è poi il partito Liberal democratico “LDPR” del populista Jirinovskij. Segue il Partito comunista di Zjuganov “KPRF” sponsorizzato economicamente anche dalle industrie Astek della città di Saratov. Altre formazioni in lizza sono l’Unione delle forze di destra “SPS” di Nikita Belych; “Jabloko” (La mela) del riformista Grigorij Javlinskij; “Agrarnija partija” (Partito contadino) di Vladimir Plotnikov (1932); “Narodnaja Volija” (Volontà del popolo) - di Sergej Baburin; “Svbodnaja Rossija” (Russia libera) di Michail Barscevskij; “Democraticeskaja partija” (Partito democratico) di Bogdanov; “Partija vozrozdeniija Rossii” (Partito della rinascita della Russia) di Gennadij Seleznev; “Zelenye” - (Verdi) di A.Panfilov; “Partija mira i edinstva” (Partito della pace e dell’unità) di Sascia Umalatova; “Partija sozspravedlivosti” (Partito della giustizia sociale) di Aleksej Podbereski; “Patrioty Rossii” (Patrioti della Russia) di Gennadij Semigin.

C’è, infine, il movimento chiamato “Nesoglasnye”. E cioè quello di quanti non sono d’accordo. In particolare si tratta di queste organizzazioni: Fronte di unità nazionale (guidato da Garry Kasparov); Unione popolare democratica (di Michail Kasjanov); Nazional-bolscevichi (di Eduard Limonov); Avanguardia della gioventù rossa (di Udalzov). Su tutti e su tutto l’ombra pesante di Putin. Un padre-padrone che a suo tempo - non appena in vista della tappe del Cremlino - dichiarò con sfrontatezza: "Prima eleggetemi e poi vi dirò chi sono". Allora lo hanno ascoltato. Ora bisognerà capire ancora una volta cosa farà da grande.

IL POST ELEZIONI. Guardando avanti si può notare che politici e imprenditori occidentali stanno investendo in un sistema di gestione deterministico e verticistico della Russia, finendo così per perpetuarlo. Gli abusi dei diritti umani denunciati dai gruppi umanitari e dai mezzi di informazione esistono e Vladimir Putin, come presidente, ne è considerato responsabile. Una cosa però è credere che il suo governo sia una dittatura, e un'altra cosa è ritenere che gli omicidi, la corruzione e gli arresti dei giornalisti cesserebbero se solo Putin lo volesse. La tremenda realtà è che le pressioni su Putin non potranno alleviare dei problemi che hanno altre cause oltre a Putin stesso. La Russia userà anche una forte retorica. Ma una buona politica estera deve tener conto della sua insita debolezza. Un governo che sta attraversando una crisi di gestione corporativa, dovrebbe poter usare una medicina migliore del reiterato appello a un "corso democratico".

La Russia non è né la prima né l'ultima nazione a essere tremendamente fraintesa dall'Occidente. In questo caso, ciò che rende unica la Russia sono le sue dimensioni e il suo potenziale energetico, è anche il fatto che la gestione putiniana guarda ancora a occidente, nonostante le affermazioni che il presidente offre al pubblico interno. Ecco perché - a parte tutti i giudizi in gran parte negativi - sulla gestione della Russia attuale mi sento di affermare che una destabilizzazione del Paese dopo le elezioni del 2008 significherebbe la destabilizzazione di un produttore mondiale di petrolio, con conseguenze enormi sull'economia mondiale. E non è un fatto da sottovalutare. Perché, è ovvio, qui in gioco non c’è solo il “petrolio”. E sempre in questo contesto ha ragione il politologo Claudio Moffa, che in un suo scritto sulla rivista “Eurasia” ci ricorda che è in atto una campagna di demonizzazione della Russia organizzata dagli ambienti oltranzisti mondiali. E qui si può aggiungere che contro “questa” Russia si impegnano in particolare quelle organizzazioni finanziate dal miliardario George Soros. Tutti, quindi, contro Putin? Il dramma della Russia di ieri, di oggi (e di domani…) sta forse nel non avere amici?