Stampa
Categoria principale: Articoli
Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

E’ sempre una brutta notizia quando un giornale va a picco. Perché ora, a Mosca, c’è un punto e a capo per una testata che ha segnato molte pagine della recente storia sovietica: scompare dalle edicole il settimanale Moskovskie Novisti (Notizie di Mosca) che era stato il portavoce di quella “trojka” sovietica (Michail Gorbaciov, Aleksandr Jakovlev e Edvard Scevardnadze) che aveva partorito la perestrojka. In quei tempi - quando l’Urss era ancora in piedi pur se traballante - Moskovskie Novisti scagliava le sue parole contro la nomenklatura e contro le strutture del Pcus. Non accettava minimamente le soluzioni “sovietiche” e si poneva in contrapposizione a tutta la stampa di quei tempi divenendo una sorta di vero e proprio partito di opposizione. Alla testa aveva un giornalista come Egor Jakovlev che si era conquistato una certa fama negli ambienti del Comitato Centrale del Pcus per alcuni libri apologetici su Lenin. Poi, sotto l’influenza del suo omonimo (Aleksandr) Jakovlev aveva invertito la rotta approdando nell’entourage di Gorbaciov-Scevardnadze. E di qui la scalata. Con tutti gli appoggi possibili e immaginabili che venivano da un Cremlino che si avviava verso il processo di ristrutturazione e distruzione dell’Urss. Il giornale - tanto per fare alcuni esempi che oggi possono sembrare “insultanti” - entrò nell’orbita americana tanto che una testata come The New York Times ne fece la sua base a Mosca traducendo, stampando e diffondendo una edizione in russo. E fu una operazione di marketing politico di livello stratosferico. Una intera equipe di traduttori e redattori si mise all’opera per portare ai russi il verbo del NYT. E il quotidiano - grazie ai buoni contatti con i due Jakovlev, con Gorbaciov e Scevardnadze - fu stampato in milioni e milioni di copie diffuse - gratuitamente - in tutta l’allora Unione Sovietica. A Mosca il giornale arrivava con un servizio di porta-a-porta affidato ai corrieri militari e gli indirizzi erano quelli di tutti coloro che attendevano che l’Urss chiudesse la sua esistenza. Ma non c’è solo questo. Gli americani scelsero Moskovskie Novisti per installare nella sede una loro radio - Radio Maximum - che parlava russo, ma pensava in americano. E ancora. Moskovskie Novisti - oltre ad edizioni in inglese, tedesco e francese - arrivò anche in Israele presentandosi nelle edicole di quel paese come l’organo della diaspora russo-ebraica. Da quei tempi le pagine del settimanale sono state tutte impegnate (anche in modo giornalisticamente autorevole) a demonizzare il socialismo reale. Una rivista, in sintesi, tutta basata sul revisionismo militante e sulla distruzione di quanto era stato costruito (nel bene o nel male) nel paese.

E comunque sia sempre giornale di punta, carico di idee e pronto a svolgere azioni di attacco, a destra e a sinistra. Poi - con l’Unione Sovietica messa in archivio - per il settimanale sono cominciati tempi duri. L’enorme edificio di proprietà redazionale, situato nella centralissima piazza Puskin, è stato prima restaurato in seguito ad un (provvidenziale) incendio avvenuto in un casamento vicino, poi a poco a poco offerto in affitto ai migliori offerenti. E pur cambiando più volte direttore Moskovskie Novisti ha dovuto fare i conti con gli editori-proprietari usciti dalla confraternita dei nuovi russi. Ultimo arrivato nell’arena dei boss della stampa è stato Arkadi Aleksandrovic Gaidamak (“oligarca di religione ebraica” così lo definisce Leonardo Coen su La Repubblica) un ucraino di Berdicev nato nel 1952 ed emigrato in Israele dove si fa chiamare con un nome ebraico: Aryeh Bar-Lev, ossia “Leone dal cuore possente”. Padre e padrone con un portafoglio carico di milioni delle valute più pregiate e con quattro passaporti in tasca. Padrone in Francia di France Soir e in Gran Bretagna della squadra di calcio del “Portsmouth”.

E non basta. Perché forti sono le sue ambizioni politiche dal momento che in Israele ha fondato un movimento di ultradestra chiamato “Giusitizia sociale”. Ed ora, forte di questi suoi bagagli ben sistemati oltre i confini della Russia, Gaidamak decide di affrontare la campagna d’inverno contro Mosca. Manda a casa un suo servitore come il direttore Tretjakov e chiude bottega. Pronto a riaprirla dopo un restyling di stampo israeliano. Punta ad un settimanale attento alla high class e alle cronache economiche. Dietro alle pagine che usciranno ci saranno così le grandi holding legate a questo Gaidamak che entra a gamba tesa nell’arena russa proprio nel momento in cui Putin e Medvedev avviano la loro campagna elettorale. E così l’orizzonte politico russo si troverà a fare i conti con questo Gaidamak che nel suo paese di adozione ha già tentato la scalata alla Knesset, forte della sua ricchezza (si parla di 4miliardi di dollari) con una serie di interventi nel mondo degli affari, dello sport (Betar Gerusalemme, Bnei Sakhnin), dello spettacolo e dei mezzi di comunicazione.

Il dossier delle sue attività si accresce di giorno in giorno. Si dice che sia implicato in traffici di armi in Africa e che sia ricercato in Francia perchè sospettato di gravi illeciti. Anche in Israele la polizia lo controlla sospettandolo di riciclaggio bancario, anche se finora nei suoi confronti non hanno preso forma accuse concrete. Ed ora a Mosca tra quanti ricordando la combattività del settimanale “Moskovskie Novosti” sono in molti a chiedersi come mai il giornale non posò mai gli occhi sulla vita e sulle attività del suo “padrone”. Silenzio totale anche da parte di Gorbaciov - autore di Moskovskie Novisti - ed ora impegnato a mangiare in casa pizze Hat ottenute dalla campagna pubblicitaria e a girare per il mondo con le borse della Louis Vouitton delle quali è testimonial. Quanto a Svevardnadze Moskovskie Novisti lo ha abbandonato da tempo: l’ex ministro sovietico vive nella sua Tbilisi, braccato. Come dire: c’era una volta la perestrojka. E sarà interessante ora vedere che tipo di “ristrutturazione” arriverà a Mosca con questo magnate israeliano, nato in Ucraina, vissuto in Russia e , come lui dice, “cittadino del mondo”.