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Categoria: Esteri
di Giuseppe Zaccagni

Praga e Varsavia prendono tempo sulla controversa questione dello scudo spaziale che gli Usa (accelerando i tempi) voglio imporre nell’Europa centrale: nessun dietrofront ma anche nessuna fretta per sancire gli accordi raggiunti a suo tempo. I primi a muoversi sul terreno di una diplomazia che ora si basa su una certa prudenza e su alcune timide inversioni di rotta (quanto a rapporti con il Cremlino) sono i polacchi che con il nuovo premier Donald Tusk - esponente di Piattaforma Civica, il partito liberale di centrodestra - ottengono una timida vittoria quanto a garanzie di sicurezza. Tutto avviene a Praga dove il leader di Varsavia e il premier ceco Mirek Topolanek (esponente della formazione dei Civici Democratici) si incontrano per far sapere agli alleati americani che la strada dello scudo spaziale è ancora in salita e che, di conseguenza, “la qualità è più importante della velocità”. Come dire che in tutta la vicenda di una nuova strategia geopolitica del continente bisogna fare i conti con le varie esigenze dell’Est e dell’Ovest. Nessuno, comunque, ha interesse ad accelerare o frenare il processo. I negoziati non sono una corsa contro il tempo, ha detto Topolanek alludendo alle congetture dei media secondo cui gli Stati Uniti vorrebbero chiudere in fretta i colloqui per un accordo prima della fine del mandato presidenziale di George W.Bush a gennaio del 2009. Intanto mentre circolano voci sempre più preoccupate per gli esiti finali della trattativa geostrategica, i media polacchi scrivono che il presidente Usa vorrebbe essere ricordato come il personaggio che ha reso sicuri gli Stati Uniti contro potenziali “Stati canaglia”, in particolare l’Iran. Torna così il discorso iniziale. E si sottolinea nuovamente che il progetto statunitense di difesa antimissile in Europa prevede la costruzione di una base di dieci intercettori antimissile in Polonia e una stazione radar nella Repubblica Ceca. Ma è anche vero che in entrambi i Paesi l’opinione pubblica è in maggioranza contraria allo scudo spaziale mentre i rispettivi governi, finora, avevano più o meno assicurato il loro sì implicito al progetto.

A Varsavia, finché il premier era Kaczynski, non sussistevano dubbi sul placet polacco. Ma con l’arrivo di Tusk l’assenso non è più invece incondizionato, e anche Praga ora tira un po’ il freno. Entrambi i Paesi vorrebbero tra l’altro che i costi del progetto fossero sostenuti interamente dagli Stati Uniti. Inoltre, anche se assicurano che non si faranno condizionare, Polonia e Repubblica Ceca sono preoccupate delle minacce lanciate dalla Russia contraria al progetto.

Le obiezioni di Mosca contro il progetto Usa di difesa antimissile in Europa sono, intanto, al centro dei colloqui tra il vice ministro degli Esteri russo, Serghiej Kislak e quello degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski. Trattative difficili che al momento non trasmettono messaggi ottimistici. Sikorski ribadisce che le opinioni russe vanno ascoltate ma che non saranno vincolanti per Varsavia. E comunque insiste nel sostenere che il progetto americano non è diretto contro Mosca ma piuttosto contro eventuali minacce da parte di altri Paesi. Torna così nell’arena politica e diplomatica la tesi americana del pericolo che viene dal Medio Oriente e, in particolare, dall’Iran. Ed oggi, più che mai, dal Pakistan.

Varsavia e Praga sono così sottotiro. Auspicano una soluzione diplomatica con l’Iran, ma sanno bene che gli Usa sfruttano sempre più l’arma della minaccia iraniana. E pertanto l’ombra di Teheran (che amplia la sua attività di arricchimento dell’uranio) cala sempre più sulle due capitali europee che ora vorrebbero allontanare i tempi del progetto spaziale. Bush, invece, accelera i suoi contatti con polacchi e cechi. Vuole il suo scudo nel cuore dell’Europa e approfitta del recente “incidente” nello Stretto di Hormuz, teatro di un confronto a distanza tra cinque battelli veloci iraniani e tre unità da guerra statunitensi. E’ chiaro che gli Usa vogliono avere i loro missili sempre pronti per colpire l’Iran. E le basi in Polonia e nella Repubblica ceca divengono, per loro, sempre più necessarie. Ecco perché respingono decisamente soluzioni e trattative che richiedono tempi lunghi. La realtà è che la macchina da guerra degli Usa, come sempre, ha fretta.