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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

MOSCA. La Nato - con un vertice - si avvicina sempre più ai confini con la Russia. Sceglie il Baltico - una delle zone strategiche dove ha puntato gli occhi - come sede ideale per esaminare l’avventura di Kabul. E così, proprio nella tranquilla Vilnius, capitale lituana - dove il “grande gioco” è solo un lontano ricordo tratto da Kipling - le acque della Nato si agitano e quel monito del padre della moderna geopolitica, Harold Mackinder - “Chi governa l’Europa orientale comanda la zona centrale; chi governa la zona centrale comanda la massa eurasiatica; chi governa la massa eurasiatica comanda il mondo” - risuona più forte che mai. Avviene, infatti, che nella città baltica si ritrovano i ministri della Difesa dei 26 paesi alleati nell’avventura afgana. Dovrebbero discutere - tra abbracci e sorrisi in un clima in cui tutti hanno ragione e dunque anche torto - l’andamento delle operazioni militari sul fronte anti-Talebano. Tutto è pronto per un grande show mediatico. Le televisioni invitate preparano trasmissioni particolari per l’estremo nord europeo e una attenzione particolare riguarda Russia ed altri paesi dell’ex Unione Sovietica. L’idea portante consiste nel mostrare una Alleanza, forte e decisa. Accade, invece, il contrario. Gli “alleati” si scambiano accuse che, negli ambienti militari, piombano come macigni. Si parla di “scarso impegno”, di “mancanza di preparazione”, di “errori di strategia”, di “sconfitte in arrivo”... Si denunciano assenze importanti e si scopre che non si riescono a trovare altri 7500 soldati da impiegare nel teatro di guerra. Il vertice si annuncia quindi duro e fallimentare anche perchè è dominato dai veleni che le diplomazie militari si scaricano a vicenda. Ci sono americani, inglesi e canadesi che chiedono aiuti per sviluppare le azioni nel sud del Paese. Ma dall’altra parte italiani, tedeschi, francesi e spagnoli - che sono di stanza in altre aree cruciali (i nostri militari sono nelle zone di Harat e nella capitale Kabul) - rispondono che le questioni della ricostruzione non sono meno importanti delle azioni di guerra contro i Talebani.

C’è, in atto una sorta di gioco che tende a nascondere i veri motivi della guerra. Si parla solo di strategie future, ma non si guarda agli errori compiuti sin dal primo momento dell’inizio dell’avventura. Intanto le polemiche inter-atlantiche non accennano a diminuire. Perchè sul vertice di Vilnius è arrivata come un fulmine a ciel sereno la dura reprimenda del Segretario alla Difesa degli Usa - Robert Gates - il quale ha parlato di una “alleanza a due velocità”. Divisa cioè tra chi è pronto a “combattere e morire in difesa della sicurezza” e chi non lo è. Ma ad ammortizzare l’impatto di questa denuncia arriva il segretario generale della Nato - Jaap de Hoop Scheffer - il quale giura che l’alleanza rimane unita, pur riconoscendo che va aumentata la forza sotto comando atlantico in Afghanistan (Isaf, 43.000 militari) contro gli attacchi taleban e di al-Qaeda. Altrimenti, dice, le conseguenze si faranno sentire anche in Occidente.

Gli scontri al tavolo di Vilnius si fanno così sempre più pesanti. All’americano Gates risponde il tedesco Franz Josef Jung: “Noi invieremo in Afghanistan altri 200 militari che, però, non dovranno combattere”. Gran Bretagna e Stati Uniti, sostenuti dal segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, contrattaccano chiedendo un maggiore contributo in truppe e mezzi ma soprattutto una maggiore disponibilità a impiegare i soldati in combattimento e nelle aree più calde del sud. Tutto questo perchè i 43.000 militari che compongono l’Isaf (l’International Security Assistance Force) non sono dislocabili - si sostiene - in aree calde o in azioni offensive. Intanto l’Olanda annuncia di aver prolungato fino al 2009 l’impegno dei suoi soldati nella provincia di Oruzgan ma di aver ridotto il contingente da 1650 a 1.300 militari.

Diversa la posizione inglese. Londra, che schiera quasi 8.000 soldati, annuncia che avvicenderà in aprile le sue truppe inviando la 16ma Brigata aeromobile e nuovi aerei del tipo Typhoon ed elicotteri Merlin. Anche la Polonia potenzierà con 400 soldati il suo contingente composto da 1.200 militari e 9 elicotteri. I rinforzi maggiori saranno comunque statunitensi: ben 3.200 marines per due terzi destinati ad affiancare i canadesi e per un terzo assegnati all’addestramento delle truppe afgane. L’obiettivo della Nato resta comunque quello di reperire almeno altri 3.500 militari con qualche decina di elicotteri da attacco e trasporto da impiegare in combattimento prima della campagna di primavera.

Per ora c’è una prima risposta di Berlino che ha deciso di inviare altri 250 soldati ma non li sposterà dalle “tranquille” regioni settentrionali. Indiscrezioni circa l’invio di altre truppe riguardano anche Italia e Spagna che ufficialmente negano ogni ipotesi di rinforzo ai contingenti schierati ad Herat. Eppure il comando Nato di Kabul pretende che anche il Settore Ovest, appunto a guida italiana, disponga di un Battle Group, cioè di un battaglione da combattimento da impiegare nelle quattro province che dipendono da Herat. Attualmente il compito è affidato a una Forza di reazione rapida di appena 250 militari italo-spagnoli che dovrebbero almeno raddoppiare. Conferme a un maggiore impegno militare di Roma e Madrid potrebbero giungere solo dal Vertice Nato in programma a Bucarest dal 2 al 4 aprile che riunirà i capi di governo alleati e dove anche la Francia potrebbe annunciare una sua escalation.

L’incontro in Romania (secondo il capo del Pentagono, Robert Gates, "il più grande mai realizzato") si annuncia come quello destinato a ricucire i tanti strappi registrati a Vilnius. Non è un caso se il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha dichiarato che al summit (capi di Stato e di governo dei 26 stati membri della Nato) gli Usa chiederanno un cambio di strategia della missione Nato. Intanto Hoop Sheffer, in visita esplorativa nella capitale romena, spiega che a dare dimensioni record all'evento sarà l'eccezionale numero di delegati previsti all'evento, che dovrebbe essere nettamente superiore al precedente vertice di Riga del 2006. I temi principali saranno l'espansione Nato nei Balcani, questioni di sicurezza e di energia collegati con la regione del mar Nero e soprattutto la situazione in Afghanistan.

Ed è già annunciata la richiesta Usa agli alleati (Italia, Spagna, Germania e Francia in testa) di rimuovere i 'caveat' che impediscono ai contingenti nazionali la partecipazione alle operazioni di guerra. C’è, ovviamente, ancora tempo per una riflessione. Ma nessuno sembra intenzionato a fermare e respingere gli eccessi della politica americana pur sempre improntata a quella arroganza del potere ben descritta da J.William Fulbright.