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Categoria: Esteri
di Fabrizio Casari

No, non ce n’era nessun bisogno. Di un Kosovo indipendente, con tutto quello che comporta e comporterà, sia dal punto di vista politico sia da quello del diritto internazionale, non c’era bisogno. La dichiarazione d’indipendenza che Pristina ha lanciato come un bastone tra le gambe degli equilibri europei, ottiene infatti il triste risultato di rimettere in campo una concezione esclusivamente etnica della natura giuridica di una entità statale. E’ un obbrobrio dal punto di vista giuridico non minore di quelli che, sulla base della stessa affermazione identitaria di tipo etnico, hanno rappresentato la cornice dentro la quale i Balcani hanno visto la più brutale torsione del diritto internazionale della fine del secolo scorso, con il seguito drammatico di guerra e distruzione che ha incendiato l’Europa dell’Est. Che l’Unione Europea – ma sarebbe più esatto dire una parte del gruppo fondatore della Ue – abbia deciso di accettare, anzi addirittura di fornire valenza giuridica e politica alla secessione kosovara, è un fatto grave e pericoloso. E’ grave perché il riconoscimento europeo avviene in assoluta obbedienza ai desiderata degli Stati Uniti, che continuano – anche nella fase più difficile della loro leadership – a decidere il bello e il buono per il continente europeo. Un continente che una volta di più si dimostra imbelle ed incapace di dare sostanza politica al progetto comunitario, inteso come progetto di governance distinto – quando non alternativo - dall’unipolarismo statunitense, che scarica democrazia made in Usa dai suoi bombardieri. Un progetto europeo che, se fosse realmente un nuovo modo d’intendere le relazioni internazionali, avrebbe dovuto vedere come prima, necessaria condizione ad ogni modifica territoriale della Repubblica Serba, il via libera delle Nazioni Unite, in quanto unico foro possibile per dirimere le controversie internazionali. E l’Onu, giova ricordarlo, in diverse risoluzioni e con diversi pronunciamenti, aveva rifiutato per il Kosovo qualunque assetto statuale che inficiasse l’integrità territoriale serba.

E del resto, una delle clausole sulle quali Belgrado accettò la fine delle ostilità, era proprio quella che stabiliva con assoluta nettezza – pur nell’ambito di una ampia autonomia per il Kosovo – l’integrità territoriale della Serbia. Integrità che ora, senza tema di smentita possibile – viene invece stravolta. Si tratta quindi di una violazione degli stessi accordi di pace e dell’affidabilità degli impegni presi dalla comunità internazionale. E’ invece l’affermazione netta del principio peggiore: quello dell’uso della forza solo con i deboli.

Belgrado non riconosce e non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo. E se oggi accetta di non dare la parola alle armi, non è solo per l’evidente insostenibilità di una nuova guerra, ma anche per rispettare sia verso il suo stesso popolo che verso la comunità internazionale, l’impegno ad assegnare alla diplomazia e non alla guerra il compito di sanare ogni possibile controversia internazionale. Ma sarebbe illusorio pensare che l’ulteriore valanga di odio etnico che si sta consolidando resterà a lungo sepolta sotto il “civile confronto di idee”. Quello che si prepara, purtroppo, è l’ennesimo serrare le fila di etnie e religioni (ma anche di politiche) destinate a scontrarsi di nuovo nel cuore dell’Europa.

La scelta di riconosce l’indipendenza di Pristina é grave anche perché il presunto allargamento dell’Unione Europea si è dimostrato fumo negli occhi, avendo deciso a tavolino - Parigi, Roma, Londra e con qualche distinguo Madrid – che la scelta di sostenere e riconoscere l’indipendenza kosovara poteva fare a meno del consenso di tutti gli altri paesi pur membri della Ue. Una volta di più, a sancire l’inutilità di costituzioni ed atti ufficiali, decisamente a questo punto da intendersi come solo celebrativi, par di capire oggi che sono la forza del denaro e quella delle armi gli ingredienti della diplomazia europea, in questo non dissimile da quella tanto vituperata e arrogante degli Stati Uniti.

Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo di Thaci è pericoloso anche perché pone un paese, governato da un noto terrorista internazionale, a disposizione delle mafie balcaniche e delle organizzazioni criminali europee, che avranno nel Kosovo il territorio ideale per il loro definitivo insediamento nel cuore dell’Europa. Non saranno certo i terroristi reduci dell’Uck a formare la base legalitaria dell’entità nazionale kosovara; né, meno che mai, una barriera alla penetrazione delle mafie che, sin dal conflitto con i serbi, non hanno lesinato proprio all’Uck aiuti di ogni tipo, mentre europei e statunitensi si giravano volentieri dall’altra parte.

Pericoloso perché sulla base del riconoscimento dell’indipendenza kosovara, saranno molte le etnie che potranno - a questo punto non senza ragione – rivendicare status che vanno appunto dalla totale autonomia all’indipendenza vera e propria, aprendo così un domino infinito che avrà come posta principale la stabilità del continente. Riconoscendo l’indipendenza da Pristina, infatti, si costituisce un precedente al quale si appelleranno, sia in sede giuridica che politica, tutte quelle popolazioni che, a torto o a ragione, riterranno per i più svariati motivi di dover modificare, fino a stravolgere, gli assetti territoriali degli stati. C'era stato garantito un Nuovo Ordine Mondiale; é arrivato in dono il caos permanente.