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Categoria: Esteri
di Luca Mazzucato

Facciamo un breve gedanken esperiment: pensiamo a cosa succederebbe se la polizia italiana, in un'irruzione alla ricerca di presunti terroristi, uccidesse per sbaglio otto bambini a sangue freddo. È facile immaginare l'ondata di indignazione che scuoterebbe l'intero paese. La scorsa settimana, in un solo giorno l'esercito israeliano ha assassinato otto bambini nella Striscia di Gaza. A sangue freddo, con attacchi aerei da sopra i palazzi della città, in un'escalation che continua incessante da giorni. Una delle vittime era un neonato di sei mesi ucciso nella propria culla. L'IDF (ironico acronimo per Israeli Defense Force) non cerca neppure di discolparsi: secondo il portavoce “è strano che dei bambini si trovassero nella zona di lancio di razzi e spesso i terroristi impiegano bambini per recuperare i lanciarazzi.” Così strano non sembra, visto che i razzi vengono spesso lanciati da zone abitate. La notizia viene ignorata dall'opinione pubblica occidentale, qualche vago accenno nelle veline “di sinistra”. È ormai un fatto assodato che, a mezz'ora da Tel Aviv, con i suoi grattacieli scintillanti e i surfisti abbronzati a cavallo dell'onda, chi uccide otto bambini non verrà mai non solo condannato, non accusato, ma nemmeno cercato. L'IDF questa volta non ha neppure avviato la solita indagine farsesca per accertare le responsabilità e le operazioni militari continuano senza sosta. I fatti sono presto riassunti. Mercoledì un razzo Qassam lanciato da Beit Hanoun uccide un israeliano di quarantasette anni, padre di quattro figli, all'uscita dal College dove studiava. Subito dopo, si intensificano gli attacchi dell'aviazione israeliana in tutta la Striscia. Tre missili colpiscono il Ministero dell'Interno nel centro di Gaza City, radendo al suolo il palazzo governativo insieme ad alcune case circostanti. In una di esse si trovava Mohammed al-Bor'i, sei mesi, ucciso dal crollo del tetto durante l'attacco.

I missili colpiscono e distruggono anche la vicina clinica del Palestinian Medical Relief, una organizzazione umanitaria spesso unica possibilità di assistenza sanitaria per la popolazione. Contemporaneamente, un altro attacco aereo ad una vicina stazione di benzina uccide tre bambini che stavano giocando all'aperto. Due muoiono per le ferite riportate, ad uno di essi viene staccata la testa di netto dall'esplosione. Purtroppo si trovavano nei pressi di un lanciamissili abbandonato, obiettivo dell'attacco israeliano. Giovedì, nella città di Jabalia, nel nord della Striscia, un altro attacco aereo israeliano uccide quattro bambini di sette, otto, undici e quattordici anni, che si trovavano ad una festa di matrimonio.

La procedura seguita dall'esercito israeliano è semplice. Quando viene lanciato un razzo, l'aviazione individua il luogo da cui è partito, che in pochi minuti diventa l'obiettivo di un attacco aereo. Lo scopo dichiarato di questi attacchi di rappresaglia è colpire ed eliminare i gruppi di militanti responsabili del lancio. Tuttavia è ben noto che i militanti palestinesi utilizzano timer o telecomandi, proprio per evitare la rappresaglia israeliana. Spesso i Qassam vengono lanciati da zone densamente abitate, quali il villaggio di Beit Hanoun, a ridosso della città israeliana di Sderot: durante il giorno i bambini giocano tra le macerie del villaggio e nei pressi dei lanciarazzi, non avendo altro posto dove andare e dunque diventano inconsapevoli obiettivi dell'aviazione israeliana, che non si fa scrupolo di bombardare zone residenziali.

La pioggia di razzi Qassam nel sud di Israele, che si è intensificata nelle ultime settimane seguendo la consueta escalation di attacco-rappresaglia, sta avendo un duplice risultato: da una parte espone i civili della Striscia ai continui bombardamenti dell'IDF, dall'altra conferisce al governo israeliano la totale impunità per qualsiasi crimine commesso ai danni della popolazione civile palestinese. La diplomazia occidentale, infatti, si inchina di fronte al proclamato diritto di Israele di difendere la propria sovranità territoriale. Solo la scorsa settimana, Olmert ha incassato il sostegno incondizionato della Germania e del Giappone per una rioccupazione della Striscia.

Le statistiche della guerra di attrito a Gaza sono impressionanti: dall'inizio di quest'anno, un israeliano è stato ucciso dai Qassam, mentre centocinquanta palestinesi sono morti sotto i pesanti attacchi dell'aviazione e della fanteria israeliana, tra cui quarantadue civili. In questa situazione, le iniziative di resistenza non violenta all'Occupazione israeliana non riescono a incidere sull'andamento del conflitto. La manifestazione pacifica indetta da Hamas la scorsa settimana, che nelle previsioni doveva formare una catena umana di quarantamila persone dal check point di Erez a nord fino al confine di Rafah a sud, ha ottenuto una partecipazione di circa cinquemila persone nel centro di Gaza City.

Il sentimento diffuso tra la popolazione civile di Gaza è la disperazione, la mancanza di qualsiasi prospettiva nel futuro e la certezza che nessuna iniziativa popolare può scalfire la violenza dell'Occupazione e dell'embargo in cui è sigillata la Striscia. Le manifestazioni quotidiane contro l'assedio e per la riapertura dei confini non fanno notizia, sotto il fragore delle bombe e delle stragi di civili. La popolazione di Gaza e del vicino villaggio di Sderot si trova quindi intrappolata in una spirale di orrore che contrappone le bande armate palestinesi, con i loro “missili della resistenza” (così vengono chiamati i razzi Qassam nella stampa araba), ai continui bombardamenti dell'esercito israeliano. I leader di Hamas e il governo Olmert sono allacciati in una prova di forza ed entrambi vedono come unica via di uscita lo scontro militare aperto. La breve euforia suscitata dalla breccia nel confine di Rafah è naufragata subito tra i rumori delle bombe.