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di Michele Paris

Non saranno stati troppo felici gli elettori e i dirigenti del Partito Democratico americano qualche giorno fa nell’apprendere la notizia, data in diretta durante la storica trasmissione della NBC “Meet the Press”, che Ralph Nader si ripresenterà come candidato indipendente alle presidenziali del prossimo mese di novembre. Il 74enne avvocato e attivista dei diritti dei consumatori ha infatti annunciato ufficialmente la sua intenzione di partecipare per la quinta volta alla corsa verso la Casa Bianca, dopo le polemiche seguite alle presidenziali del 2000, quando fu accusato di aver sottratto voti decisivi ad Al Gore, e il pessimo risultato del 2004. Proprio i fatti relativi a quest’ultima tornata elettorale, nella quale a detta di Nader i democratici misero in atto un vero e proprio boicottaggio per escludere il suo nome dalle schede in numerosi Stati dell’Unione, starebbero alla base del suo ennesimo tentativo. Furono poco meno di 100.000 i voti che Ralph Nader si aggiudico nel 2000 in Florida, attirandosi le ire dei democratici per la vittoria così consegnata a George W. Bush e determinando la quasi scomparsa del Partito dei Verdi, sotto le insegne del quale stava correndo per la seconda volta consecutiva. In quell’occasione riuscì a conquistare il 2,7% delle preferenze su scala nazionale, mentre quattro anni più tardi dovette accontentarsi di un misero 0,3%. “Fondamentalmente siamo discriminati perché i democratici hanno paura dei voti che siamo in grado di sottrarre al loro candidato”, ha dichiarato Nader ai microfoni della NBC, facendo riferimento alla limitata presenza del suo nome a soli 34 Stati durante le ultime elezioni presidenziali. Per i presunti ostacoli frapposti dal Comitato Nazionale Democratico alla sua candidatura del 2004, quando molti ricorsi circa la regolarità della sua raccolta di firme lo esclusero da Stati importanti come la California, l’Ohio e la Pennsylvania, l’ex paladino dei diritti dei consumatori ha da tempo avviato due cause presso la Corte Superiore di Washington e il Tribunale Federale Distrettuale della Virginia.

Nader, salito alla ribalta delle cronache americane oltre 40 anni fa per aver intentato svariate cause contro le principali case automobilistiche in materia di sicurezza e tutela dei guidatori, sarà così il più anziano pretendente alla Casa Bianca nell’“election day”. Tra i punti principali di un programma presidenziale che cercherà di fare appello agli elettori indipendenti e agli scontenti per la deriva retorica, a suo dire, degli esponenti del Partito Democratico, si ritrovano molti dei cavalli di battaglia che contraddistinguono la sua singolare battaglia politica a livello nazionale da oltre quindici anni a questa parte. La copertura sanitaria universale, la riforma del codice del lavoro, la riduzione delle tasse per i redditi più passi, la lotta contro il potere delle multinazionali e contro la corruzione della politica, nonché il ritiro delle truppe USA dall’Iraq, sono alcuni dei temi che Nader reputa essere spariti dall’agenda dei candidati democratici e repubblicani.

Le reazioni del mondo politico statunitense all’annuncio del primo candidato arabo-americano della storia di questo paese (la famiglia di Nader è di origine libanese) sono state di tono diverso a seconda dello schieramento di appartenenza. Tramite il quasi ex candidato alla nomination repubblicana Mike Huckabee, il Partito del Presidente Bush ha accolto con favore la notizia, ironizzando sulle paure per una possibile erosione di una fetta importante di voti di parte democratica. Più infastiditi che spaventati sono apparsi invece Barack Obama e Hillary Clinton. “È una candidatura inopportuna”, ha detto l’ex First Lady. “Ripensando ai suoi precedenti, credo sia una scelta dannosa per tutti, specialmente per gli Stati Uniti”, ha aggiunto. Il Senatore dell’Illinois non ha negato invece i meriti di Nader nelle sue battaglie per i diritti dei consumatori, ma ha ugualmente condannato la sua scelta. “Il suo ruolo di candidato perenne non aiuta a portare il cibo sulle tavole dei lavoratori”, ha affermato Obama.

L’ennesima presenza di Ralph Nader sulle schede elettorali nelle presidenziali di novembre ha prodotto reazioni ben poco benevole anche da parte dei principali commentatori ed editorialisti d’oltreoceano. Uno dei bersagli preferiti dei media americani è stata la sua prestazione in Florida nel 2000, che ha di fatto cancellato le possibilità di successo di Al Gore e, più ancora, le sue dichiarazioni durante quella campagna elettorale che mettevano sullo stesso piano l’ex vice-presidente di Bill Clinton e il futuro inquilino della Casa Bianca George W. Bush. Anche se il paladino dei consumatori ha tenuto già da ora a precisare che tra il “front-runner” repubblicano John McCain e i candidati democratici ci sono effettivamente delle differenze, la scarsa considerazione ormai diffusa nei suoi confronti tra gli indipendenti, nonché il messaggio di stampo progressista, a cui Nader da sempre si ispira, fatto proprio almeno in parte da Obama e Hillary, dovrebbero far sì questa volta che il sonno di quanti auspicano un cambio di rotta nella politica del prossimo inquilino della Casa Bianca non sia turbato più di tanto.

Il vecchio progetto del “Terzo Partito”, a lungo cullato da Nader, sembra infatti definitivamente morto da tempo e a maggior ragione in queste presidenziali le sue istanze di cambiamento sembrano già superate da quelle portate avanti, quanto meno nei discorsi propagandistici, dai due sfidanti per la nomination democratica. Il suo attivismo negli ultimi decenni ha prodotto risultati notevoli come ad esempio, solo per citarne un paio, la creazione dell’Agenzia per la Protezione Ambientale e della Commissione per la Sicurezza dei Consumatori, ma essi non hanno mai implicato una mobilitazione delle masse tale da prefigurare un nuovo soggetto politico. E la presenza di Obama inoltre, con la capacità dimostrata di creare un vero e proprio movimento attorno alla sua candidatura, affievolisce ulteriormente le velleità di guastatore di Ralph Nader.