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Categoria: Esteri
di Luca Mazzucato

“Abbiamo completamente fallito nell'Intifada. Non abbiamo ottenuto alcun risultato,” afferma Zubeidi, fino a pochi mesi fa a capo delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa a Jenin. “Un fallimento schiacciante: non siamo riusciti a tranformare le azioni militari in risultati politici. L'attuale leadership non vuole resistenza armata e dalla morte di Abu Ammar [Yasser Arafat] nessuno è capace di usare le nostre azioni per raggiungere alcun obiettivo. Con la morte di Abu Ammar, è morta l'Intifada armata.” Questa pesante sentenza è il giudizio definitivo di colui che per i palestinesi di Jenin rappresentava il simbolo della resistenza. Ora ha rinunciato alla lotta e trascina le sue giornate in un piccolo teatro, nel campo profughi di Jenin. Girando le strade di Jenin, parlando con i passanti, sembra di essere in una cittadina di campagna: e di questo si tratta, a otto anni dall'inizio dell'Intifada di Al-Aqsa. Nulla rimane più della resistenza palestinese in città: con l'Operazione Scudo Difensivo del 2002 e l'interminabile sequenza di arresti ed esecuzioni, l'esercito israeliano ha stroncato le organizzazioni militanti, neutralizzato qualsiasi velleità di ribellione all'Occupazione. Ciò che rimane è rassegnazione, a poche centinaia di metri dal Muro che separa la città dal verde panorama della Galilea. Zubeidi è cresciuto nella Casa di Arna, un teatro per bambini nato alla fine degli anni Ottanta dalla voglia di dialogo di attivisti israeliani e palestinesi. All'età di tredici anni è stato colpito alla gamba da una pallottola israeliana, che lo ha lasciato zoppo, e ha passato i successivi cinque anni nelle prigioni dello stato ebraico, un detenuto bambino, per aver lanciato pietre e bottiglie molotov. Durante la Seconda Intifada, dopo che la madre e il fratello vengono uccisi a sangue freddo dall'IDF, decide di entrare nell'ala armata di Al Fatah, le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, diventando una figura mitica della resistenza di Jenin per essere scampato a vari tentativi di assassinio e di arresto. Diventa famoso persino in Israele per le sue apparizioni televisive in cui parla un ebraico fluente, ma soprattutto per la sua amicizia con Tali Fahima, una pacifista israeliana in seguito imprigionata per questo motivo.

In una recente intervista al quotidiano israeliano Ha'aretz, Zubeidi non fa sconti a nessuno. Dopo aver rinunciato alla lotta armata e aver sciolto la sua organizzazione, in un primo momento è stato graziato dal governo israeliano, che poi è tornato sui suoi passi, così ora non sa se tornerà in prigione o godrà dell'amnistia.

Oggi Zubeidi vive a Jenin e spende il suo tempo libero al teatro d'infanzia, lontano dalla politica e dalla guerra. Le sue parole sono lo specchio della disperazione palestinese. “Ho smesso di lottare in parte a causa della guerra tra Hamas e Fatah,” racconta Zubeidi. “Mi è perfettamente chiaro che non riusciremo a sconfiggere Israele. Il mio scopo era di portare un messaggio al mondo attraverso la resistenza. Ai tempi di Abu Ammar avevamo un piano, una strategia e portavamo avanti i suoi ordini. Tutto quello che veniva fatto durante l'Intifada seguiva le sue istruzioni.”

“L'Intifada è morta perché i nostri politici sono prostitute, la nostra leadership è spazzatura. Guarda Ruhi Fatouh, che è stato presidente dell'ANP per due mesi dopo Arafat. Contrabbandava telefoni cellulari. Capisci? Gli scismi politici ci hanno distrutto non solo politicamente: hanno distrutto la nostra identità nazionale.” Secondo Zubeidi, non c'è più alcuna identità Palestinese. “Vai nelle strade da chiunque e chiedigli: tu chi sei? Ti risponderà: sono di Fatah, sono di Hamas. Ma non ti dirà: sono Palestinese. Ogni organizzazione alza la sua bandiera, ma nessuno alza più la bandiera della Palestina.”

Racconta un recente episodio, una cerimonia per ricordare l'uccisione di un martire palestinese. “Mi hanno chiesto di dire qualche parola. Cosa potevo dire? Non posso più promettere che noi seguiremo le impronte dei martiri, come si usava dire, perché mentirei. Un capo di Fatah mi ha detto: stiamo continuando la resistenza. Gli ho detto che è un bugiardo.”

Secondo Zubeidi, la lotta interna tra Hamas e Fatah ha portato la causa palestinese verso la rovina definitiva. “Hamas compare sulla sua emittente televisiva e dice che Fatah son traditori. Cioè, il quaranta percento della nazione sono traditori. Poi arriva Fatah e annuncia la stessa cosa e hai un totale di ottanta percento di traditori.”

Gli attivisti palestinesi hanno pagato il prezzo più grosso, prosegue Zubeidi. I loro amici, i loro parenti sono stati uccisi, le loro case demolite dall'IDF e non hanno più di che vivere. “E qual è il risultato? Zero. Molti altri, per frustrazione, sono passati alla Jihad Islamica, perché Fatah non ha più alcun braccio armato.”

Secondo Zubeidi, l'unico scopo dell'ANP ormai è la sicurezza israeliana, prima della sicurezza dei suoi stessi cittadini. “Quando una jeep occupante entra in un campo profughi, l'ANP non fa nulla; se qualcuno spara alla jeep, l'ANP va e l'arresta immediatamente. Oggi il presidente palestinese è il Generale Dayton [il coordinatore della sicurezza USA]. Lavorano tutti per lui, l'ANP non esiste più.” La strategia di Abu Mazen è un grosso errore: “Sta giocando d'azzardo sui negoziati: ma cosa succede se il dialogo fallisce e per la fine del 2008 lo Stato Palestinese non viene costruito? Ci sarà una guerra. Non contro Israele o tra Hamas e Fatah, ma contro l'ANP. I cittadini manderanno all'aria l'ANP. Scoppierà una guerra totale, per il controllo della West Bank.”

L'opinione di Zubeidi è largamente condivisa in tutta la West Bank. Di ritorno la settimana scorsa dalla sua missione diplomatica negli Stati Uniti, lo stesso Abu Mazen ha espresso forte disappunto per l'andamento dei negoziati. Secondo Abu Mazen, nessun progresso è stato fatto ed è difficile raggiungere un accordo entro la fine del 2008: “Abbiamo chiesto di discutere dei confini del '67,” ha dichiarato Abu Mazen in un raro scoppio d'ira, “ma nessuno di loro parla mai dei confini del '67.” Persino alla richiesta di spingere Israele a fermare l'espansione delle colonie illegali, Abu Mazen svela che gli USA non stanno facendo alcuna pressione su Tel Aviv.

La profezia di Zubeidi sembra dunque non del tutto implausibile. In passato, Zubeidi ha mostrato un sottile fiuto politico. Nel 2004, subito dopo la morte di Arafat, in un'intervista al quotidiano egiziano Al-Ahram, Zubeidi aveva fatto pronostici sul futuro dell'ANP. Riferendosi ai vani tentativi dei giovani militanti di riformare Fatah ed eliminare la corruzione dilagante, Zubeidi raccontava: “Vogliamo ricostruire Fatah, ma loro [Abu Mazen e la vecchia guardia dell'OLP] dicono che l'Occupazione non lo permette. Allora come fanno a organizzare elezioni sotto l'Occupazione? Non c'è democrazia sotto l'Occupazione. Immagina che Hamas vinca le elezioni per il Parlamento palestinese: gli israeliani assedierebbero l'edificio! Si aprirà una finestra su una guerra civile tra i Palestinesi e arriverà il caos.” Pronostici in quel caso puntualmente avveratisi.