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di Michele Paris


Mentre la interminabile battaglia per la nomination in casa democratica sta finalmente giungendo al suo epilogo, tra i due prossimi candidati alla Casa Bianca Barack Obama e John McCain sono già iniziati i primi scontri verbali sui temi più caldi che infiammeranno la campagna vera e propria per le presidenziali. Tra gli argomenti emersi in questi giorni, quello relativo al ruolo della Corte Suprema degli Stati Uniti e alla composizione dei suoi membri ha messo in luce due posizioni diametralmente opposte nei punti di vista del Senatore democratico e di quello repubblicano. Dal momento che il prossimo presidente eletto sarà probabilmente chiamato a nominare almeno un nuovo membro del supremo tribunale americano, vista l’età molto avanzata di alcuni di quelli attuali, l’equilibrio che si verrà a creare tra i giudici di orientamento conservatore e progressista sarà determinante nell’indirizzare le deliberazioni che potrebbero prospettarsi a breve su alcuni argomenti estremamente delicati, primo fra tutti quello dell’aborto.
A dare il via al confronto successivamente rimbalzato sui principali media americani è stato il 71enne Senatore dell’Arizona un paio di settimane fa in un discorso pubblico nel quale ha manifestato una posizione molto vicina a quella dell’ala conservatrice del “G.O.P. Party”. McCain si è scagliato contro quello che ha definito “attivismo dei giudici”, criticando il “sistematico abuso” della posizione occupata da essi per intervenire su temi, quali quelli legati ai diritti civili, che a suo parere dovrebbero rimanere al di fuori della competenza della Corte. L’occasione per ribadire nuovamente la sua posizione il candidato repubblicano l’ha poi sfruttata anche recentemente all’indomani della sentenza della Corte Suprema della California che ha abolito il divieto in quello Stato di celebrare matrimoni omosessuali.

Le apprensioni manifestate da Obama al contrario hanno tutte a che fare con una Corte il cui baricentro è già spostato sufficientemente a destra e che troppo spesso ha deliberato in favore dei “potenti contro i più deboli”, delle grandi aziende e del governo a discapito dei diritti individuali. Il modello di giudice indicato dal Senatore democratico è stato quello dell’ex Governatore della California Earl Warren, famoso anche per aver presieduto l’omonima commissione che indagò sull’assassinio del Presidente Kennedy, a capo della Corte Suprema (“Chief Justice”) tra il 1953 e il 1969. Durante il suo incarico Warren, che fu anche candidato alla vicepresidenza per il Partito Repubblicano nel 1948, si distinse infatti per le numerose sentenze che contribuirono a liquidare la segregazione razziale negli USA e all’evoluzione dei diritti civili. Un comportamento in definitiva che coincide perfettamente con il modello stigmatizzato da McCain di utilizzo del potere giudiziario per contribuire al progresso sociale della società.

Tra gli attuali membri che compongono la Corte Suprema degli Stati Uniti, Obama ha riservato la propria ammirazione per Stephen G. Breyer, Ruth Bader Ginsburg e David H. Souter, i primi due nominati da Bill Clinton rispettivamente nel 1994 e nel 1993, il terzo da George H. W. Bush nel 1990 e tutti accreditati di un approccio pragmatico al dettato costituzionale e attestati su posizioni generalmente liberal, in particolare la signora Bader Ginsburg, durante le votazioni. “Desidero che i giudici della Corte si dimostrino sufficientemente in sintonia con i cittadini comuni di questo paese”, ha dichiarato Obama nello spiegare i principi che guideranno le sue scelte in questo ambito in caso di elezione.

La situazione riguardante gli equilibri tra i membri della Corte è particolarmente delicata poiché i due giudici più anziani, l’88enne John Paul Stevens (nominato da Gerald Ford nel 1975) e appunto la 75enne Ruth Bader Ginsburg, sono anche due tra i più progressisti tra quelli attualmente in carica. E McCain ha già fatto sapere che in caso di successo nelle presidenziali, i giudici ai quali dovrà eventualmente affidare questo incarico ricalcheranno i modelli del giudice capo della Corte Suprema John G. Roberts jr. e il giudice Samuel A. Alito jr., entrambi scelti dall’attuale inquilino della Casa Bianca nel 2005 e nel 2006.

La nomina di uno o addirittura due nuovi giudici conservatori contribuirebbe in maniera decisiva a creare una solida maggioranza anti-liberal all’interno della Corte Suprema per un periodo verosimilmente di lunga durata. Ciò potrebbe determinare la minaccia concreta di vedere ribaltata, ad esempio, la sentenza del 1973 “Roe contro Wade” sulla quale si basa il diritto all’aborto negli USA, senza contare la possibilità di ulteriori interventi volti ad aumentare l’influenza della religione nelle questioni governative e nelle scuole, a limitare il controllo delle armi da fuoco nonché, ovviamente, a cancellare il diritto ad unioni civili tra cittadini dello stesso sesso. Al contrario, l’elezione di Barack Obama significherebbe la garanzia di una Corte Suprema di impronta decisamente più progressista o quanto meno equilibrata nella propria composizione con la garanzia di mantenere inviolato il diritto all’aborto e una rigida divisione tra Stato e Chiesa.

La prevalenza dei membri conservatori nel supremo tribunale USA è rimasta pressoché inalterata fin dal 1969 quando Earl Warren lasciò la carica di giudice capo e poi garantita fino ad oggi da un numero maggiore di presidenti repubblicani rispetto a quelli democratici. Nonostante i giudici di nomina repubblicana abbiano occupato almeno sette delle nove poltrone disponibili nella Corte Suprema negli ultimi trent’anni, secondo il punto di vista di John McCain troppe sono state le deliberazioni che si sono scostate eccessivamente da quanto è statuito nella Costituzione americana. A suo dire, la sentenza che tre anni fa decretò l’incostituzionalità della condanna capitale per i condannati minorenni al momento del loro crimine (“Roper contro Simmons”) rientrerebbe tra gli esempi di “attivismo dei giudici” da censurare senza riserve in quanto, nel caso specifico, la “limitazione dell’efficacia della pena di morte andrebbe contro la Costituzione ignorando i principi del popolo americano e dei rappresentati da loro eletti”.

Obama da parte sua avvertito come una Corte Suprema modellata secondo le posizioni dei giudici Roberts-Alito minacci di riportare indietro di decenni la battaglia per i diritti civili negli Stati Uniti. Il riferimento è diretto ad una recente sentenza che ha respinto l’appello di Lilly Ledbetter, una dirigente della Goodyear pagata per molti anni con uno stipendio inferiore rispetto ai colleghi maschi pur ricoprendo le medesime funzioni. Con una maggioranza di 5 voti contro 4, i membri della Corte hanno ritenuto che l’azione promossa dalla signora Ledbetter non poteva essere ammissibile in quanto presentata al di fuori dei termini di legge. Successivamente la Camera dei Rappresentanti ha approvato una legge apposita per rendere nulla la sentenza Ledbetter che però ha finito per arenarsi definitivamente in Senato.

In veste di docente di diritto costituzionale presso l’Università di Chicago, impiego svolto prima della sua elezione al Congresso, Barack Obama ha sostenuto come a suo parere la maggioranza dei casi posti all’attenzione dei tribunali, compresa la Corte Suprema, dovrebbe essere risolta in parte osservando il dettato di legge e in parte basandosi sui precedenti. “Nella maggior parte dei casi il giudizio di un giudice conservatore come Antonin Scalia e quello di uno liberal come Ruth Bader Ginsburg coinciderà comunque”, ha poi spiegato il candidato democratico durante il dibattito seguito al voto per la conferma di John G. Roberts jr. a giudice capo della Corte Suprema. “Ciò che conta tuttavia è quel 5% di casi che risulteranno di difficile valutazione. Basarsi sulla legge e sui precedenti aiuterà i giudici soltanto ad avvicinarsi alla soluzione migliore, mentre il risultato finale sarà determinato sulla base dei loro valori, dei loro dubbi, della loro visione della società e della profondità della loro empatia per il singolo individuo”.

Un pensiero molto lontano dunque punto di vista di McCain, il quale vede invece il ruolo della Corte Suprema in maniera decisamente più limitata e come puro e semplice esecutore del dettato costituzionale. La polemica sull’“attivismo dei giudici” insomma non fa altro che rivelare un ulteriore aspetto del candidato repubblicano alla presidenza prossimo all’ala più conservatrice del suo Partito mettendo sempre più in dubbio quella sua fama di “maverick” e di politico indipendente che lo ha accompagnato per un quarto di secolo di attività al Senato e che sempre più sembra una costruzione di quei media che McCain ha dimostrato una volta di più durante questa campagna elettorale di saper lusingare abilmente.

I suoi legami con molti lobbysti che stanno emergendo nelle ultime settimane (ben cinque suoi collaboratori hanno rassegnato le dimissioni perché legati a società di lobby), nonostante la sua proclamata battaglia per ridurre l’influenza dei poteri forti sulla politica, il suo deciso sostegno alla politica di George W. Bush su temi quali la guerra in Iraq, il taglio alle tasse per i redditi più alti e la promozione dell’assistenza sanitaria privata, nonché più in generale il fatto di aver votato per l’88% delle volte al Senato nell’attuale legislatura assieme ai suoi colleghi di Partito, rendono l’idea di quanto sia artificiosa l’immagine di moderato capace di attrarre a sé i voti degli indipendenti che John McCain ha saputo costruirsi.

Corte Suprema e campagna elettorale si sono infine sovrapposte di recente anche in un articolo dell’editorialista del Washington Post James Andrew Miller, già assistente del popolare ex senatore repubblicano del Tennessee Howard H. Baker jr. Per porre fine alla lacerante sfida interna al Partito Democratico tra Barack Obama e Hillary Clinton ed evitare pericolose divisioni interne, Miller ha infatti avanzato la suggestiva ipotesi di promettere un posto di giudice della Corte Suprema per la ex First Lady nel caso Obama sia chiamato a nominare un nuovo membro durante il suo mandato. Essendo improbabile, secondo l’autore dell’editoriale, una nuova corsa per la nomination da parte di Hillary nel 2012 o nel 2016, la Corte Suprema le assicurerebbe invece una posizione molto influente nella vita politica americana con la garanzia che le sue idee incontrerebbero la visione che il possibile futuro presidente degli USA ha dei componenti il supremo tribunale.